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Industria 4.0: ecosistemi e reti per accelerare l’innovazione industriale

Crescono incubatori di startup e acceleratori d’impresa per l’innovazione del tessuto economico e le reti d’impresa per aumentare massa critica e impatto sul mercato. Che novità ci sono? Cosa si chiede a 10 anni dall’emanazione dello Startup Act?

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Gaia Fiertler

Incubatori e acceleratori favoriscono la nascita e lo sviluppo di nuove imprese negli ambiti strategici per il Paese, con soluzioni tecnologiche innovative e di Industria 4.0. Il 2021 è stato un anno di crescita (+3%), grazie anche all’introduzione del nuovo modello di incubatore della “Rete Nazionale Acceleratori CDP- Venture Capital”.

Si sono infatti registrati 16 nuovi incubatori a fine 2021, tra cui 8 CDP, probabilmente sotto la spinta della generale ripresa di tutti i settori. In totale sono 237 e occupano circa 1700 dipendenti. La maggior parte è nel Nord-Ovest, con prevalenza in Lombardia, dove sono presenti 57 incubatori (24%). Seguono Emilia-Romagna (29), Lazio (22), Toscana (18) e Campania (16). Solo 60 incubatori sono certificati. Nel 2021 hanno incubato 3.600 startup e hanno fatturato circa 550 milioni di euro, fatturato in crescita anche rispetto alla pre-pandemia (373 milioni di euro nel 2019 e 348 milioni nel 2020).

Un incubatore su due supporta organizzazioni a significativo impatto sociale o ambientale, in particolare nella salute, benessere (incluso sport) e sviluppo della comunità. Una novità è che incubatori e acceleratori si stanno specializzando (52% oggi è verticale). «Oltre ad essere ripresa, la crescita degli incubatori e acceleratori si sta anche specializzando. Non solo gli acceleratori CDP hanno dei focus verticali, altri soggetti si stanno concentrando su diversi settori o diversi approcci, come i venture builder e gli startup studio», commenta Paolo Landoni, professore del Politecnico di Torino e direttore della ricerca Social Innovation Monitor (SIM).

Paolo Landoni

Acceleratori CDP e partnership industriali

Oggi sono 16 gli acceleratori CDP, per lo più finanziati dal Fondo Nazionale Innovazione di Cassa depositi e prestiti e saranno 20 entro il 2023. Due sono in dirittura di arrivo, tra cui Foodseed a Verona per il mercato AgriTech e FoodTech. La call per la selezione delle startup per il suo primo programma di accelerazione (giugno-ottobre), è aperta fino al 16 aprile 2023.

Gli acceleratori CDP sono verticali, focalizzati su specifici settori e/o tecnologie 4.0 con l’ambizione di diventare nodi nazionali di innovazione industriale. Sono distribuiti uniformemente lungo la penisola: 5 nel Nord-Ovest, 5 nel Nord-Est, 4 al Centro e 3 al Sud e isole. Da Motor Valley Accelerator in Emilia Romagna, gestito da Plug&Play che gestisce anche Takeoff (Aerospazio) in Piemonte, a Forward Factory sulla digital manufacturing e l’Industria 4.0 gestito da Gellify in Emilia Romagna. C'è poi Fin+Tech in Lombardia gestito da Financial a Zero sulla sostenibilità, che comprende LVenture Group ed Elis. Seguono Terra Next sulla bioeconomy in Campania, gestito da Cariplo Factory, Università Federico II e Campania Digital Innovation Hub, e Cyberxcelerator su Cybersecurity e intelligenza artificiale in Calabria, gestito da Startup Wise Guys.

I nuovi acceleratori vedono la partecipazione di operatori anche internazionali, con best practice da condividere e la presenza di un operatore locale collegato al territorio. In particolare, poi, il modello prevede la partnership con grandi imprese per favorire la dimensione dell’ecosistema e l’innovazione industriale. Ad oggi sono un centinaio quelle coinvolte nella collaborazione con le startup degli acceleratori CDP, da Eni a Leonardo. Obiettivo del progetto è di incubare 10 startup a testa all’anno, accompagnarle nel percorso di crescita (pre-seed e seed) e favorire iniziative di Open Innovation.

Stefano Molino

«Le corporate partnership sono centrali nel nostro modello per accelerare l’innovazione industriale e la trasformazione di prototipi in prodotti sul mercato, con iniziative di Open Innovation», commenta Stefano Molino, responsabile Fondo Acceleratori di CDP Venture Capital SGR.

I servizi offerti dagli incubatori: cresce la formazione

Cresce l’attenzione alla formazione imprenditoriale e manageriale, con costi che rappresentano il 26% del totale rispetto al 19% dell’anno precedente, mentre sono diminuiti i costi relativi ai servizi di accompagnamento imprenditoriali e tecnici (28% nel 2021 rispetto al 31% nel 2020).

La fonte di costo principale resta la gestione della struttura e servizi generici. Le fonti di entrata principali per gli incubatori, invece, derivano dai servizi ai team imprenditoriali e organizzazioni supportate dai sussidi e bandi nazionali e internazionali. Rispetto agli anni precedenti sono diminuiti soprattutto i ricavi derivanti dagli affitti, mentre sono aumentati quelli dai sussidi, finanziamenti e co-finanziamenti.

Gli incubatori considerano molto rilevante offrire accompagnamento manageriale, favorire lo sviluppo delle relazioni e la ricerca di finanziamenti. Risulta abbastanza rilevante offrire spazi fisici (inclusi servizi condivisi), formazione imprenditoriale e manageriale, servizi amministrativi, legali e giuridici, supporto nella gestione della proprietà intellettuale e nello sviluppo e scouting di tecnologie. Ancora poco rilevante invece l’offerta di servizi di valutazione dell’impatto sociale e ambientale e formazione e consulenza su CSR ed etica aziendale.

Inoltre, l’86% degli incubatori e acceleratori ha dichiarato di svolgere anche attività non direttamente riconducibili alle attività di incubazione e accelerazione. Tra le più frequenti partecipazione a progetti e bandi (62), organizzazione eventi (52), scouting e open innovation per aziende non incubate (44) e coworking (41).

Incubatori certificati: ora nuovi parametri

A 10 anni dallo “Startup Act” (Decreto legge 179/2012), il comparto ha raggiunto un livello di maturità che richiede, secondo gli operatori, una revisione dei parametri per la certificazione degli incubatori e per l’accesso alle agevolazioni. Gli incubatori certificati e i rispettivi requisiti sono stati infatti introdotti con l’art. 25, comma 5, del D.L. 179/2012, successivamente integrato con il Decreto del 22 dicembre 2016 del Ministero dello Sviluppo Economico.

Stefano Soliano

«I risultati della ricerca ci restituiscono la realtà di una filiera dell’innovazione in salute, ma con ancora un grande potenziale inespresso. Per creare un meccanismo di crescita virtuoso per le startup e i centri di innovazione coinvolti oggi, una revisione del contesto normativo attuale è più che mai necessaria, sia per quanto riguarda le definizioni e le agevolazioni previste per i soggetti che già vi partecipano, sia per tutti coloro che vorrebbero farne parte», spiega Stefano Soliano, vicepresidente di Innovup, l’associazione di categoria con 450 associati, tra startup e pmi innovative, poli scientifici, incubatori, studi professionali e corporate incubator.

Il settore sta evolvendo con nuovi soggetti e ormai è una filiera di innovazione a tutto tondo. «Stiamo mettendo a punto un Position Paper che aiuti il governo a prendere nuove strade per il livello di maturità raggiunto dal comparto che, per la prima volta nel 2022, ha raccolto e investito oltre due miliardi di euro in startup hitech, raddoppiando in un solo anno. Per esempio, stiamo lavorando sulle metriche per identificare secondo nuovi parametri gli incubatori certificati, misurando anche l’impatto delle startup in uscita e rivederne i vari criteri di agevolazione. Chiediamo anche uno snellimento a livello amministrativo e ministeriale nell’interlocuzione con il governo, di considerare i nuovi soggetti che sono entrati nella filiera e di estendere il concetto di incubatore a centro di innovazione», conclude Soliano.

L’innovazione si fa strada anche in rete

A 14 anni dalla sua introduzione, il contratto di rete continua il suo percorso di crescita e diffusione. Nello scorso quadriennio, 2019-2022, le reti sono cresciute del 40,5%. Solo nell’ultimo anno i contratti sono aumentati del 10% (+751 rispetto al 2021) e le imprese in rete del 6,7% (+2.846 rispetto al 2021). Al primo marzo 2023 emerge che il numero totale di imprese coinvolte in progetti di collaborazione è di 45.288 per 8.382 contratti registrati (elaborazione dati InfoCamere).

L’Osservatorio nazionale sulle Reti d’Impresa 2022, curato da InfoCamere, RetImpresa e Università Ca’ Foscari di Venezia, ne evidenzia i risultati economico-finanziari e il potenziamento delle capacità organizzative e gestionali. Oltre il 65% delle imprese analizzate ha registrato un incremento dei ricavi, del valore aggiunto e del valore delle immobilizzazioni.

In particolare, poi, le reti rappresentano una forma di collaborazione efficace per l’innovazione. Più aumenta il numero e l’importanza delle relazioni tra la rete e i suoi partner esterni (fornitori, concorrenti, università, centri di ricerca pubblici e privati), più crescono le innovazioni di prodotto e servizio in chiave di Open Innovation.

Le reti possono essere anche uno strumento di coordinamento e governance. Come noto, la storica frammentazione delle catene del valore nazionali costituisce un limite strutturale e strategico soprattutto quando aumentano turbolenza e incertezza dell’ambiente competitivo.

Sta prendendo piede anche l’utilizzo dello strumento della codatorialità, per dotarsi in modo condiviso di competenze qualificate per la transizione green e digitale.I primi dati disponibili evidenziano la presenza di 1.416 imprese in posizione di co-datori all’interno di 264 contratti di rete. Lo strumento lavoristico della codatorialità è stato introdotto da poco più di un anno.

Industria 4.0: ecosistemi e reti per accelerare l’innovazione industriale - Ultima modifica: 2023-03-28T15:40:00+02:00 da Gaia Fiertler