La trasformazione digitale traina la necessità di formazione nelle aziende, riconosciuta come rilevante dal 61% degli intervistati per perseguire gli obiettivi di business e tenere il passo con un contesto in continuo cambiamento. L’aggiornamento professionale (“upskilling” per il 79%) e la risposta alle sfide del mercato e agli avanzamenti tecnologici (73%) sono state le principali finalità dell’attività formativa nel 2021, incentrata soprattutto sulla trasformazione digitale (skill digitali hard e soft sono i temi più urgenti in azienda per il 47%), seguita ad ampia distanza dal project management (27%), cruciale per gestire progetti in modo efficace; dallo smart working (26%) che sta cambiando le modalità di lavoro e le relazioni e dai temi della Diversity & Inclusion (25%), per superare pregiudizi (bias) e cattive abitudini nei comportamenti individuali e organizzativi e diventare più inclusivi in ufficio.
«I risultati del rapporto evidenziano l’elevata strategicità della formazione corporate nel perseguimento dei risultati aziendali, soprattutto dove sia formalizzata nel piano strategico. È significativo che le aziende coinvolte riconoscano che le finalità principali siano legate all’aggiornamento professionale e alla necessità di tenersi allineati ai cambiamenti del contesto», dice Federico Frattini, Dean di PoliMI Graduate School of Management.
«Infatti, le tematiche principali riguardano la trasformazione digitale, ma anche, ad esempio, l’inclusione: due topic che caratterizzano i nostri percorsi formativi, non solo quelli “custom”, a dimostrazione del fatto che si tratta ormai di tematiche sempre più trasversali».
La formazione obbligatoria superata dall’upskilling e dalle nuove skill digitali
La formazione obbligatoria su salute e sicurezza si posiziona al terzo posto in questa indagine della Corporate Education Community di PoliMi Graduate School of Management, seconda edizione su un campione rappresentativo per il 61% di grandi imprese e il 31% di pmi, per lo più del commercio, della consulenza e della produzione di macchinari, con una rappresentanza di 16 settori.
La priorità di altre finalità rispetto alla formazione obbligatoria è segno di una maturazione della funzione della formazione a supporto del business, favorita anche dai rapidi cambiamenti e dalla veloce obsolescenza delle tecnologie. Sono aumentate anche le ore pro-capite, salite a 32 nel 2021 rispetto alle 29 nel 2019 e alle 15 nel 2015 e anche il personale dedicato è raddoppiato rispetto al 2015, passando da una media di 6 a 12 addetti nelle grandi aziende.
La formazione a più alta intensità (oltre 80 ore all’anno) e medio-alta (tra le 20-80 ore all’anno) è per i profili junior, a riprova dell’importanza dell’apprendimento nell’inserimento e nello sviluppo, tant’è che la maggioranza riconosce il valore della formazione anche per attrarre e trattenere talenti (59%), perché si vede delineato un piano di crescita.
Quasi due su tre le aziende dedicano un numero di ore di formazione medio-alto anche ai profili specialist, mentre nelle figure più senior si allenta l’intensità della formazione come ore dedicate, che sono meno di 20 nel 41% dei casi, ma medio-alte per il 48%. Le altre motivazioni più diffuse sono quelle di innescare cambiamenti culturali e gestirli (change mangement) per il 58% e di supportare cambi di mansione e ruolo per il 57% delle aziende.
Come si fa formazione oggi?
La formazione è dunque un funzione/soggetto della trasformazione aziendale, ma è essa stessa oggetto di cambiamento, con una forte accelerazione negli ultimi due anni a causa del distanziamento fisico e del remote working. Oggetto di dibattito su quali saranno le modalità più efficaci e con limiti di implementazione delle tecnologie più avanzate anche per carenza di competenze digitali sullo strumento stesso.
Di fatto nel 2021, in tempi ancora di emergenza sanitaria a causa del Covid, la modalità più utilizzata è stata comunque l’on-line/digital learning (62% molto, 26% abbastanza), mentre in aula è tornato “molto” solo il 15% dei casi e “abbastanza” il 22%. La formazione blended (sia con l’alternarsi tra presenza ed e-learning, sia come aule miste tra presenza e collegamento da remoto), invece, è stata usata molto solo dal 12% e abbastanza dal 33%.
I principali vantaggi dell’uso delle tecnologie per fare formazione sono la flessibilità (84% che arriva all’89% nelle grandi aziende), la possibilità di innovare ed estendere le forme di apprendimento (51%) e, a seguire, l’efficienza e il contenimento dei costi (46%), mentre solo poco più di uno su quattro scorge un miglioramento della qualità dell’offerta formativa. Cresce per esempio il micro-learning, la formazione in pillole autogestita su piattaforma (la usa molto il 21% e abbastanza il 26%), ma nelle interviste di approfondimento e nei focus group emerge la necessità di inserirlo in un percorso di crescita più ampio e strutturato, per evitare il rischio di una eccessiva frammentazione di contenuti.
«La formazione sarà sempre più online e basata su pillole formative che consentano di rendere l’apprendimento realmente continuo e flessibile, in linea con le esigenze dei dipendenti di un’azienda. Da questo punto di vista, la personalizzazione del percorso formativo è un tema di discussione centrale, sebbene ancora poco implementato dal punto di vista operativo.
Sicuramente questa rappresenta una delle maggiori sfide e opportunità per il futuro della formazione corporate», commenta Tommaso Agasisti, responsabile scientifico del gruppo di lavoro Cec (Corporate Education Community) di PoliMi Graduate School of Management.
Oltre alla formazione esperienziale/on the job (la usa molto il 16% e abbastanza il 43%), come forme di apprendimento sociale (social learning) si pone l’attenzione sul coaching con coach esterni professionali e coach interni e sul mentoring come supporto e trasferimento di know-how da parte di colleghi più senior, utilizzati abbastanza il 33% il primo e il 26% il secondo e molto il 9% e il 10% molto, ma in crescita.
Budget e investimenti
Il budget medio annuo è di circa 900mila euro, che sale a circa 1,4 milioni di euro per le grandi aziende. Il 45%degli investimenti è stato destinato a tecnologie digitali, anche se le soluzioni più usate (71%) sono tool che non nascono a fini formativi, come i software di teleconferenza e la comunicazione on-line. Tuttavia, per garantire elevata efficacia l’erogazione di formazione a distanza dovrebbe essere adeguatamente integrata con strumenti di supporto come i Learning Management Systems (LMS).
Aumenta lievemente la diffusione in prospettiva di strumenti già diffusi come le piattaforme di e-learning, mentre di tecnologie avanzate come realtà aumentata, virtuale o mista e intelligenza artificiale si parla sì per il futuro, ma non si registra un aumento rilevante nei prossimi tre anni. I principali limiti all’uso di tecnologie più avanzate sono l’onerosità (43%) e la mancanza di competenze digitali interne per gestirle (31%), mentre una su quattro non rileva criticità nelle forme più avanzate di apprendimento.
Le leve principali per decidere se adottarle o meno sono invece la facilità d’uso e la disponibilità di un team interno che crei i contenuti (Instructional designer), oltre come già detto a personale in grado di gestire tecnicamente lo strumento. Ad ogni modo, le previsioni di investimento in formazione nel prossimo triennio sono di crescita per il 39% delle imprese, a fronte di un 33% che prevede una sostanziale parità, a conferma dell’importanza delle attività di upskilling e reskilling.