HomeApplicazioniCon FloFleet, il dirigibile elettrico si alimenta di Digital Twin e open...

Con FloFleet, il dirigibile elettrico si alimenta di Digital Twin e open innovation

Da quale processo creativo è nato il dirigibile elettrico a guida autonoma FloFleet per il monitoraggio di infrastrutture e aree geografiche? Quali step sono serviti per arrivare a una prima versione per il mercato? Andrea Cecchi, Ceo di FloFleet, ci svela ogni passaggio di questo nuovo caso di Open Innovation.

Leggi le riviste ⇢

Ti potrebbero interessare ⇢

Gaia Fiertler

Collaborare è tutto, quando si ha una idea innovativa e la si vuole portare sul mercato. Software di progettazione e simulazione virtuale e stampa 3D aiutano a sviluppare le idee e ad affinare i prototipi. Ma, per passare all’industrializzazione, serve la collaborazione con l’ecosistema industriale per condividere know-how ed esperienze.

In particolare, per realizzare il dirigibile a guida autonoma e motore elettrico Flofleet ha collaborato con altre aziende e con altre startup, non senza resistenze, ma anche con avanzamenti grazie alla rete.

Fase 1 e 2: progettazione e simulazione virtuale del dirigibile elettrico

Tutto è partito, nella primavera del 2022, da una tesi di ingegneria dell’automazione su sistemi di controllo per motori al plasma, agganciati a piattaforme stratosferiche gonfiate ad elio. Alla tesi si sono aggiunti un fatto di cronaca, un progetto universitario e una spinta alla sostenibilità: rivoluzionare il trasporto dei piccoli velivoli, con meno costi e consumi di un elicottero.

«C’era appena stato un grave incendio in Croazia, nel cui cielo continuavano a volteggiare elicotteri per le riprese dall’alto. Mettendo insieme competenze informatiche e ingegneristiche, ci siamo chiesti se non potessimo sviluppare un mezzo più sostenibile per costi, consumi e inquinamento. Al contempo, il dispositivo avrebbe dovuto avere una portata di peso e durata maggiore di un drone», racconta Andrea Cecchi, l’ingegnere dell’automazione imprenditore a 27 anni.

L’idea messa a punto è quella di realizzare dei dirigibili a guida autonoma, con una centralina elettronica collegata a un software e a un operatore a terra, per intervenire manualmente in caso di cambio di rotta non programmato. Il dirigibile avrebbe dovuto essere dotato anche di un motore elettrico alimentato a pannelli solari e con le condizioni per installare telecamere per le riprese.

In prima battuta l’ingegnere, insieme con l’amico informatico Andrea Buson, studia lo stato dell’arte sulla realizzazione di dirigibili. Tuttavia, non ci sono precedenti, né modelli, né linee guida da seguire con le caratteristiche e le funzionalità richieste da questo progetto. È tutto da inventare dall’inizio.

«Ci siamo inventati strutturisti ed elettronici, ma con l’attenzione a non cadere nell’errore di reinventare tutto ogni giorno, bensì allargando lo sguardo su altri settori», racconta Cecchi.

Nell’analisi di fattibilità e sviluppo dell’idea della startup Flofleet, che nel frattempo era stata segnalata nel contest del Polihub “Switch2Product”, vengono utilizzati software di progettazione e simulazione virtuale. La società viene aperta ufficialmente nell’aprile 2023. Dassault Systèmes la inserisce nel proprio programma per startup e le mette a disposizione il modulo 3DExperience di SolidWorks. Qui entra in gioco la prima collaborazione tra startup e grande impresa per favorire l’innovazione.

Fase 3: informazioni condivise con altre Industry

Tuttavia, per la modellazione del dirigibile con motore elettrico, centralina elettronica e telecamere, servivano tutta una serie di elementi tecnici, che i giovani ingegneri non avevano e su cui non c’era letteratura scientifica. Parte così un lungo lavoro di scouting tra le aziende di altri settori, per ricavare le informazioni mancanti con un processo di contaminazione virtuosa.

«Il nostro è stato un approccio collaborativo. Come è normale tra startupper che, anche se di settori diversi, si confrontano e si scambiano idee e suggerimenti, soprattutto all’estero. Siamo convinti che condividere know-how per far crescere un settore vada a beneficio di tutti i competitor. Poi se un’azienda o un’altra sarà più brava a sfruttare tecnologie e soluzioni, sarà la conseguenza di una sana competizione. Così, man mano che abbiamo trovato aziende che, tangenzialmente, potessero interessarci, le abbiamo contattate», racconta Cecchi.

Il risultato è stato che da aziende produttrici di tendoni da circo FloFleet ha ricevuto informazioni utili per la modellizzazione in 3D del tessuto del dirigibile e dai costruttori di piscine indicazioni sulla saldatura del tessuto. Qualche difficoltà c’è stata invece nell’ottenere i disegni della struttura dell’attacco del motore dai produttori di turbine, nel settore aeronautico.  

«Aziende consolidate si sono sentite in qualche modo “minacciate” e non hanno condiviso informazioni. Invece, a un certo punto, ci ha contattato la startup inglese di motori per velivoli leggeri GreenJets. Questa ci ha messo a disposizione non solo i disegni dell’attacco del motore, ma gli stessi motori da testare. Abbiamo avuto più ritardi e difficoltà alla dogana per non pagare i materiali destinati al testing, che non nei tempi di spedizione. Alla fine abbiamo pagato lo sdoganamento per poter continuare il nostro progetto», aggiunge Cecchi.

Fase 4: la prima prototipazione fisica con la stampa 3D

Dopo diverse prototipazioni virtuali in 3D, il gruppo di lavoro decide di avviare la sperimentazione fisica per testare e migliorare il prodotto sul campo.

«Il rischio di un eccesso di analisi e valutazione di tutti gli scenari possibili, che è la forma mentis di noi ingegneri, è di non arrivare mai a una quadra, sovrastimando le ricerche e i controlli da fare. Mentre a un certo punto, con spirito d’impresa e qualche incertezza da mettere in conto, ci siamo decisi a realizzare il primo prototipo fisico. Il nostro motto è diventato 'Meglio fatto oggi, che perfetto domani'. Ci siamo resi conto che la sperimentazione per tentativi ed errori è necessaria. Inoltre, la stampa 3D ci ha consentito una prototipazione rapida a basso costo. Questo sarebbe stato impensabile nell’industria tradizionale, che avrebbe avuto costi e tempi di prototipazione molto più elevati. Anche le tecnologie digitali per la simulazione e la modellazione ci hanno permesso di limitare il numero di passaggi fisici e di trasformare velocemente in informazioni i dati provenienti da altri settori», racconta Cecchi.

Il primo prototipo viene però realizzato con una stampante non adatta e senza la necessaria ricerca sui materiali. Così il team comprende che deve avvalersi di esperti di materiali e di stampa Additive e inizia a collaborare con The FabLab, società che si occupa di stampa 3D e prototipazione.

Nel frattempo, FloFleet trova una società specializzata in realizzazione di mongolfiere, Aeronord Aerostati, con le competenze necessarie per la corretta saldatura del tessuto alle parti metalliche. Si arriva così al secondo prototipo, che è quello ora in commercio, su cui si stanno testando i motori inglesi. La startup riceve anche un primo finanziamento di 40mila euro da due Business Angel.

Fase 5: diventare una "vera azienda"

Ora che il prodotto è commercializzabile, grazie al Digital Twin (modello digitale del dirigibile integrato con i dati di funzionamento che arriveranno dal campo) sarà possibile migliorarne le prestazioni e realizzare nuove versioni più prestanti e sempre a basso costo. Per tutta la parte di programmazione di guida autonoma, invece, la startup si è avvalsa del software di automazione Open Source Robot Operating System.

Per il passaggio da gruppo di amici, studenti e ricercatori, a imprenditori e gestori di risorse, è stato decisivo l’incontro con Eni, che ha validato il progetto nell’ambito del proprio Joule Discovery Lab. In aggiunta, al gruppo di lavoro è stato proposto un accompagnamento di 2-3 mesi, con sessioni di coaching e moduli sulla gestione delle persone, attingendo alle competenze di Eni Corporate University. E questo è il secondo contatto fondamentale con una grande azienda, per far chiudere il cerchio a una giovane startup innovativa.

«È stata una esperienza formativa molto profonda quella con i docenti della Corporate University di Eni. Ci hanno fatto lavorare sul mindset e sul nostro approccio al lavoro. Siamo infatti amici da sempre, affiatati e con interessi comuni, compresa la mia compagna che è ingegnere come me. Siamo partiti in due, poi tre e oggi siamo otto. Abbiamo stagisti e iniziamo a stringere i primi accordi commerciali. Era importante definire bene compiti, ruoli e responsabilità e imparare a trattare con le risorse interne, pur mantenendo un clima informale. Infine, approcciarci nel modo giusto con il mercato e i clienti. Questo programma con Eni ci ha proprio fatto cambiare passo, pur restando un gruppo di grandi amici!», conclude Cecchi.

Con FloFleet, il dirigibile elettrico si alimenta di Digital Twin e open innovation - Ultima modifica: 2024-03-04T16:32:00+01:00 da Gaia Fiertler