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Innovazione gestionale: buone pratiche per favorire l’apprendimento intergenerazionale

Come attrarre e trattenere i giovani in azienda? Come crearsi una buona reputazione sul territorio? Come favorire la trasmissione di sapere tra generazioni diverse al lavoro? Da uno studio di Fondirigenti, Federmanager Vicenza e Confindustria Vicenza, alcune buone pratiche e la preziosa voce dei giovani.

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Gaia Fiertler

I giovani che entrano in azienda chiedono ascolto alle loro proposte, feedback sul loro operato e risposte alle loro domande. Cercano quindi un contenuto di lavoro interessante per contribuire attivamente, un ambiente di lavoro piacevole dove sia possibile avere uno scambio e un dialogo costruttivo e si aspettano piani di crescita chiari, supportati da formazione continua.

Lo studio svolto sul campo da Federmanager Vicenza e Confindustria Vicenza e realizzato da Niuko Innovation & Knowledge nell’ambito dell’iniziativa strategica di Fondirigenti “Cross Generation Learning: le condizioni organizzative e formative per un apprendimento efficace”, ha coinvolto in una survey 150 medie aziende del vicentino, per il 39% del settore manifatturiero e, a seguire, della gomma, della plastica, del chimico abrasivo e altri comparti. La rilevazione è stata arricchita da due focus group qualitativi e da 26 interviste one to one a imprenditori, manager e responsabili risorse umane. I focus group hanno dato voce anche ai giovani in azienda proprio per innescare un dialogo aperto e un confronto costruttivo tra generazioni e posizioni diverse. I risultati integrali sono raccolti in un e-book disponibile sul sito di Niuko.

Ascoltare e valorizzare il contributo dei giovani

Dalle voci espresse, gli HR hanno compreso la necessità di coinvolgere di più i capi diretti e intermedi nelle fasi di inserimento (onboarding) dei neoassunti e, anche prima, in fase di stage per favorire l’ascolto, lasciar esprimere la loro propositività e favorire lo sviluppo di idee innovative.

«Le imprese che hanno raggiunto i migliori risultati in termini di fidelizzazione dei giovani sono quelle che hanno investito nella formazione continua e sono riuscite a conciliare aspetti che possono sembrare in contraddizione tra loro: creare spazi di autonomia e allo stesso tempo fornire loro supporto; dare strumenti di lavoro e di collaborazione digitali, ma allo stesso tempo creare occasioni per incontri informali da cui possono nascere nuove idee e soluzioni», spiega Salvatore Garbellano, docente a contratto di Economy and business organization al Politecnico di Torino e responsabile scientifico del progetto.

Salvatore Garbellano

«In una società con rapide accelerazioni e rallentamenti per eventi imprevisti e talvolta imprevedibili, la capacità delle imprese di attrarre e fidelizzare i giovani si gioca sull’abilità del management di gestire situazioni apparentemente contrarie tra bisogni dell’organizzazione e bisogni individuali, tra razionalità e intelligenza emotiva».

Questo significa, per manager e direzioni del personale, muoversi in una dimensione intermedia tra il mondo cui si appartiene e possibili futuri, perché è proprio la tensione tra gli opposti che genera nuovi significati e nuovi modelli da esplorare. Significa quindi non concentrarsi solo sull’innovazione di prodotto e di processo, ma anche sull’innovazione gestionale, come capacità di gestire, valorizzare e premiare le persone in nuovi contesti trasformativi che rispondano ai cambiamenti in atto.

Innovazione
Livio Beghini

«Noi abbiamo creato dei corridoi verticali per avere un dialogo diretto con gli studenti degli ITS e delle università che, da 5 anni, accogliamo in azienda come tesisti, prima ancora di aver concluso gli studi. Per noi è molto utile indirizzare risorse in modo esclusivo su temi su cui stiamo cercando delle soluzioni, senza il tempo per occuparcene».

«In genere poi questi giovani si stabilizzano da noi o prendono altre strade, ma in ogni caso abbiamo avuto risultati straordinari in questi anni, con soddisfazione per i vari reparti. Tuttavia, per rendere efficace il contributo di questi giovani esperti dobbiamo far passare il valore anche ai capi intermedi, perché li ascoltino, si confrontino e li valorizzino».

«Da parte loro, vediamo che i giovani sono molto orgogliosi di essere ascoltati direttamente dal management e di poter dare un contributo fin da subito», racconta Livio Beghini, managing director Datwyler Pharma Packaging Italia, azienda con uno stabilimento nel vicentino e uno nel milanese, che ha partecipato allo studio di Fondirigenti.

Come migliorare la reputation sul territorio e attrarre i giovani

Le buone pratiche emerse per farsi conoscere e attrarre i giovani prossimi a entrare in azienda riguardano la collaborazione effettiva con le scuole e i loro docenti e l’alternanza scuola-lavoro, come capacità di progettare e implementare percorsi ad elevata complessità, saper accogliere gli studenti in azienda e creare contesti di apprendimento. A monte, bisogna organizzare incontri che non siano formali, ma dove ci si sforzi di ascoltare in contesti intergenerazionali, di raccontare l’azienda anche fuori dal business (“storytelling”), di creare empatia, trovando aree di comune interesse e collaborazione e di porsi in apertura, mettendo in discussione assunti e bias (pregiudizi).

Fabio Pierobon

«Quello che abbiamo notato in questi otto mesi di ricerca è che gli ultimi anni hanno richiesto alle imprese di diventare organizzazioni più empatiche, abbinando, al megafono dei social media e di altre iniziative di “employer branding”, lo stetoscopio della comprensione del “riverbero reputazionale” di quanto l’impresa fa o non fa verso i collaboratori, l’ambiente, gli stakeholder. Verso i collaboratori, in particolare, ho trovato spesso un ascolto organizzato con metodo, con centinaia di colloqui all’anno di almeno un’ora ciascuno e l’utilizzo di tecnologie di ascolto “continuo”, basato su AI e su app, alternativa più immediata alle classiche analisi di clima periodiche».

«Non è opportuno generalizzare, ma mi sembra di vedere alcuni cambiamenti significativi nella funzione HR, che vede aumentare il riconoscimento del proprio impatto sulla competitività dell’impresa», racconta Fabio Pierobon, Specialist imprenditorialità, managerialità, innovazione di Niuko.

L’ascolto riguarda anche i bisogni inespressi del territorio e implica la collaborazione e negoziazione con le pubbliche amministrazioni, trovando soluzioni win-win in modo da migliorare le relazioni con la comunità. Quanto all’immagine aziendale, i social network sono strumenti di visibilità e miglioramento della reputazione non soltanto verso i clienti, ma anche verso i potenziali futuri dipendenti, con azioni di employer branding e marketing, in primis digitale, per attrarre e trattenere talenti.

Le buone pratiche per il trasferimento di conoscenza tra generazioni

L’altro grande tema affrontato dalla ricerca è la necessità di valorizzare il sapere aziendale, formalizzandolo e rendendolo patrimonio comune, soprattutto rispetto alle competenze più critiche. Qui si gioca in modo particolare la capacità di apprendimento tra fasce d’età molto diverse tra loro, con la compresenza di 4-5 generazioni al lavoro.

«Oltre all’attrattività e alla retention dei talenti, il secondo tema avvertito come urgente, in un momento segnato dalle grandi dimissioni, è quello che abbiamo riassunto come “continuità cognitiva”. I rischi legati all’uscita di figure chiave per la tenuta complessiva della competitività delle imprese sono tanto più rilevanti quanto più la conoscenza sostanziale sta nella testa delle persone e non è invece “codificata” e diffusa attraverso metodi, processi, tecnologia. La ricerca ha voluto contribuire a mettere in circolo l’intelligenza e la progettualità al lavoro nelle organizzazioni della Provincia di Vicenza», spiega Marina Pezzoli, amministratore delegato Niuko Innovation & Knowledge.

Marina Pezzoli

La situazione più frequente che rende necessario il trasferimento di conoscenze è l’uscita e/o il pensionamento di uno o più collaboratori (42,6%) per cui occorre, e spesso in modo urgente, condividere know-how, conoscenze e informazioni. Tuttavia, è il cambiamento tecnologico in tutte le sue forme a costituire oggi la forza trainante dei progetti di apprendimento tra generazioni, poiché le innovazioni spesso connesse all’Industria 4.0 richiedono nuove competenze e capacità (31,9%). Una novità che emerge dallo studio è che sta aumentando anche l’innovazione legata ai processi di sviluppo prodotto (19,1%) e quindi a nuovi modelli di business, e non solo a tecnologie produttive per una maggiore efficienza, con software dedicati e robotica.

Le metodologie più adoperate per l’inserimento delle nuove figure in azienda e la condivisione di saperi e conoscenze sono ancora l’affiancamento (63%) e il training on the job (58,4%), un approccio pratico che ben si presta alla cultura del fare delle piccole e medie imprese venete. In fase di inserimento, in alcuni casi è prevista la figura del tutor, chiamata anche “buddy”, che non ha una relazione gerarchica con il collaboratore e fa riferimento a un’altra area aziendale.

L’attenzione alle relazioni trova la sua espressione nel mentoring (23,8%), nel coaching (13,9%) e nel “reverse mentoring” (11,8%), il quale esprime un nuovo equilibrio tra contenuti (le conoscenze) e relazioni, le quali impattano sull’apprendimento stesso. Nelle aziende più attente i ruoli sono dinamici e i giovani diventano non soltanto portatori dinuove conoscenze di tipo informatico e digitale, ma assumono anche la responsabilità della loro diffusione come “reverse mentor”.

«Due anni fa in Datwyler abbiamo organizzato l’Academy interna per codificare e trasmettere in modo più fluido ed efficace il nostro sapere tecnico e manageriale. Abbiamo formato un team di docenti interni e, al contempo, abbiamo affidato ai più giovani il ruolo di reverse mentor sull’uso degli strumenti digitali, che è stato molto apprezzato dagli altri colleghi», racconta Beghini.

Dalla ricerca emerge che il 34,3% delle medie aziende vicentine ha creato team più o meno formali e stabili di formatori interni, il 21,2% un’Academy interna e soltanto il 10% piattaforme di e-learning. La formazione è il luogo in cui le esperienze, il know-how e le mentalità fra le generazioni si incontrano e, grazie alla prossimità della presenza, non soltanto facilita l’assorbimento delle conoscenze tecniche, ma agevola il passaggio di conoscenze tacite, quali in primo luogo i valori dell’azienda.

Gli strumenti digitali più usati per il trasferimento di know-how

La facilità di accesso e di impiego delle nuove tecnologie informatiche e digitali ha favorito l’utilizzo di video (25,7%) e pillole formative (21,8%), strumenti relativamente semplici e spesso, ma non sempre, a costi contenuti. Hanno vantaggi di flessibilità, di fruizione H24, di facilità di aggiornamento e sono allineati agli stili di vita dei giovani e alle loro principali modalità di apprendimento.

Più complessi e meno diffusi sono gli altri strumenti di condivisione e formalizzazione delle conoscenze, come i sistemi di knowledge management (14,9%), le piattaforme di social collaboration (7%) e wiki (7,9%). Tuttavia, il 44% delle medie aziende vicentine non ha ancora affrontato nessuna di queste modalità digitali e un buon 38,4% nessuna iniziativa per favorire l’apprendimento tra generazioni.

La buona pratica dell’Open Innovation

Un fenomeno emergente, anche se ancora limitato (5%), è la collaborazione con start up innovative e la creazione o acquisizione di start up (6,3%), nonché l’avvio di percorsi di apprendimento lungo la filiera e negli ecosistemi di prodotto/servizio (33%).

È un atteggiamento di apertura verso l’esterno che favorisce l’innovazione, attraverso la “cross-fertilization” e la contaminazione positiva tra know-how consolidato e quello in via di costituzione, collaborando con soggetti portatori di nuove competenze e rendendo più competitivo l’intero territorio.

«I progetti di Open Innovation hanno spinto le imprese ad aprirsi verso forme di collaborazione con partner molto diversi da quelli usuali. Le fonti di nuova conoscenza si sono estese a soggetti che operavano all’esterno e ai confini del loro know-how: startup, università e società fondate da giovani ricercatori», spiega Garbellano.

Innovazione gestionale: buone pratiche per favorire l’apprendimento intergenerazionale - Ultima modifica: 2022-12-27T09:53:00+01:00 da Gaia Fiertler