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CFI: vincere sui Pit stop con macchine sempre più veloci e versatili

In uscita a fine anno la nuova Roadmap Ricerca e Innovazione del Cluster Fabbrica intelligente, che punterà sullo sviluppo di una cultura digitale a supporto delle attività umane in fabbrica, sul potenziamento della progettazione collaborativa e della prototipazione rapida, sul Metaverso e sull’indirizzare gli investimenti su macchinari sempre più veloci, connessi e versatili perché il futuro si gioca su velocità e personalizzazione.

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Gaia Fiertler

In arrivo entro l’anno le nuove linee guida del Cluster Fabbrica Intelligente, rivisitate più volte al succedersi delle diverse emergenze: sanitaria, energetica, delle materie prime. Qual è la visione tecnologica del Cluster e che tipo di digitalizzazione portare nelle imprese? Quali indirizzi di investimento verranno sottoposti ai decisori pubblici? Ecco qualche anticipazione dalle parole del Presidente del Cluster Gianluigi Viscardi, fondatore e Ceo di Cosberg e Presidente del Consorzio per la meccatronica Intellimech: «Una cosa è certa, la visione del mondo è cambiata, abbiamo assistito al fallimento delle catene di fornitura globali ed è in corso il reshoring degli approvvigionamenti da un lato e il revamping dei macchinari dall’altro, in chiave digitale».

Dalla vostra prospettiva che ruolo devono svolgere le tecnologie digitali nelle pmi?
Le tecnologie digitali devono entrare in fabbrica per far crescere il valore dell’impresa, ma a patto che siano di supporto alle attività dell’uomo, che deve mantenere la sua centralità. Know-how aziendale, saper fare artigianale, creatività e capacità di risolvere problemi non possono essere messi a bilancio, ma sono quel sapere intangibile che caratterizza ogni impresa e che costituisce la ricchezza del Made in Italy. Le nuove tecnologie possono proprio servire a misurare e a registrare il know-how dell’impresa, rendendolo patrimonio comune, e non un sapere di pochi specializzati che tengono sotto scacco l’intera organizzazione.

Gianluigi Viscardi

In che senso le tecnologie abilitano la trasmissione di un sapere comune?
Rendendo il saper fare patrimonio di tutta l’azienda. Oggi Artificial Intelligence (AI), realtà virtuale e realtà aumentata sono molto più accessibili di dieci anni fa e ci aiutano a lavorare in modo oggettivo e non più soggettivo. La realtà aumentata, per esempio, fornisce indicazioni precise ai giovani manutentori, nella manutenzione in presenza e in quella a distanza; occhiali per visioni tridimensionali li guidano nelle operazioni e un software raccoglie, analizza e trasmette dati a supporto delle decisioni da prendere. In un’era dove velocità e innovazione sono tutto, essere capaci di gestire l’enorme mole di dati, di analizzare gli scenari e scegliere in modo flessibile è cruciale e la digitalizzazione è un passaggio imprescindibile. La versatilità oggi è centrale anche in produzione, dove servono macchine sempre più veloci e versatili nel rispondere alle richieste mutevoli del mercato, che chiede lotti contenuti e personalizzati, secondo la logica della filiera corta (reshoring), che è la direzione che sta prendendo l’economia post-Covid e nel pieno di guerra e crisi energetica.

Come può il digitale aiutare la flessibilità?
Le macchine segnalano il problema, ma è il tecnico che lo risolve. Raccogliere tutta questa esperienza in un software, magari direttamente grazie a dei sensori, aiuta a mettere a fattor comune le esperienze che, poi, si possono recuperare digitalmente attraverso il machine learning che apprende dall’esperienza e suggerisce comportamenti in condizioni analoghe. Il vero passaggio sfidante, ora, ossia la nuova frontiera è rendere facili e intuitivi, user friendly, questi sistemi digitali, un po’ come il telefono che abbiamo sempre in mano. Inoltre, la grande sfida è vincere sui “Pit stop”, ovvero sulla velocità nei cambi di produzione, come nel cambio degli pneumatici in Formula 1. Noi italiani siamo imbattibili nel saper fare meccanico e ora meccatronico, nel trovare soluzioni e personalizzazioni. Anche in questo il digitale viene incontro, rendendo versatili le macchine automatiche, consentendo rapidi cambi di schede prodotto, ma la vera sfida è produrre macchine e software che sappiano farlo in modo sempre più veloce, connettendo i dati che arrivano dal demand planning (pianificazione della domanda) a quelli del production planning (pianificazione della produzione). Il futuro è questo, che si produca esattamente quello di cui si ha bisogno e il più velocemente possibile. Il digitale rende flessibile l’automazione. Un altro tema da esplorare e su cui investire è il Metaverso, per favorire le simulazioni tridimensionali, il digital commissioning (la versione digitale della messa in produzione) e le prototipazioni rapide dei nuovi prodotti, con risparmio di tempo e risorse.

Come imprenditore ha già avuto vantaggi in fabbrica con il digitale?
Decisamente sì: vantaggi organizzativi, nel flusso di informazioni, nei tempi e nel risparmio a medio termine. In tre anni, dopo un iniziale aumento dei costi del 30%, che in realtà era stato un investimento, i costi sono scesi del 75%. Siamo intervenuti sulla progettazione che abbiamo digitalizzato: ora il disegno tecnico arriva in produzione su file, in versione Cad semplificata, già disponibile all’operatore che assembla i pezzi per l’impianto su commessa. In questo modo facilitiamo l’incontro, non sempre disteso, fra ufficio tecnico e produzione, perché hanno esigenze diverse, linguaggi differenti , a volte, faticano a comprendersi. Ora, invece, è il computer a rendere disponibili le istruzioni, che vengono accettate meglio dall’operaio che prende il file in 3D, monta la macchina e, in qualche modo, la sente più sua. In pratica oggi tutti si sentono valorizzati e a loro agio grazie al tramite del software. Utilizziamo la simulazione anche per la prototipazione veloce con la stampa 3D. Anche in ufficio l’utilizzo del cad 3D ci permette di archiviare i disegni e i progetti secondo la medesima metodologia, rendendoli riutilizzabili e disponibili a tutti tecnici. Per assicurarmi questa condivisione di sapere, ogni quattro ore viene sostituito il tecnico di progetto, in modo che questo non sia proprietà di nessuno, ma know-how aziendale e nessuno sia ostaggio di nessuno, soprattutto se con competenze informatiche e digitali, che sono le prime a creare piccoli feudi e poteri. In questo modo mettiamo le tecnologie a disposizione di chi non ha sapere: da un lato l’operatore in fabbrica, dall’altro il tecnico che non ha seguito fin lì il progetto e, come imprenditore, neutralizzo i rischi di un turnover al 20%. In pratica, l’avanzamento lavori di un impianto non si arresta solo perché sono cambiate le figure di riferimento.

Serve una certa cultura per accettare questi cambiamenti, cogliendo l’opportunità del digitale…
Sì, va diffusa la cultura del patrimonio aziendale che, grazie al supporto digitale, è a disposizione di tutti e ne migliora il lavoro, elimina malumori e incomprensioni tra reparti, anzi li fa lavorare meglio insieme e libera energie per attività a valore aggiunto. Per esempio, ho introdotto il digitale anche nella gestione delle riunioni, dove ho ridisegnato il modo di organizzarle e gestirle e ora servono a qualcosa. Prima producevamo centinaia di fogli Excel che restavano chiusi nei cassetti, con moli di dati inutilizzati. Ora, grazie a piattaforme collaborative, il flusso di conoscenza non ha intoppi, c’è trasparenza, analisi dei dati condivisi e tutti sono al corrente dell’avanzamento lavori. Grazie alle piattaforme si possono fare anche collaudi sicuri a distanza, senza bisogno di spostare personale e con la garanzia dei software che sovraintendono al collaudo. Grazie alla pandemia, abbiamo scoperto come usare e sfruttare al massimo le tecnologie collaborative.

Lei torna alla Presidenza del Cluster dopo due mandati guidati da Luca Manuelli. Qual è il suo programma?
Oltre all’indirizzo della nuova Roadmap, che è in assoluta continuità con la precedente presidenza, quello che vorrei spingere di più nel mio mandato è la collaborazione tra i tre pilastri dell’ecosistema dell’innovazione: Cluster, Digital Innovation Hub (DIH) e Competence Center, chiarendo bene i ruoli di ciascuno in modo da migliorare il trasferimento tecnologico e accelerare la trasformazione digitale delle pmi. Ad esempio, vorrei che i percorsi formativi venissero disegnati sulla base dei fabbisogni emersi dagli assessment che i DIH svolgono sul territorio, in Lombardia con il supporto di manager di Federmanager prestati a guidare gli imprenditori nella propria autovalutazione sulla Readiness digitale. Quindi servirebbe una maggiore formazione dedicata agli imprenditori da parte dei Competence Center, perché comprendano le basi della trasformazione digitale applicata alle aziende meccaniche, visto che la nuova cultura d’impresa passa dagli imprenditori, senza il cui committment non si va lontano. Auspico inoltre una maggiore capacità di fare rete tra i diversi CTN, i Cluster Tecnologici Nazionali, i Cluster regionali e i Competence Center, tenendo più conto delle reciproche specializzazioni tematiche in modo da coprire l’intero territorio con un accompagnamento capillare, puntuale ed efficace.

CFI: vincere sui Pit stop con macchine sempre più veloci e versatili - Ultima modifica: 2022-10-31T08:00:38+01:00 da Gaia Fiertler