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Vision Restauration

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La Redazione

fig2La disponibilità di hardware a livello nano e di algoritmi sofisticati non è sufficiente, in quanto occorre anche comprendere con assoluto dettaglio i meccanismi che regolano le funzioni del corpo umano.

Le applicazioni della nanotecnologie in medicina, appartenenti al contesto denominato Nanomedicine, non sono solo sperimentali o in fase di test, ma anche realmente utilizzate. La Druge Delivery per esempio, consistente nell’utilizzo di nanoparticelle per il rilascio di sostanze chimiche a determinate tipi di cellule,  è uno dei fronti di sviluppo più attivi, con una base tecnologica rappresentata da particelle che sono ingegnerizzate in modo da essere praticamente attratte da cellule malate, da cui un trattamento medico diretto della stesse; la ricerca è poi attualmente impegnata in modo particolare nello sviluppo di una chemioterapia che possa essere rilasciata in situ: i test sono in fase avanzata e in alcuni casi si attende solo l’approvazione all’uso da parte degli organism di controllo competenti. Anche le terapie mediche possono essere rivoluzionate dalle nanotecnologie, come dimostra il caso delle nanospugne polimeriche che, muovendosi liberamente nel flusso sanguigno, sono in grado di attirare, per poi assorbire e rimuovere, le tossine presenti nel sangue. In tema di diagnostica, da citare i sensori con nanotubi di carbonio embedded in uno special gel, realizzati dai laboratory del MIT. Questi sensori monitorano il livello di monossido di azoto presente nel sangue, la cui concentrazione sale con le malattie di tipo infiammatorio. Molto intriganti le tecniche basate su nanorobot, sistemi in grado di modificare l’ambiente circostante in modo controllato e prevedibile, di dimensioni molecolari o addirittura atomiche; nello specifico sono in atto test finalizzati a usare nanorobot programmabili per riparare specifiche cellule malate. Ma vi sono anche alcune soluzioni di eccellenza che già sono applicabili in totale sicurezza, in grado di migliorare la vita di persone con handicap, ed è il caso della Visual Restauration, che combina nanotecnologie con elettronica e visione artificiale.

Il contesto di utilizzo

Le soluzioni di Visual Restauration riguardano, tra l’altro, la degenerazione maculare legata all'età (Age-related Macular Degeneration, AMD) che colpisce la macula, area che si trova al centro della retina e che è dedicata alla cosiddetta visione distinta centrale. Al centro della macula si trova la fovea, depressione retinica che ospita la foveola, in cui sono presenti solo i coni, cellule con funzione di fotorecettori che trasformano i segnali luminosi in impulsi elettrochimici, e che sono responsabili anche della percezione dei colori. Da ricordare che l’altra tipologia di cellule dell’occhio umano, i bastoncelli, sono presenti nella periferia retinica e sono utilizzati per percepire forme e movimento in condizioni di scarsa luminosità. Le ricerche per restituire la vista con mezzi artificiali non sono certo una novità ma è forse la prima volta che è disponibile una metodologia funzionante che garantisce buoni risultati; in effetti, la dizione “restituire la vista” non è propriamente corretta in quanto il sistema cui ci si riferisce, realizzato dalla startup francese Pixium Vision, si limita, con effetti però risolutivi, a stimolare cellule ancora funzionanti ma degradate, rivitalizzando la catena dei segnali ottici naturali verso il nervo ottico, permettendo quindi al cervello di meglio interpretare ciò cui lo stimolo corrisponde. Ma più che di medicina ci dobbiamo qui occupare di tecnologia, per cui entriamo nel merito

I principali dettagli tecnologici

Come premessa, i sistemi realizzatti dall’azienda francese sono due; il primo, IRIS II (alla sua seconda release) è previsto per posizionamento immediatamente sopra la retina, quindi tramite impianto,  prevede oltre a 150 elettrodi ultrasottili organizzati su un circuito flessibile, un fotorilevatore a infrarossi, e un piccolo circuito integrato specifico per l’applicazione, quindi un ASICS (application specific integrated circuit), alimentato in modalità wireless attraverso due avvolgimenti induttivi, che ha il compito di multiplexare e mappare i segnali IR ricevuti dal fotorilevatore verso specifici elettrodi. I segnali elettrici ricevuti stimolano le cellule gangliari le cui terminazioni formano le fibre del nervo ottico, con invio dei segnali percepiti al cervello. Vi è una parte indossabile dall’utente, l’ ATIS (Asynchronous Time-based Image Sensor), costituita dall’equivalente di occhiali forniti di una telecamera con funzionalità event-based che elabora le informazioni visive e le manda, una volta opportunamente codificate, alla parte impiantata sull’occhio. Da questa sommaria descrizione si evince un sistema abbastanza sofisticato, per cui c’è da chiedersi se il numero di sensori, solo 150, sia una limitazione tecnica o una scelta. In effetti gli elettrodi non sono l’elemento limitante quanto invece lo è la complessità di trasferimento di segnali tra questi e l’ASICS che per gestire più dati dovrebbe essere più grande con maggiori difficoltà di chiusura della sclera dell’occhio dopo l’operazione di impianto.

Evoluzione del sistema

Partendo dalla base offerta dall’IRIS, si sta sviluppando il sistema PRIMA, la cui base tecnologica è rappresentata da array modulari miniaturizzati di celle fotovoltaiche wireless che sono impiantate questa volta al di sotto della retina, e i cui elettrodi si collocano immediatamente in prossimità delle cellule bipolari dell’occhio, quelle che trasportano i segnali tra i fotoricettori che reagiscono agli stimoli luminosi e le cellule gangliari che ha loro volta li trasferiscono alla corteccia cerebrale. Questo sistema è definito come più sicuro in quanto interamente contenuto nell’occhio umano, senza circuiti di controllo o cavi di collegamento. Quindi, non serve ASICS alcuno e le celle fotovoltaiche ricevono l’input dall’apparato indossato, sotto forma di luce invisibile Near Infra Red con immediata trasformazione di segnali elettrici verso le cellule bipolari della retina. Le celle fotovoltaiche del sistema PRIMA, organizzate in cluster esagonali, hanno dimensioni da 140µm a 70µm, e questo livello di downsizing unitamente a una più alta concentrazione di pixel, permette una stimolazione più fine dato che ogni pixel stimola meno cellule, e questo sistema è previsto che sostituirà completamente il precedente IRIS.

Alcune considerazioni di carattere generale

La disponibilità di hardware e software non è assolutamente sufficiente, in quanto occorre anche comprendere con assoluto dettaglio i meccanismi della visione umana, spingendosi fino a chiarire completamente come la corteccia riceve e poi elabora i segnali. In particolare, i ricercatori dell’azienda francese si cono confrontati con l’Institut de la Vision e anche con l’università di Stanford per definire con precisione come sono mappati i percorsi dalla retina alla parte del cervello deputata alla visione, e per identificare quale tipo di segnali attivano quali specifiche regioni della corteccia cerebrale in modo da definire dei dati opportunamente pre-elaborati dai sensori di visione per ottenere gli effetti desiderati. Questo l’insegnamento che arriva da quanto sin qui illustrato, e che si configura come regola generale, nel senso che non sono possibili semplificazioni se si vogliono ottenere risultati importanti con la disponibilità dell’attuale tecnologia. Altro aspetto interessante del sistema della Pixium Vision è il contenuto tecnologico, costituito da componenti e sistemi ben noti ai progettisti a livello macro, si potrebbe dire a livello di applicazioni industriali e consumer più o meno tradizionali, ma la cui gestione e interazione cambia drasticamente quando a essi ci si accosta a livello nano, che è poi il livello del corpo umano. Probabilmente si è vicini alla creazione di un “occhio bionico”, dove le parti biologiche saranno sostituite da equivalenti artificiali o dove, più probabilmente, se ne attuerà un mix. Viene spontaneo pensare che queste innovazioni scientifiche avranno senz’altro un impatto sulla robotica, anche perché la Vision Restauration propone alla fine una particolare forma di sistema di visione artificiale, dove il target non è una macchina, ma l’essere umano.

Vision Restauration - Ultima modifica: 2016-10-24T11:20:08+02:00 da La Redazione