Grazie alle tecnologie 4.0 si sta tornando a una centralità dell’industria e della manifattura. Ma quanto la manifattura italiana è pronta a innovare? Secondo un’analisi condotta da EY, il 63% delle imprese italiane è pronto, di queste il 14% sono definibili innovatori puri, mentre il 49% sono pronte per la trasformazione digitale. Oltre un terzo, però, il 37% è in una fase cosiddetta sperimentale, qui si concentrano principalmente pmi che operano ancora secondo modalità convenzionali.
Con questi dati che sintetizzano la fotografia della manifattura italiana, Donato Iacovone, AD di EY in Italia e Managing Partner dell’Area Mediterranea, ha illustrato i risultati dell’indagine “EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019”, sullo stato di digitalizzazione delle aziende manifatturiere italiane, in occasione della seconda edizione dell’EY Manufacturing Lab, l’iniziativa territoriale di EY che ha coinvolto imprenditori e AD di oltre 400 imprese (dal febbraio 2018 al maggio 2019) tramite workshop, per discutere e confrontarsi su temi legati alla trasformazione digitale e all’innovazione dell’industria manifatturiera italiana.
L’analisi mostra anche un marcato divario tra piccole e grandi aziende. La maggior parte delle grandi aziende (il 70%) ha un piano di sviluppo definito e ha introdotto all’interno dell’azienda tecnologie innovative e di industria 4.0, sfruttando anche i benefici fiscali previsti in tema di innovazione e rispetto dell’ecosistema; le piccole e medie realtà, invece, hanno incontrato ostacoli lungo il percorso di adozione di tecnologie digitali e di accesso agli incentivi e si mostrano deboli in tema di cultura aziendale, governance del cambiamento e strategia dello sviluppo.
Il nodo delle competenze
Al centro della trasformazione digitale, fatta di smart factory ed ecosistemi di aziende e piattaforme, ci sono le persone con le proprie competenze e l’organizzazione aziendale. È questo il principale elementi sui cui lavorare per avviare i processi di digitalizzazione, che è la base sulla quale poter costruire un progetto di Industria 4.0.
Dall’indagine EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019 emerge che i principali ostacoli nel percorso di digitalizzazione delle aziende manifatturiere sono la limitata cultura digitale (85%) e l’individuazione di figure professionali adeguate (84%).
“Dalle nostre analisi – commenta Iacovone - è emerso che le imprese fanno fatica a intercettare le competenze necessarie allo sviluppo dell’Industria 4.0 e, ove trovate, a tenerle aggiornate. Secondo la nostra survey, infatti, l’84% degli intervistati denuncia la carenza di figure professionali adeguate a far crescere l’innovazione. Inoltre, più della metà del campione ha avviato un percorso di formazione tradizionale, solo il 12% ha un programma di sviluppo delle competenze digitali, e il 30% riconosce di avere una limitata conoscenza del digitale. Diventa fondamentale e strategico per le nostre imprese, in particolare per le Pmi, investire in formazione e in competenze adeguate, indispensabili per evolvere e competere sui mercati internazionali”.
Perché è importante acquisire aziende tecnologiche
Gran parte delle aziende che forniscono tecnologia sono molto attive sul fronte delle acquisizioni di startup o piccole realtà che hanno messo a punto tecnologie innovative. “Questi innesti – spiega Iacovone - servono per integrare un eventuale gap tecnologico, facendo cambiare il passo all'azienda per non perdere il treno del cambiamento”.
Ebbene in Italia ancora un numero ristretto di realtà manifatturiere ha realizzato operazioni societarie afferenti al mondo dell’industria 4.0. Ed è su questa partita, giocata nel confronto con le grandi industrie nazionali e internazionali, che entrano in campo i dati emersi dallo studio EY “M&A in the era of digital transformation” che mostra chiaramente come invece la digital transformation sta coinvolgendo, al livello globale, un numero sempre maggiore di player industriali, concentrandosi in particolare su due settori: l’industrial automation e il computer software.
Uno spaccato di realtà
Nel corso della tavola rotonda sulla Smart Factory, un concentrato di eccellenze italiane, anche tra le Pmi, ha portato la propria esperienza di digital trasformation facendo emergere alcune importanti chiavi di lettura per il cambiamento.
Si è parlato dell’importanza della contaminazione interna all’azienda per creare cultura digitale e dell’importante sfida del change management organizzativo.
Mauro Gallavotti, è Ceo Gruppo Celli, una media azienda italiana che opera in tutto il mondo ed è specializzata nelle attrezzature per il food service e in particolare nell’erogazione di bevande fredde.
Sul lato soft drink sono una delle quattro aziende a livello mondiale autorizzate da Coca-Cola e Pespi a vendere impianti per il punto vendita. Gli stabilimenti del Gruppo Celli sono già 4.0 così come le attrezzature realizzate. L’azienda è già oltre la fase di digitalizzazione, proiettata verso nuovi modelli di business orientati al servizio, quali il full rental e il pay per usage.
Laura Rocchitelli, Presidente e Amministratore Delegato Rold, ha sottolineato quanto è stato strategico per un’azienda di componentistica creare una software house interna per realizzare una piattaforma software per la raccolta di dati in real time, in tempi ancora non sospetti (si parla del 2011-12, anno in cui è stato coniato il termine di Industria 4.0), guidati dai loro clienti, ovvero i produttori mondiali di elettrodomestici.