Assegnati a 17 progetti aziendali i fondi stanziati dal Mise (1,8 milioni di euro) per il primo bando di Smact, il Competence Center del Triveneto. La caratteristica di questi progetti è l’aver messo a sistema il bisogno d’innovazione delle singole aziende con uno o più gruppi di ricerca delle otto università aderenti a Smact, grazie a una fitta rete di matching tra domanda e offerta, realizzata in pieno Lockdown su una piattaforma digitale. Il secondo bando, con le medesime logiche, è previsto in autunno, insieme all’avvio delle Live Demo, la rete di centri tematici che porteranno le tecnologie nei territori: Bolzano, Rovereto, Verona, Padova e in diverse sedi in Friuli-Venezia Giulia.
La collaborazione tra imprese e laboratori di ricerca è la cifra di SMACT. Infatti, ai 17 progetti aziendali co-finanziati dal MISE lavoreranno 24 gruppi di ricerca, con l’obiettivo di depositare 10 brevetti. Ogni impresa poteva candidare fino a due proposte innovative che, facendo leva su una o più tecnologie in ambito 4.0, in particolare social networks, mobile platforms&apps, advanced analytics and big data, cloud computing e IoT, mirassero all’ottimizzazione dei processi produttivi, al miglioramento e innovazione di prodotto e all’innovazione dei modelli di business e organizzativi.
Sono state 51 le candidature aziendali, con un lavoro di negoziazione e matching tra domanda e offerta dopo una preselezione di 19 progetti da parte del Comitato tecnico-scientifico di Smact e la proclamazione dei 17 progetti-aziende vincitori. A loro volta, 81 gruppi di ricerca delle 8 università aderenti a Smact si sono proposti per dare una risposta concreta ai bisogni del mondo produttivo: 24 quelli scelti dalle aziende stesse per collaborare all’avanzamento del loro progetto d’innovazione attraverso contratti conto terzi.
Il modello di SMACT per fare innovazione
«Ogni azienda ha avuto una finestra di 4 ore per ascoltare le proposte dei diversi ricercatori universitari, mirate a sviluppare il suo progetto. Un aspetto nuovo e interessante di questa modalità è che ciascuna impresa ha avuto la possibilità di allargare la propria visuale sui diversi tasselli necessari allo sviluppo del progetto stesso e, al contempo, di estendere i propri rapporti con la ricerca», spiega Luca Fabbri, direttore tecnico di SMACT, uomo d’azienda e d’innovazione, con vent’anni in Aprilia dalle corse alla produzione, alla guida dell’innovazione e gli ultimi dieci in una realtà vicentina di automazione industriale, la Bft di Schio. Ora il manager affronta la sfida di accelerare il trasferimento tecnologico, ma questa volta dall’altra parte, o meglio a metà strada con una funzione di facilitazione e promozione dell’innovazione tecnologica per la digitalizzazione delle nostre imprese.
Nel processo di lancio del primo bando di Smact e di selezione delle candidature è dunque emerso un reciproco interesse tra imprese e ricercatori. Il risultato già evidente è che, da un lato, si accelera il trasferimento tecnologico perché con il coinvolgimento di più gruppi di ricerca si affrontano fin da subito le varie componenti progettuali e, dall’altro lato, si rafforza l’ecosistema digitale, “inducendo” i centri di ricerca a collaborare di più tra loro e con il mondo produttivo in una logica di ricerca applicata, finalizzata al trasferimento tecnologico al mondo industriale.
«La qualità dei progetti approvati è lo specchio di un tessuto di imprese che avverte non solo il bisogno di innovazione tecnologica, ma anche quello di un accompagnamento ai rapporti con la ricerca più avanzata che si può trovare nei dipartimenti universitari», commenta Fabrizio Dughiero, presidente del consiglio di gestione di SMACT.
Casi di collaborazione tra più gruppi di ricerca: Danieli, Thetis, Save, Schneider Electric
Per ogni progetto vincitore il finanziamento non può superare il 50% del valore, per un massimo di 200mila euro. L’investimento complessivo per il primo bando di Smact è di 4 milioni di euro, tra privati e Mise (1,8 milioni di euro il fondo pubblico). Quindi, l’azienda che riceve il finanziamento fa dei contratti conto terzi per collaborare con centri di ricerca universitari.
Un caso significativo di ricerca tra dipartimenti di università diverse è quello di Danieli Automation, che si era proposta con il suo abituale nucleo di ricercatori dell’Università di Udine, per il progetto Q3-Premium per lo sviluppo di una soluzione basata su una piattaforma sperimentale, integrata IIoT, applicata al controllo e all’analisi della qualità del prodotto nell’industria siderurgica in chiave 4.0.
Tuttavia, grazie alla presentazione di una decina di dipartimenti di ricerca delle diverse università del Triveneto per lo sviluppo del progetto, alla fine Danieli ne ha coinvolti 4, arricchendo lo stesso concept iniziale con gruppi di ricerca dell’Università di Udine, di Verona, di Padova e lo IUAV di Venezia (architettura e design).
«In particolare, lo IUAV ha stimolato il bisogno di lavorare sulle interfacce uomo-macchina, un aspetto nuovo non più trascurabile dalle imprese, vista la sempre maggiore diffusione di strumenti digitali in fabbrica, da rendere il più possibile user friendly per l’uso e l’accettazione da parte degli operatori», commenta Fabbri.
Un altro caso di collaborazione tra dipartimenti con competenze diverse è quello di Thetis, la piccola azienda veneziana specializzata in monitoraggio ambientale, che ha proposto un progetto innovativo di utilizzo delle nuove tecnologie per il riconoscimento e l’analisi delle immagini (altro tema “caldo”) per la sicurezza delle infrastrutture, in particolare ponti e viadotti.
Già in contatto con il dipartimento di Analisi, informatica e statistica (DAIS) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, tuttavia non ha esitato ad accogliere nel progetto Safest anche i ricercatori del dipartimento di Ingegneria civile dell’Università degli Studi di Padova, che daranno il proprio contributo sulle caratteristiche strutturali dei ponti.
Sempre sul riconoscimento automatico, l’analisi e la capacità predittiva dei dati raccolti attraverso le immagini, Save, la società di gestione dell’aeroporto di Venezia, ha esteso la collaborazione allo stesso dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) di Padova, partendo dal contributo di Ca’ Foscari, che contribuisce al progetto S2T2 con due gruppi di ricerca, quello di management (DMAN)e il DAIS già citato. L’obiettivo è di applicare algoritmi di intelligenza artificiale al sistema di telecamere presente all’interno del terminal, al fine di implementare processi di monitoraggio avanzati del flusso dei passeggeri, nel totale rispetto della privacy.
«In questo caso gli stessi ricercatori delle due università si sono proposti all’azienda in modo congiunto, ognuno con il proprio apporto scientifico e tecnologico. Questo approccio propositivo e collaborativo è stato molto apprezzato dall’azienda», commenta Fabbri.
Anche Schneider Electric, unico caso di due imprese insieme nel progetto, la grande azienda con la sede emiliana della tedesca Pomiager, era partita con l’idea di applicare la blockchain ai contratti di filiera, pensando solo al modello di business, mentre ricercatori della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Padova hanno suggerito di considerare anche gli aspetti legali. «L’idea è stata accolta da Schneider e, in questo caso, la ricerca è intervenuta in modo propositivo sul piano progettuale, aiutando ad affrontare da subito i diversi impatti del progetto», spiega Fabbri.
Il progetto Smacta ha infatti come fine quello di garantire la credibilità e l’inviolabilità dei dati tramite la tecnologia blockchain per dare vita a una piattaforma che permetta di erogare servizi su tutta la catena produttiva, dal costruttore fino al consumatore, basati su Smart Contract.
In sostanza, Smact sta mettendo in moto idee e risorse e mette in rete le varie anime del mondo della ricerca con il mondo produttivo più avanzato. Un altro caso non finanziato dal Mise, ma da UnionCamere Veneto è quello di un termoscanner per individuare per tempo focolai sul territorio con una mappatura delle temperature, con tutti gli elementi necessari a un modello epidemiologico.
In pratica, Omitec, azienda socia di Smact, mette a disposizione dispositivo e database, mentre 5 dipartimenti dell’Università di Padova contribuiscono in modo multidisciplinare alla complessità del progetto: legale, medico, statistico, cybersecurity e interfaccia uomo-macchina, sempre per l’accettabilità dello strumento da parte della popolazione. «Il progetto è in corso, con noi di Smact come coordinatori», racconta Fabbri.
Tutte le aziende vincitrici: 3 pmi, 14 medie e grandi
L’obiettivo dei progetti vincitori del bando è quello arrivare a un livello minimo di readiness tecnologica (TRL) pari a 7, ma non è escluso che in qualche caso si arrivi alla fase di industrializzazione del prodotto, servizio, o della soluzione.
In questo primo bando Smact ha selezionato solo tre progetti di pmi, SupplHI, Thetis e Keyline, per una questione di maturità e rigore dei progetti, ma accrescere anche la maturità digitale del tessuto produttivo di pmi del Triveneto è uno degli obiettivi del competence center creato da 40 partner, tra cui le 8 università del Triveneto (Università di Padova, Verona, Ca’ Foscari, IUAV, Trento, Bolzano, Udine e SISSA di Trieste), due centri di ricerca (Fondazione Bruno Kessler e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), la Camera di Commercio di Padova, ComoNExT e alcune tra le aziende più innovative del territorio.
Le altre aziende vincitrici, oltre a quelle già citate: Wartsila Italia (Trieste), Corvallis (Padova), Adige Spa (Levico Terme, TN), Meccanica del Sarca Spa (Dro, TN), Fre Tor (Alpago, BL), TechnoAlpin (Bolzano), Electrolux (Porcia, PN), Microtec (Bressanone, BZ), Texa (Monastier di Treviso), Gruppo PAM (Venezia).