L'Internet of Things è oramai uno dei più importanti driver di crescita per molteplici mercati e contesti tecnologici, ma vi sono ancora carenze a livello di standard anche se le iniziative non mancano, pur con inevitabili sovrapposizioni.
L'adozione di un approccio unificato all'Internet of Things potrebbe senz'altro ridurre l'attuale frammentazione del mercato portando a una maggiore garanzia di interoperabilità e compatibilità funzionale, oltre a contribuire a creare una massa critica in grado di stimolare consistenti investimenti e rendere reale una tra le tante ottimistiche previsioni che circolano in rete, per esempio quella che accredita l'IoT di un valore economico superiore ai 6 trilioni di dollari entro il 2025. A fronte di questo potenziale è inevitabile che organizzazioni e aziende a vario titolo coinvolte nella realizzazione di hardware, software e risorse di comunicazione in grado di alimentare la crescita dell'IoT, vogliano essere in prima linea nel definire le prossime regole tecniche dell'IoT, da cui una competizione che inizia a vedere l'impegno di attori diversi. Un primo gruppo è l'Open Interconnect Consortium, OIC, costituito da Atmel, Dell, Broadcom, Samsung, Intel, e Wind River, che si è posto come mission quella di creare un framework comune di comunicazione basato su tecnologie industriali standard per connettere in modalità wireless e per gestire in modo intelligente il flusso di informazioni tra PC e gli emergenti dispositivi IoT. Può essere utile ricordare che in ambito IT un "framework", inteso in genere come struttura a livelli che specifica quali elementi software devono essere definiti e come deve avvenire la loro correlazione, ha un significato più ampio di un protocollo ed è più prescrittivo di una struttura in quanto tale. La formazione del consorzio OIC segue la creazione della AllSeen Alliance, definita come "Linux Foundation collaborative project" e di cui fanno parte 51 membri tra cui Microsoft, Qualcomm, Cisco Systems, Sharp, Panasonic, la cui mission si sintetizza nel supportare un'ampia adozione e nell'accelerare lo sviluppo di un framework di comunicazione basato sulla tecnologia open source AllJoyn sviluppata da Qualcomm, concepita proprio per permettere a tutte le "things" dell'Internet of Things di lavorare insieme. Altra organizzazione che avrà un impatto importante nello sviluppo di standard per IoT è il Thread Group, che vede la presenza di Nest Labs (azienda acquisita da Google e che quindi per il suo tramite entra nell'arena IoT) oltre a Samsung, ARM, Freescale Semiconductor, Silicon Labs, Big Ass Fans e Yale Security; obiettivo è quello di realizzare una tecnologia che utilizzi e combini il meglio di quanto attualmente disponibile per creare un protocollo di rete che consenta all'Internet of Things di realizzare il proprio potenziale negli anni a venire: da evidenziare subito che la tecnologia 6LoWPAN è elemento chiave del protocollo Thread. Altre entità coinvolte nell'IoT sono la Global Standards Initiative on Internet of Things, parte dell'ITU, International Telecommunications Union, che intende promuovere un approccio unificato per lo sviluppo di standard tecnici che possano abilitare l'IoT su scala globale, poi il gruppo di lavoro P2413 della IEEE, anch'esso focalizzato su IoT e forte di 18 membri tra cui Cisco, Emerson, GE, Oracle, Siemens, e infine l'European Research Cluster on the Internet of Things, con progetti atti a definire una visione comune sull'IoT. Come si vede vi è grande fermento, per cui occorre entrare più nel merito per intuire quale sarà la strada futura dell'Internet of Things.
L'importanza della connettività IP
Una IP Connectivity Access Network è una rete di accesso che, come dice il nome stesso, mette a disposizione una connettività IP, ricordando che l'Internet Protocol è il principale protocollo di comunicazione nella Internet Protocol Suite con cui si realizza il flusso di pacchetti dati in rete da una sorgente verso una destinazione sulla base di indirizzi IP presenti a livello di header nei pacchetti stessi. La versione dominante di protocollo IP è IPv4, Internet Protocol Version 4 (con cui a dicembre 2014 si realizzava ancora quasi il 94% del traffico internet worldwide) che utilizza 32 bit, quindi 4 byte per gli indirizzamenti da cui un address space di 232, pari a 4.294.967.296, quindi circa 4,3 miliardi di indirizzi. Se si considerano realistiche le stime di 50 miliardi di oggetti intelligenti da qui al 2050, non può esservi rapporto tra IPv4 e IoT. Ma già dagli anni '90, e con disponibilità commerciale a partire dal 2006, era iniziata la diffusione di IPv6, Internet Protocol Version 6, che prevede indirizzi IP a 128 bit, da cui 2128 indirizzi (in sostanza, miliardi di miliardi), e qui l'abbinamento con un contesto IoT in evoluzione è coerente, anche perchè l'assegnazione di un IP address alle diverse "things" è altamente auspicabile, con estensione di tale indirizzo attraverso tutta la rete. L'hardware con cui realizzare implementazioni IoT deve poi essere a basso costo e il più semplice possibile, con indirizzamento e routing dei messaggi esente da complessi Application Layer (secondo il modello OSI) di traslazione, ma i protocolli non IP-based necessitano di gateway per una traslazione tra tecnologie diverse e questo, pur accettabile, va contro la ricerca della massima ottimizzazione. Lo sviluppo dell'IoT sembra quindi andare verso protocolli che siano IP-based e che permettano una comunicazione device-to-device senza Application Gateway. Vi sono protocolli wireless adottabili per IoT ma dato che questi sono stati definiti e resi disponibili prima dell'apparire dell'Internet of Things con tutte le sue specifiche esigenze, vi sono delle carenze in merito ai desiderata ottimali anche se si sta lavorando per un miglior adattamento. Vi sono poi proposte che stanno nascendo solo ora, e quindi teoricamente meglio adeguate alle esigenze IoT.
Reti e protocolli per IoT
Le reti sub-Ghz, cioè operanti al di sotto di 1Ghz, offrono, in ambito IoT, alcuni interessanti vantaggi rispetto alle reti nella classica banda dei 2,4Ghz in termini di distanza di comunicazione tra nodo e nodo (sono infatti definite come "long range"), con anche bassi consumi; come limite, il fatto che utilizzano protocolli proprietari che richiedo traslazione per comunicare con altri sistemi. Un caso a parte è quello del WiFi IEEE 802.11ah, atteso nel 2016, con operatività in una banda sub-Ghz (900Mhz), concepito specificatamente per supportare collegamenti WiFi extended range, soprattutto in ambito IoT, con caratteristiche di scalabilità ed efficienza nei consumi. Il WiFi 802.11ah è in grado di garantire un throughput di 150 Kbps con una banda da 1 Mhz, per arrivare a 40 Mbps su una banda da 8Mhz, ponendosi in competizione con altre tecnologie quali ZigBee e Z-Wave, soprattutto per building e home automation, ma anche per reti di sensori e comunicazioni machine-to-machine. In merito a ZigBee, la ZigBee Alliance ha recentemente rilasciato le specifiche di ZigBee IP, standard aperto per reti mesh IPv6-based, che mette a disposizione, senza la necessità di gateway intermedi, connessioni internet per controllare dispositivi low power e low cost. Le reti ZigBee IP prevedono diversi tipi di device: ZigBee IP Coordinator, che controllano la formazione e la sicurezza delle reti; ZigBee IP Ruoter, che estendono il range delle reti; ZigBee Host, che attuano specifiche funzioni di sensing e di controllo. In sintesi, ZigBee IP realizza un'interoperabilità con il protocollo IPv6, per routing su reti mesh complesse basate su protocolli internet standard quali 6LoWPAN, TCP e UDP, eliminando gateway tra mondo ZigBee e mondo internet. Da ricordare che ZigBee si basa sullo standard IEEE 802.15.14 dedicato a low bandwidth personal area networks, che definisce i livelli PHY e MAC del modello OSI lasciando i livelli superiori aperti per specifici sviluppi, e ZigBee è uno di questi. Altro sviluppo di IEEE 802.15.14 è 6LoWPAN (IPv6 over Low Power Wireless Personal Area Networks), che definisce i livelli superiori in modo da consentire la trasmissione di pacchetti IPv6 su reti 802.15.14, e la tecnologia 6LoWPAN è parte integrante, come si è prima evidenziato, di quella che può essere considerata la novità del momento, il protocollo Thread.