Che accorgimenti sono richiesti ai leader per essere efficaci anche a distanza? Siamo sicuri che tecnologie collaborative, connessioni veloci e abilità di utilizzo siano sufficienti a far funzionare le cose?
Le survey aziendali delle sperimentazioni più recenti confermano i dati dell’Osservatorio Smart Working del Polimi, secondo cui si lavorerebbe più concentrati e si renderebbe di più con qualche giornata in smart working. Ma ora il ricorso massiccio e pressoché obbligato per migliaia di lavoratori, in piena emergenza sanitaria, pone la questione di come gestire al meglio questi team di persone improvvisamente distanti, dislocati nelle proprie case. Ecco qualche consiglio utile tratto dal libro “Smart Leader. Come guidare un team di lavoro in remoto” per gli obiettivi di business e dalla società di consulenza Methodos per dare continuità alla formazione e alla collaborazione tra persone.
Non solo leader, ma smart leader, in grado di guidare, influenzare e far raggiungere gli obiettivi ai propri collaboratori anche da casa. L’eccezionalità dei tempi sta accelerando in tutto il Paese il ricorso allo smart working, quel processo di ripensamento del lavoro basato su responsabilizzazione e risultati, detto anche “lavoro agile”, che ha preso forma negli ultimi anni soprattutto nelle grandi aziende. Questa modalità dà la possibilità di svolgere parte delle proprie mansioni in remoto, in giornate concordate con i propri responsabili, grazie alle tecnologie digitali. Così oggi, una intera divisione aziendale può trovarsi in parte in ufficio, in parte in remoto, con una comunicazione organizzata con messaggistica, condivisione di documenti, video o audio-conferenze su piattaforme collaborative. Inoltre, l’urgenza di innovare ha reso sempre più frequente il ricorso agli “agile team”, gruppi interfunzionali di progetto che si formano e si sciolgono, con project leader che spesso non sono neppure i capi diretti dei diversi membri del team. Così, benché in tutti questi casi la comunicazione sia supportata dagli strumenti digitali, si pongono comunque delle questioni legate all’esercizio della leadership. E in queste settimane di ricorso massivo al lavoro agile è ancora più cruciale portare l’attenzione su come esercitare il proprio ruolo di leader.
Leader che guidano, usando bene le tecnologie
Dal punto di vista del mindset del manager, il ruolo non cambia ai tempi del lavoro in digitale. Il compito di un leader è sempre quello di sostenere, guidare e aiutare gli altri a raggiungere degli obiettivi e dei risultati concordati. «Il vostro compito è sostenere le persone perché facciano il giusto compito con la necessaria qualità, rispettando le scadenze previste», spiegano gli autori di “Smart Leader” Kevin Eikenberry e Wayne Turmel (Guerininext 2019).
Ciò che cambia è la modalità di interazione con i propri collaboratori perché viene meno quel lavorare gomito a gomito, negli stessi spazi, con la sensibilità per il non verbale e per le reazioni delle persone. Anche i manager più abili ed empatici devono imparare a usare bene le nuove tecnologie per non cadere nelle trappole che possono tendere. Per chi è introverso, per esempio, o per chi già faceva fatica a parlare di persona al proprio capo, o viceversa per un capo con alcuni suoi collaboratori, la “distanza” digitale rinforzerà quell’abitudine, con il rischio di chiudersi in una bolla nel lavoro da sbrigare, ma perdendo di vista il gruppo, l’insieme, e anche il confronto costruttivo con capi e collaboratori. Oppure, potrebbe esserci una sopravvalutazione dell’autonomia dei collaboratori più attivi, che a loro volta invece potrebbero sentirsi trascurati dai loro capi e perdere di motivazione, se non sono abituati ad automotivarsi né a lavorare fuori dall’ambiente di lavoro.
Ma le preoccupazioni più diffuse, che sono emerse nell’indagine globale “Remote Leasership Survey” su 225 manager con team in parte in remoto, e riscontrabili facilmente nelle aziende, sono quelle del controllo: “Che cosa staranno facendo le persone? “Avranno capito il mio messaggio?”, “Rispetteranno i tempi?”. Benché oltre la metà dichiari che il lavoro viene portato a termine e un ulteriore 28% definisca il proprio team altamente produttivo, tuttavia i manager ammettono di avere qualche difficoltà con la fiducia, con il controllo delle attività e con la propria dimestichezza con i nuovi strumenti, che li fa sentire inadeguati aumentando il livello di stress e di controllo in un circolo vizioso.
10 consigli per evitare isolamento, demotivazione e stress in smart working
- Imparare a usare nel modo più appropriato ed efficace gli strumenti digitali per collaborare anche a distanza e far circolare le informazioni in modo chiaro e rapido. Non pretendere che sappiano usarli gli altri, se non lo facciamo noi per primi. Diamo l’esempio per primi.
- Accertarsi che ci sia una chiara pianificazione delle attività e dei risultati da raggiungere.
- Rendere gli obiettivi misurabili anche rispetto al processo, cioè creare un piano praticabile per i collaboratori.
- Accertarsi che i collaboratori abbiano tutti gli strumenti appropriati al compito da svolgere e abbiano chiare le tempistiche.
- Concentrarsi sugli obiettivi e non sulle singole attività, che è micromanagement, non leadership.
- Pensare alle persone da sostenere e influenzare, rinforzando i rapporti con loro e coltivando la fiducia. Come? Interessandosi, prendendosi cura e ascoltandoli anche a distanza.
- Osservare anche noi stessi sul nostro grado di equilibrio, il rapporto con il controllo e la nostra relazione con le nuove tecnologie.
- Non costringere né controllare per mancanza di fiducia, ma prevedere dei check intermedi per sostenere le persone lungo il processo di esecuzione e aiutarle, in corso d’opera, con strumenti e risorse aggiuntive se servono.
- Pianificare come e dove far avvenire la comunicazione, perché sia un atto consapevole e intenzionale e non rischiare di perdere il contatto con i collaboratori in remoto. Far sentire che si è presenti anche a distanza. Non rischiare l’isolamento reciproco.
- Trovare un modo condiviso per seguire lo stato di avanzamento a intervalli frequenti. Può aiutare una lavagna online, con progressi riferiti su base settimanale, cui far seguire scambi one-to-one con la webcam (smart coaching).
Potenziare la collaborazione e la formazione: i consigli di Methodos
Un’altra preoccupazione emersa dall’indagine presentata su “Smart Leader” è la difficoltà in remoto a progredire nel business, a trovare nuove idee e soluzioni, a essere creativi in sostanza, mentre si è abili a svolgere un compito debitamente definito con obiettivi precisi. Così, sul tema della collaborazione e della formazione continua arrivano i consigli di Methodos Group, la holding che controlla società di consulenza e start-up in Italia, Francia e Germania specializzate nei processi di change management. Purtroppo, le multinazionali stanno facendo saltare tutte le iniziative di progettazione, condivisione e formazione del personale: «Invece, è proprio l’elemento su cui puntare adesso, con molti lavoratori in smart working, sfruttando pienamente le potenzialità della tecnologia», spiega Filippo Muzi Falconi, Ceo di Methodos Group.
«Migliaia di attività stanno saltando, creando un gap nello sviluppo delle persone, con ricadute sull’organizzazione e sul business. Questo però non è il momento di cancellare tutto. Al contrario, è il momento di essere vicini, di dare indicazioni, di nutrire i team e di sviluppare nuove competenze necessarie per aver successo in contesti e condizioni differenti. Far fronte a situazioni complesse, senza rinunciare a ciò che fino a poco prima era considerato necessario, è una dimostrazione di leadership. Aziende e manager devono essere coraggiosi: ne abbiamo bisogno ora».
Ormai format e strumenti ad hoc, che rendono la collaborazione virtuale facile e intuitiva, fanno sì che formazione e scambio a distanza non siano più un ripiego, ma un’esperienza che può essere eccellente e completa: «Ci sono alcuni vantaggi che si possono cogliere nella situazione attuale. L’apprendimento da remoto, per esempio, è un modo costruttivo per coinvolgere chi è costretto a lavorare da casa. Inoltre dà la possibilità di integrare la formazione obbligatoria, che spesso tendiamo a rimandare, e consente di impiegare in modo utile il tempo risparmiato negli spostamenti», commenta Michela Salvi, senior manager di Methodos.
I 9 consigli di Methodos per gestire workshop e formazione in remoto
1. Definire gli obiettivi del workshop. Qual è l’obiettivo? Presentare contenuti? Discutere e confrontarsi su temi aperti? Progettare soluzioni o piani d’azione? A seconda dell’obiettivo serviranno flussi di comunicazione semplici, uno a molti, o articolati con lavori in sottogruppi, condivisioni in plenaria, continui allineamenti tra i diversi team. Tutte modalità rese possibili da piattaforme collaborative intuitive e facili da usare come Webex, Zoom, Teams e Mural.
2. Fornire i materiali prima dei momenti interattivi. Le informazioni di contesto possono essere lette prima delle presentazioni in diretta e, per evitare confusione, è meglio limitare le interazioni virtuali a quelle davvero necessarie per il confronto e per arrivare a risultati concreti.
3. Creare un team di facilitazione. La sua composizione varia a seconda della natura e delle dimensioni del workshop, ma in linea generale servono un moderatore per le plenarie virtuali, un coordinatore per lo stato di avanzamento lavori dei diversi team, un responsabile della produzione di contenuti da fornire ai partecipanti, un responsabile della piattaforma tecnologica e dei tool di collaborazione.
4. Fornire a tutti dei modelli per organizzare i contenuti che produrranno. Fornire a tutti template e format in modo da agevolare il lavoro e facilitare il confronto dei risultati finali.
5. Distribuire il workshop su un lasso di tempo più lungo. Con una corretta progettazione delle diverse fasi del workshop online, questo si può integrare nella normale attività giornaliera, riducendo il tempo sottratto alla gestione del quotidiano. Inoltre le pause tra una sessione e l’altra si possono sfruttare per attività da svolgere off-line rispetto al workshop stesso, tenendo conto anche dei diversi fusi orari.
6. Fissare i momenti di confronto tra team e supervisori. Prevedere sempre e comunque momenti di allineamento con il team di facilitazione.
7. Mantenere alto il livello di coinvolgimento e partecipazione con il gioco. Sfruttare la logica della gamification con contest tra i diversi team.
8. Occuparsi, ma non preoccuparsi, della tecnologia. Individuare gli strumenti più adatti per funzionalità e accessibilità e imparare a usarli.
9. Crederci. «È il momento giusto per progettare soluzioni mai esplorate», conclude Michela Salvi di Methodos.