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Intelligenza artificiale nell’industria: a che punto siamo?

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Gaia Fiertler

La fotografia di LinkedIn sulla distribuzione geografica e concentrazione relativa degli esperti di Artificial Intelligence (AI) conferma i ritardi dell’Italia e, più in generale, lo scarto degli Stati Uniti sull’Europa, oltre a una ancora timida presenza di professionisti di AI nell’industria manifatturiera. Le figure emergenti secondo il WMF nei prossimi anni.

Nel nuovo rapporto “AI talent in the Labour market”, Linkedin ha rintracciato la distribuzione di competenze in ambito statistico e di analisi dei big data, entrambe necessarie per costruire ed eseguire gli algoritmi che alimentano le tecnologie di IA, utilizzando i dati generati dall’Economic Graph.

In Europa queste figure esperte sono concentrate in tre Paesi che, da soli, occupano la metà di tutti i professionisti del settore: Regno Unito (24%), Germania (14%) e Francia (12%). In particolare UK è in testa con un margine significativo, anche se la sua popolazione attiva rappresenta solo il 13,4% della forza lavoro totale dell'Europa.

E l’Italia? Il nostro Paese si posiziona a un livello medio-basso con appena il 7,32% sul totale, con un valore tre volte inferiore all’UK e metà della Germania. Altri Paesi più attrattivi sono Irlanda, avamposto europeo di numerose multinazionali tecnologiche e di digital business; Finlandia, Cipro, Lussemburgo, Svezia e Paesi Bassi. Tuttavia, l’Europa resta in evidente ritardo rispetto agli Stati Uniti, che assumono il doppio delle persone qualificate rispetto ai Paesi membri dell’Unione Europea, nonostante la forza lavoro totale sia solo la metà di quella europea.

Intelligenza artificiale e industria manifatturiera

Da un punto di vista industriale, due terzi delle persone con competenze in materia di AI lavorano nel settore tecnologico (ICT) o in ambito accademico, e non nelle realtà produttive. I principali datori di lavoro restano il mondo accademico e i centri di ricerca, soprattutto nei Paesi in cui la concentrazione geografica di talenti rispetto al resto della popolazione attiva risulta più bassa.

In questo contesto, Italia e Spagna riflettono ancora di più questa realtà, a dimostrazione del fatto che l’applicazione dell’AI non sia ancora ampiamente diffusa nel settore privato, diversamente per esempio dal Regno Unito.

Il tessuto economico italiano, costituito prevalentemente da pmi, giustifica solo in parte la difficoltà a dotarsi direttamente di figure con competenze avanzate rispetto ai possibili benefici strategici dell’applicazione di machine learning e sofisticate app basate su intelligenza artificiale per estrarre valore dall’IoT (Internet of Things) applicato a macchinari e processi produttivi.

Il  futuro infatti non lascia scampo: le prime dieci aziende al mondo per capitalizzazione hanno modelli di business digitali. Oggi, infatti, con gli ecosistemi digitali e la nascita di consorzi di ricerca applicata e innovazione anche le pmi possono salire a bordo della trasformazione digitale, che richiede a tutti una responsabile accelerazione.

Anche la nascita dei Competence center, che stanno andando a regime, promette una intensificazione delle iniziative e delle occasioni per applicare le soluzioni più adatte, per cui serviranno anche competenze dedicate che aiutino a individuare quello che è più funzionale a ciascun modello produttivo, che è l’altra promessa dell’Innovation manager.

Secondo le previsioni dell’Osservatorio del Politecnico di Milano su Industria 4.0, infatti, negli investimenti a media scadenza (3-5 anni) le grandi imprese puntano, tra le prime tre tecnologie, anche sull’intelligenza artificiale, insieme ad automazione avanzata (tutto il tema della robotica collaborativa e degli Agv) e al cloud, mentre nelle pmi l’interesse per l’intelligenza artificiale precipita all’ultimo posto (era al terzultimo posto negli investimenti a breve di 2 anni).

L’attenzione delle pmi sarà infatti concentrata ancora su Industrial Internet of Things (IIoT) al terzo posto, cloud al primo e automazione avanzata al secondo. Probabilmente le grandi imprese hanno già affrontato e introdotto tutto il tema dell’IIot (che infatti finisce al penultimo posto negli investimenti a medio termine, dal primo posto in quelli a breve), potendosi concentrare nei prossimi anni sulla valorizzazione della enorme quantità di dati acquisiti, anche attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale a supporto del business.

Nel mercato dell’Industria 4.0, infatti, cresciuto del 35% nel 2018, a farla da padrona come tecnologia abilitante è stata ancora l’IoT con 1,9 miliardi di euro su 3,2 complessivi, seguita da Industrial analytics (530 milioni di euro), Cloud manufacturing (270 milioni) e Advanced automation (160 milioni di euro).

Le figure emergenti secondo il WMF

Ma di quali figure professionali si avrà sempre più bisogno nell’Industria 4.0 per realizzare davvero la smart factory, connessa e integrata? Sia come competenze interne per le imprese più strutturate, sia come esperti a tempo o condivisi con altri attori della filiera e non solo, in forma di rete di imprese per quelle con meno risorse?

Il World Manufacturing forum ha stilato la propria classifica delle sei professionalità emergenti che, ad oggi, saranno presumibilmente necessarie allo sviluppo dell’impresa in chiave smart:

  • Industrial Big Data Scientist
  • Collaborative Robots Expert
  • IT/OT Integration Manager
  • Lean 4.0 Engineer
  • Digital Ethics Officer
  • Digital mentor.

A tutti, ad ogni modo, saranno richieste non solo competenze verticali in base al loro job title, ma anche trasversali, di carattere addirittura “umanistico” o “olistico”, in grado cioè di leggere, interpretare e suggerire strategie rispetto a dati e fenomeni che, per la natura stessa del paradigma 4.0, non saranno più isolati a unità di business o a singoli processi industriali, e neppure a livello di supply chain, perché saranno sempre più integrati con il mondo esterno, a partire dalla catena dei fornitori e clienti.

Cambiando il concetto stesso di modello produttivo e di modalità di lavoro, sarà sempre più richiesta una visione globale, olistica appunto, anche da parte degli esperti delle nuove tecnologie.

Intelligenza artificiale nell’industria: a che punto siamo? - Ultima modifica: 2019-11-29T11:36:48+01:00 da Gaia Fiertler