Puntare su persone, digitalizzazione e collaborazione è la via per assicurare continuità al business in contesti incerti e ad alta complessità. Lo sostengono i manager che si sono confrontati sul significato di resilienza, sul suo impatto sull’operatività e sui nuovi equilibri da trovare, in un workshop a porte chiuse organizzato da Istud Business School e Oracle Italia
Una cosa è certa: negli ultimi 15 mesi le risorse umane in Italia hanno dato prova di grande resilienza, intesa come capacità di adattarsi a cambiamenti repentini e inaspettati. All’improvviso, infatti, milioni di persone si sono trovate a lavorare in remote working forzato 5 giorni su 5, lavorando su una piattaforma digitale lontane da quello che, fino ad allora, era stato il centro delle relazioni lavorative formali e informali, l’ufficio.
Tuttavia, le persone hanno dimostrato di sapersi auto-regolare e motivare, anche se lontane dalle loro abitudini e da un riferimento gerarchico immediato. In quello che è stato un laboratorio diffuso di sperimentazione di nuovi modi di lavorare, qua e là sono emerse anche innovazioni organizzative, di prodotto e di servizio, ma il vero motore sono sempre state le persone con la loro capacità di adattamento.
«Per resilienza si intende la capacità di un sistema di modificare il proprio funzionamento prima, durante e in seguito a un cambiamento o a una perturbazione, in modo da poter dare continuità operativa, sia in condizioni previste, sia in contesti non prevedibili. Esistono esempi di contesti resilienti nella scienza e negli ecosistemi naturali, ma anche nella storia, come gli ordini religiosi e la loro resilienza nel corso dei secoli», spiega il fisico Mauro Arpino.
Lo scenario in cui viviamo, come individui e come organizzazioni, ha una intrinseca instabilità, dove il prodursi di shock esogeni, anche se minimi, può determinare il collasso del sistema. Gestire lo stato instabile, nel business e in azienda, per poi progredire verso un nuovo equilibrio col minor danno possibile rappresenta perciò una sfida necessaria. E bisogna prepararsi.
Con il reskilling e l’upskilling delle competenze verso il digitale e nuovi modelli di leadership collaborativi e con un rinnovato focus sul benessere perché, nonostante la diffusa resilienza, molti hanno trascurato l’equilibrio fisico e psicologico sotto la spinta delle tensioni.
I manager riconoscono quindi la necessità di trovare un nuovo bilanciamento tra tempi del lavoro e tempi personali, insieme alla proposta di un vero Smart Working, che non sia più emergenziale, ma basato su responsabilità, fiducia e autonomia dei risultati e non un semplice Remote Working, svolto da casa con strumenti digitali.
Ripensare l'organizzazione per una forza lavoro resiliente
In sostanza, serve un ripensamento complessivo dell’organizzazione, regolata da flessibilità, connessione e comunicazione per avere un impatto diretto sull’ecosistema in cui opera.
Bisognerà allenarsi alla complessità e volatilità dei mercati con la collaborazione e l’intelligenza collettiva, non pensando a una soluzione unica, ma attraverso soluzioni differenti e alternative proposte da tutti. A loro volta alle persone serviranno sistemi efficaci per svolgere i propri compiti in modo flessibile e collaborativo, possibilmente con l’aiuto di tecnologie che semplifichino e aumentino la soddisfazione, il benessere e lo sviluppo delle competenze.
L’organizzazione resiliente è stata definita come un “reticolo cristallino”, che sa di dovere resistere e accettare caratteri diversi e divergenze; dove la trasparenza, facilitata anche da tool collaborativi e piattaforme digitali, aiuta la presa di decisione consapevole e diventa substrato abilitante che prova ad abbattere i silos organizzativi, per condurre il business con efficacia. E dove i dati, e la loro protezione, acquisiscono sempre maggiore peso e valore, con la necessità di investire in competenze e soluzioni di data privacy e data protection in tutti i settori, dall’industria ai servizi.