Se nella maggior parte delle soluzioni di tipo tecnico non vi sono dubbi circa l’opportunità di tutelarle mediante il deposito di una domanda di brevetto (per invenzione industriale o per modello di utilità), non mancano casi pratici in cui la domanda “brevettare o mantenere il segreto industriale?” non si sia insinuata anche solo per qualche secondo nella mente del consulente in proprietà industriale e del rispettivo cliente.
Ciò è vero soprattutto per certi settori tecnici in cui l’”invenzione” non è di immediata evidenza (occorre cioè procedere ad analisi approfondite, talvolta anche complesse, per comprendere l’invenzione nella sua interezza e profondità e poterla replicare), quali ad esempio certi procedimenti industriali interni alle imprese, prodotti con composizioni chimiche difficilmente rintracciabili, o il software. È ad esempio chiaro che un software implementato in un circuito integrato, protetto anche da protezioni di tipo tecnico (crittografia, salvataggio con modalità write-only), non sia immediatamente intelligibile ma richieda lunghi e complessi sforzi per comprenderne i principi alla base del suo funzionamento. Allo stesso modo certe particolari sostanze non sono facilmente riproducibili, ovvero i loro componenti essenziali non sono così facilmente individuabili, nelle percentuali e nelle tipologie. Se dovessimo appunto fare un esempio di un prodotto tutelato mediante il segreto industriale ciò che viene subito in mente è la formula della coca cola. Essa è rigorosamente tutelata, da più di un secolo, mediante il segreto industriale.
Come tutti ben sanno, la durata dell’esclusiva di un brevetto è temporalmente limitata nel tempo (d’altronde la ratio del mondo brevettuale è quella di concedere, per un intervallo temporale limitato, una esclusiva commerciale sull’invenzione per ripagare gli sforzi intellettuali dell’inventore, in cambio della messa a disposizione del pubblico dell’invenzione stessa) mentre la durata del segreto industriale non ha limiti temporali. Al fine dell’azionamento del diritto in giudizio, nel caso del segreto industriale la prova dell’esistenza e della validità del diritto nascente dal segreto richiede al detentore del segreto di provare fatti la cui efficacia probatoria dipende da valutazioni molto più soggettive rispetto al caso in cui si desideri far valere in giudizio il diritto nascente da un brevetto. In altre parole, in concreto, risulta molto più semplice azionare una domanda di brevetto piuttosto che lamentare la violazione del segreto industriale da parte di terzi. In generale, infatti, la prova dell’esistenza del diritto nascente dal brevetto dipende dalla semplice presentazione del titolo, e la prova della sua validità, se necessaria, è ancorata saldamente al contenuto del brevetto.
Nel caso del segreto industriale, occorre invece provare almeno che le informazioni e/o esperienze oggetto del segreto hanno un valore economico in quanto segrete, e che sono sottoposte a procedure (aziendali) adeguate per mantenerne la segretezza. Sembra quindi si possa affermare che a favore del brevetto ci sia certamente il più semplice azionamento in giudizio del diritto corrispondente, il che è sicuramente un vantaggio di portata certamente significativa. È da notare inoltre che la violazione del diritto nascente dal segreto industriale da parte di terzi può comportare conseguenze che vanno oltre tale violazione, e che possono quindi pregiudicare l’esistenza e/o la validità di tale diritto nel futuro, annullando il vantaggio rappresentato dalla non limitatezza temporale del diritto stesso. Infatti la violazione del diritto sul segreto industriale può facilmente comportare l’accessibilità al pubblico delle informazioni e/o esperienze oggetto del diritto violato, vanificando di fatto tale forma di tutela. La violazione del brevetto non influisce invece sulla esistenza e/o sulla validità del diritto di brevetto in capo al titolare, in quanto l‘esistenza del relativo titolo dipende soltanto da atti compiuti dal titolare stesso (e.g. il deposito della domanda, il pagamento delle relative tasse di mantenimento), e la sua validità è ancorata a fatti oggettivi e certamente indipendenti dalla violazione stessa.
Il mantenimento dell’invenzione in segretezza industriale pone fra l’altro anche un altro problema: e se un terzo arrivasse a concepire la medesima invenzione e optasse per una diversa tutela, ad esempio decidesse di brevettarla, che cosa accadrebbe? In questo caso, infatti, il detentore del segreto avrebbe si un diritto di preuso per utilizzare anche in futuro l’invenzione per i suoi bisogni, ma tale diritto di preuso sarebbe limitato sia a livello quantitativo che a livello qualitativo, entro i limiti di ciò che è avvenuto, in riferimento al suo preuso, nell’anno precedente alla data di deposito o di priorità della domanda di brevetto depositata dal terzo.
Da quanto sopra, si evince che i casi in cui sia conveniente mantenere l’invenzione in regime di segretezza industriale sono veramente pochi, e come altresì la difficoltà di tale tutela sia estremamente elevata ed abbia notevoli rischi. Ne discende pertanto che, laddove possibile, sia senz’altro da preferire la tutela mediante il ben più solido istituto del brevetto, che ha principalmente due effetti:
- ottenere una esclusiva per un prestabilito tempo.
- evitare che altri possano validamente brevettare successivamente l’innovazione (la pubblicazione del documento brevettuale di fatto nega la possibilità di successive richieste di tutela per la medesima invenzione).
Simone Milli, Bugnion SpA, Davide Aldo Falzoni, Bugnion SpA