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AI: le aziende sono pronte a utilizzarla e a sfruttarne i benefici?

Mentre l’Europa trova l’accordo sull’AI Act con l’obiettivo di conciliare lo sviluppo dell’innovazione con la difesa dei diritti fondamentali, le aziende di tutto il mondo (84%) pensano che l’AI avrà un impatto molto signficativo sul proprio business. Una ricerca Cisco ha indagato il loro livello di preparazione a introdurre l’intelligenza artificale nelle proprie attività

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Nicoletta Buora

L’intelligenza artificiale (AI) è cresciuta lentamente per decenni, ma con l’evoluzione dell’IA generativa, unita alla disponibilità per il vasto pubblico, nell’arco degli ultimi sei mesi c’è stata una forte accelerazione che sta producendo enormi sfide, con impatti su quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana delle persone e dell’attività delle imprese.

È di questi giorni la notizia che l’Europa - prima al mondo - ha trovato l’accordo sull’AI Act, la legge sull’intelligenza artificiale che in due anni fornirà le norme per conciliare lo sviluppo dell’innovazione con la difesa dei diritti fondamentali dell’uomo. Un legge necessaria che regolamenterà l’AI con un approccio basto sul rischio, classificato in quattro livelli: inaccettabile, alto limitato, basso.

Nel frattempo le aziende di tutto il mondo la stanno già utilizzando e ben l’84% pensa che l’AI avrà un impatto molto signficativo sul proprio business e oltre la metà teme effetti negativi se non affronterà il problema entro i prossimi 12 mesi. Tuttavia, solo il il 14% delle aziende a livello globale è pronta, in Italia l’8%, ma il 31% ha una strategia, meglio della media globale che fa registrare il 29%.

Lo scenario di una trasformazione profonda

Sono questi i dati principali che emergono dalla 1° Edizione del AI Readiness Index di Cisco, una ricerca che ha coinvolto oltre 8.000 aziende in tutto il mondo per tracciare lo scenario di un mercato in cui l’adozione dell’AI sta accelerando tanto da produrre una trasformazione profonda.

Obiettivo della ricerca, che ha coinvolto leader aziendali e IT del settore privato in 30 mercati di aziende con almeno 500 dipendenti, è valutare la preparazione all'AI attraverso sei pilastri fondamentali: strategia, infrastruttura, dati, talento, governance e cultura.

La preparazione delle aziende italiane: promosse solo in strategia

Strategia, siamo sulla buona strada. Il 73% delle aziende italiane è pronta o lo è in buona parte; il 92% dichiara di avere già o di stare sviluppando una strategia ben definita. Un valido segnale, anche se c’è ancora da fare.

Infrastruttura: le reti non sono strutturate per i carichi di lavoro AI. Il 95% delle aziende a livello globale sa che l’AI aumenterà i carichi di lavoro che l’infrastruttura deve gestire. Punto dolente in particolare nel nostro Paese: solo il 24% ritiene di avere in azienda un’infrastruttura altamente scalabile, necessaria per supportare l’enorme aumento dei carichi di lavoro che l’AI comporta.

Il 68% ritiene di avere una scalabilità limitata, o nessuna scalabilità per quanto riguarda la capacità delle infrastrutture IT a disposizione per vincere le nuove sfide dell’AI. Per oltre tre quarti (77%) il problema è procurarsi ulteriori GPU grafiche, ma vi sono anche problemi di latenza e capacità.

L'importanza di avere i dati “pronti per l’AI”

I dati sono la spina dorsale di un’operatività che sfrutti l’AI, ma è anche l’area in cui c’è meno preparazione in assoluto, con il 27% delle aziende italiane del tutto impreparate (contro un 17% globale).

L’82% delle aziende nel nostro Paese afferma che i dati nella loro organizzazione sono in parte non integrati o frammentati. Questo è un ostacolo grave perché la complessità di integrare dati che risiedono in diverse fonti e renderli disponibili per le elaborazioni dell’AI può incidere sulla capacità di sfruttare le applicazioni basate su intelligenza artificiale in tutto il loro potenziale.

Competenze: c'è ancora molto da fare

I membri dei consigli di amministrazione e il top management sono le persone che più facilmente abbracciano il cambiamento dell’AI nel mondo e anche in Italia, dove l’85% e il 78% mostra rispettivamente una ricettività elevata o moderata sull’argomento.

Tuttavia c’è ancora molto da fare per coinvolgere sia le figure di management intermedie, dove si riscontra un 25% che non è ricettivo o lo è in modo molto limitato, sia i dipendenti, dove si riferisce di un 33% di persone che hanno poca o nessuna disponibilità ad adottare l’AI.

In Italia il 94% dichiara di aver investito per riqualificare in tal senso i dipendenti già attivi, mentre il 27% ha espresso dubbi sull’effettiva disponibilità di sufficiente personale dotato delle conoscenze necessarie.

Governance e Cultura

Il 77% delle organizzazioni italiane dichiara di non avere policy AI onnicomprensive, ma questa è un’area da affrontare se le aziende vogliono considerare e governare tutti i fattori che possono presentare rischi, in termini di fiducia del mercato e fiducia nella tecnologia.

Questi fattori sono la privacy dei dati e la sovranità, la comprensione delle normative globali e il rispetto delle stesse. Inoltre si deve fare molta attenzione a temi come i bias, l’equità, la trasparenza nei dati e negli algoritmi.

Sul fronte della Cultura c'è poca preparazione, ma molta motivazione per renderla una priorità. Questo pillar ha la quota più bassa di aziende del tutto pronte che sono il 7%, rispetto alle altre categorie. Il 13% non ha dei piani di change management e coloro che li hanno,nell’85% dei casi sono ancora in progress.

Gli executive sono i più ricettivi al cambiamento interno all’azienda che l’AI comporta, e devono quindi guidare lo sviluppo di piani completi e comunicarli chiaramente al management intermedio e ai dipendenti che già, come visto, hanno livelli inferiori di accettazione culturale. La buona notizia è che la motivazione ad agire per il tema culturale è alta.

AI: le aziende sono pronte a utilizzarla e a sfruttarne i benefici? - Ultima modifica: 2023-12-11T18:27:31+01:00 da Nicoletta Buora