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Blockchain: una filosofia, più che una tecnologia

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Nicoletta Buora

Lo scorso marzo abbiamo pubblicato un articolo dal titolo “Sarà l’anno della blockchain?” in occasione della presentazione dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano. In quell’articolo si parlava di una rivoluzione alle porte e di un mercato che incominciava a prendere forma.

Poi ci sono stati Covid-19 e Lockdown, ma quel mercato non si è bloccato, anzi ha subito un’accelerazione così come tutte le tecnologie legate alla trasformazione digitale. E l’Italia è tra i Paesi più attivi in questo promettente mercato, se così lo possiamo chiamare. Sì, perché la Blockchain e le tecnologie del registro distribuito non sono solo tecnologia, ma hanno a che vedere con una questione di approccio filosofico, essendo fondate su principi quali la fiducia, la sicurezza, la garanzia.

Cos'è la Blockchain?

Ma cos’è, dunque, la Blockchain e in che modo potrebbe portare del valore nel settore industriale e manifatturiero? L’abbiamo chiesto a Francesco Bruschi, docente di Sistemi di Elaborazione del Politecnico di Milano e Co-Direttore dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger.

Francesco Bruschi, Politecnco di Milano

«Non è cosa semplice definire cos’è una Blockchain», esordisce Bruschi. «Cos’è e cosa offra di diverso rispetto ad altre tecnologie e come porti valore a diversi settori sono domande alla quali si sta cercando di dare una risposta.

Non è sicuramente una tecnologia che offre soluzioni a problemi ovvi e i vantaggi che potrà portare - a mio avviso di elevata portata - non sono così facili da delineare. Per apprezzarli ritengo serva un approccio culturalmente diverso alla digitalizzazione.

Nell’arco di quest’anno quello che abbiano osservato è che la Blockchain è esplosa nell’ambito finanziario, in particolare nella DFi, la cosiddetta finanza decentralizzata, dove le persone scambiano valore o chiedono prestiti su una piattaforma interfacciandosi con un smart contract e non con la tradizionale banca». Ebbene, a inizio anno il valore della DeFi era intorno al miliardo di euro, oggi si è più che decuplicato.

Dalle criptovalute alla blockchain

Si è parlato di una rivoluzione della portata di Internet non a caso. «Alla fine degli anni Novanta si è sviluppata l’idea di mettere a punto un sistema per scambiare valore a livello globale così come su Internet si scambiano le informazioni», racconta Bruschi.

La Blockchain è strettamente legata al mondo del Bitcoin e delle criptovalute perché Bitcoin è stata la prima moneta virtuale a utilizzare una nuova tipologia di registro distribuito basata sul fatto che ogni transazione fosse legittimata da una rete decentralizzata e non dalle autorità centrali.

Bitcoin nasce alla fine del 2008, quando Satoshi Nakamoto, una persona o un gruppo di persone la cui identità e tuttora ignota, pubblica un white paper spiegando la sua idea di moneta virtuale crittografica peer-to-peer senza intermediari, governata da algoritmi. Idea che mise in crisi il sistema bancario. Dal 2014 si apre, però, una nuova fase in cui l’interesse si sposta verso la tecnologia che sta dietro al Bitcoin: la Blockchain. Nascono così le prime piattaforme che sfruttano alcuni principi fondanti di Bitcoin, tra le quali Ethereum, ancora oggi tra le più utilizzate.

La blockchain per la digitalizzazione

Oggi la digitalizzazione offre grandi vantaggi, è una priorità raccomandata e promossa da tutte le istituzioni a livello globale per innalzare il livello di efficienza di qualsiasi operazione in qualsiasi ambito, non per niente si parla di trasformazione digitale. «La digitalizzazione ha, però, un punto di debolezza», spiega Bruschi. «Nel caso generale, in un certo senso non è trasparente, perché non permette la condivisione sull’implementazione dei processi stessi, bisogna fidarsi.

La Blockchain consente, invece, di realizzare una digitalizzazione non solo efficiente ma anche sicura e affidabile per la sua stessa natura di decentralizzazione. Il Cloud è una tecnologia che va di pari passo con la digitalizzazione con vantaggi infiniti: è flessibile, i costi sono sostenibili anche da piccole realtà poiché proporzionali all’utilizzo, ma dall’altra parte espone dei limiti.

Si delega chi offre servizi cloud - le big tech come Amazon e Google - a compiere per noi azioni per le quali non si ha trasparenza e non si può, a nostra volta, trasferirla ai nostri interlocutori. Bisogna fidarsi, ad esempio, del fatto che un certo programma si comporterà nel modo convenuto. Parallelamente c’è anche il rischio che questi player possano interrompere il servizio».

Proviamo ora a calare questo dibattito in una realtà industriale 4.0, dove tutto è collegato in una logica di Industrial IoT e dove i dati raccolti dalle attività di fabbrica possono essere utilizzati, ad esempio, per certificare che il prodotto che si sta realizzando risponde a determinate caratteristiche. «Oggi, non siamo in grado di garantire alla controparte», continua Bruschi, «ad esempio all’utilizzatore del bene, che i dati utilizzati per produrre quella certificazione sono stati effettivamente raccolti in determinate condizioni e con determinate modalità».

La Blockchain consente, invece, di rendere rilevabile in maniera certa il processo di generazione del dato. «Si immagini che ogni dispositivo IoT sia in grado di fornire un dato certificato, firmandolo, quasi avesse una propria identità», spiega Bruschi. «Da un punto di vista tecnico questo è possibile perché il dispositivo si interfaccia con uno smart contract, cioè un programma la cui esecuzione è trasparente che può dimostrare la modalità con cui è stato generato».

La Blockchain diventa quindi molto interessante laddove serva la certezza che alcuni processi di produzione siano avvenuti in determinate condizioni. Si pensi, per esempio, all’industria del food e del pharma dove le dinamiche legate all’igiene e alla sicurezza sono fondamentali. «La Blockchain, dunque, può essere come un Cloud speciale in grado di creare un certificato di dimostrabilità», afferma Bruschi.

Uno strumento sociale

«L’aspetto del trust, della fiducia, che la Blockchain per la sua stessa natura è in grado di assicurare, quasi trasforma questa tecnologia in uno strumento sociale perché consente di dare delle garanzie», conclude Bruschi. «Si pensi a un contratto in qualsiasi campo, spesso si chiedono delle garanzie, ebbene la Blockchain consente a chiunque di abbassare il costo di tali garanzie». In campo finanziario questa “filosofia” sta esplodendo, ma presto potrebbe invadere qualsiasi ambito, avviando quella rivoluzione annunciata pari a quella di Internet.

Blockchain: una filosofia, più che una tecnologia - Ultima modifica: 2020-12-01T16:59:52+01:00 da