HomeScenariStandard de facto e standard de jure

Standard de facto e standard de jure

Leggi le riviste ⇢

Ti potrebbero interessare ⇢

La Redazione

Parlando di standard, fondamentali per avere riferimenti stabili, si cita spesso il concetto di standard de facto: quali le differenze, al di là delle interpretazioni che istintivamente si possono fare, con uno standard de jure? Come base gli standard de jure sono quelli omologati da organizzazioni dello standard ufficiali, che procedono a una ratifica tramite rigorose procedure, mentre gli standard de facto, o market-driven standard, sono quelli ampiamente adottati dalle aziende di un certo comparto industriale, e si manifestano quando una massa critica decide di farne uso. Uno standard de facto può ovviamente diventare de jure se approvato da un’organizzazione dello standard, secondo un processo ben documentato che può apparire complesso e rigido ma diversamente non può essere se si vuole garantire ripetibilità, qualità e sicurezza. Queste organizzazioni, va detto, sono aperte a quanti, avendo un interesse materiale, vogliono parteciparvi e diventarne membri. Alla base di tutto vi è il consenso, e organizzazioni diverse hanno differenti regole di membership e definizioni di consenso; per esempio, alcune prevedono un costo di adesione, e il consenso per determinate misure standard deve essere non inferiore al 75%. Stante la complessità dei processi di approvazione, gli standard de jure sono tipicamente lenti a venire alla luce, e non raramente, per motivi di competizione e di business di alcuni membri, possono manifestarsi stalli anche lunghi. Per quanto riguarda gli standard de facto, il loro imporsi si verifica con modalità molto diverse, e possono essere aperti o chiusi, di proprietà di pochi o di molti, disponibili a chiunque o solo a utenti approvati. Gli standard chiusi proprietari sono, appunto, proprietà di una singola azienda, e sono utilizzabili solo dai clienti o dai partner dell’azienda stessa, con i competitor che sono esclusi dall’implementare prodotti basati su questi standard; come effetto, si ha una netta riduzione di interoperabilità, ma Il loro sviluppo è molto rapido, sono in genere ben supportati e rappresentano un interessante fattore economico per chi li possiede. Gli standard proprietari aperti invece, pur sempre posseduti da una singola azienda, sono di libero utilizzo, da cui una garanzia di interoperabilità; usualmente vi è una qualche forma di licenza all’uso “Reasonable And Non-Discriminatory” (RAND, in gergo). Ovviamente si richiede un buon livello di manutenzione dello standard da parte dell’azienda proprietaria, ma questo investimento si traduce in benefici commerciali, permettendo di posizionarsi un passo avanti rispetto ai concorrenti. Infine si hanno gli standard open source, in genere riferiti al software, disponibili a chiunque “for free”, con la possibilità di perfezionamenti da parte degli utenti, poi integrati nello standard, secondo il concetto di comunità. Ma c’è un rischio, il “forking”: stante le possibilità di modifiche per esigenze specifiche, uno standard open source può divergere dagli obiettivi originali, per cui serve un comitato o un’entità di controllo. Alla fine, quando si parla di standard il riferimento non è univoco, essendovi forme diverse con cui lo stesso si materializza.

Standard de facto e standard de jure - Ultima modifica: 2017-05-03T13:00:08+02:00 da La Redazione