Dal campo alla tavola, passando per la trasformazione alimentare: perché non decolla lo Smart Agrifood e, anzi, rallenta? Il calo degli investimenti è del -8%, con 2,3 miliardi di euro nel 2024. Riguarda soprattutto l’acquisto di macchine agricole (29% del totale) e attrezzature (26,5%), interfacciabili secondo il paradigma 4.0.
Continua invece la crescita delle soluzioni software. Tra queste, ci sono FMIS (Farm Management Information System, 13,5 % del totale), Decision Support System (DSS, 9,5% del totale), sistemi di monitoraggio e mappatura dei suoli (9% del totale) e delle colture (9% del totale).
Questi, tuttavia, non compensano il calo degli investimenti legati all’hardware. È quanto emerge dall’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia.
I vantaggi di una gestione data-driven
Oggi l’ottimizzazione produttiva come principale spinta alla digitalizzazione è superata dall’esigenza di una migliore capacità previsionale (41%), di un miglioramento delle attività di controllo e gestione dell’azienda (38%) e di migliore pianificazione delle attività (32%).

Aumenta quindi la consapevolezza dei benefici di una gestione data-driven. Tuttavia è ancora ridotto il numero di realtà impegnate nella trasformazione digitale delle proprie colture. La quasi totalità del 57% di aziende agricole “in ritardo” non ha ancora affrontato il tema della transizione digitale. Mature risultano solo l’8% e “in viaggio” il 35%.
«L’innovazione digitale si conferma strumento chiave di resilienza e sostenibilità. Le analisi di casi di applicazione in campo di soluzioni digitali in diversi Paesi europei evidenziano chiari benefici per gli agricoltori in termini di sostenibilità. Ad esempio, l’utilizzo di DSS su grano duro in Turchia ha consentito di diminuire del 35% l’azoto apportato alla coltura e incrementarne la resa del 6%. In Italia, su una coltura di pomodoro da industria, grazie all’uso di DSS e stazioni agrometeorologiche, è stato ottenuto un beneficio netto di 400 euro per ettaro, frutto di un aumento di resa e di un risparmio di input agronomici», spiega Chiara Corbo, Direttrice dell’Osservatorio Smart AgriFood.
Le concause della mancata digitalizzazione del settore
La mancanza di spinta alla digitalizzazione va attribuita a una serie di concause: cambiamento climatico con eventi estremi, dalla siccità alle alluvioni; volatilità dei prezzi, scarsa redditività del settore. In aggiunta, come fattore intrinseco alla mancata diffusione della digitalizzazione, c’è una scarsa interoperabilità dei sistemi che complica, anziché facilitare, l’adozione di misure data-driven. In pratica, i diversi fornitori di macchine 4.0 seguono protocolli diversi che non comunicano fra loro. Difficilmente si riesce quindi a raccogliere, monitorare e analizzare enormi quantità di dati da macchinari diversi.
Inoltre c’è stata una riduzione degli incentivi pubblici. A detta dei provider tecnologici (81%), questi incentivi sono stati un fattore chiave per la crescita degli ultimi anni. In Italia, ben l’84% delle aziende agricole utilizzatrici di soluzioni 4.0 ha infatti usufruito di almeno un incentivo.

Il settore lamenta anche carenza di competenze e personale per la gestione, l'analisi e l'interpretazione dei dati. Si registra anche mancanza di sensibilità e resistenza al cambiamento.
Resta poi il limite dimensionale per capacità d’investimento. Infatti i gruppi di produttori, i consorzi e le cooperative sono più attivi. Investe in digitale il 55% dei primi e il 44% di chi fa parte di una cooperativa, rispetto al 38% delle aziende singole.
«È ormai evidente che la sfida della digitalizzazione delle filiere agroalimentari passi in primis dal settore primario, con un ruolo importante di consorzi, cooperative e aziende della trasformazione. Queste realtà potranno guidare le varie realtà della produzione agricola nell’adozione di soluzioni digitali, attraverso maggiore valorizzazione economica ed enfasi sulla qualità delle produzioni realizzate da tali attori», commenta Andrea Bacchetti, direttore dell'Osservatorio Smart Agrifood.
Nuove startup di AI e machine learning per lo Smart Agrifood
Si registra la generale contrazione degli investimenti in startup a livello globale, dimezzati, rispetto al 2022, con 8,5 miliardi di dollari nel 2024. Tuttavia aumentano le realtà che propongono soluzioni digitali al settore agricolo (+7%). Emergono nuove aree di applicazione. Un esempio è l’Agri-Fintech (3% delle startup per numerosità e finanziamenti), con realtà impegnate nello sviluppo di soluzioni digitali per favorire l’accesso al mercato per gli agricoltori, la modernizzazione dei pagamenti, la creazione di marketplace, la gestione efficiente del rischio e delle assicurazioni.
Cresce anche il numero di startup che offrono soluzioni abilitate da intelligenza artificiale e machine learning (+22%). Così come è in aumento anche il numero di soluzioni di Agricoltura 4.0 basate su tali tecnologie (circa 1/3 del totale delle nuove soluzioni proposte sul mercato italiano nel 2024).
Nel settore primario, l’AI viene sfruttata per la gestione delle attività in campo. Ma serve anche alla protezione delle colture e al controllo dei fattori di produzione (come agrofarmaci e acqua). Nella trasformazione, l’AI trova applicazione soprattutto nel monitorare e gestire la sostenibilità e la qualità dei prodotti. Tra le applicazioni più interessanti, vi è la protezione delle produzioni di qualità, come le DOP e le IGP.