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Skill First: tutti pazzi per l’intelligenza artificiale generativa

L'intelligenza artificiale generativa diventa il primo bisogno formativo in Italia secondo il Randstad Workmonitor: i lavoratori vogliono sfruttarla al meglio nei flussi di lavoro quotidiani. A loro volta, le aziende sono a caccia di esperti per l’implementazione e l’analisi dei dati. Le evidenze di uno studio Gi Group e Microsoft e di un report di Access Partnership e AWS.

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Gaia Fiertler

La maggioranza delle aziende italiane mostra un approccio positivo verso l'intelligenza artificiale generativa (GenAI), con ben otto su dieci (79%) che si attendono benefici dalla sua implementazione. E se la funzione IT tende a essere la più interessata da questa trasformazione, in una impresa su tre (30%) questa tecnologia è già entrata o sta entrando nell’Executive Management (Ceo e direttori generali). Come supporto alla pianificazione aziendale (25%), all’analisi dei dati (24%) e all’ottimizzazione dei processi (9%).

Gli ambiti più impattati per ora sono Innovazione, Ricerca e Sviluppo (49%), Progettazione e Ingegnerizzazione (31%). Customer Service (25%) e, a seguire, Produzione e Manutenzione (18%), Amministrazione, Finanza e Controllo (17%), Vendite e Supporto al business (16%) così come le Risorse Umane (14%). È quanto emerge dallo studio “Nuovi modi di lavorare: ruoli e competenze nell'era dell'IA Generativa”, realizzato da Gi Group Holding, attraverso la Divisione ICT di Gi Group e ODM Consulting, in collaborazione con Microsoft Italia.

Come vivono i lavoratori il “rapporto” con gli assistenti virtuali?

Nell’interazione con la GenAI viene segnalato un coinvolgimento emotivo, che porta le persone a conversare con la macchina come se fosse un essere umano. Questa viene vissuta come un compagno di lavoro capace di favorire il miglioramento delle competenze, l’accelerazione nel recupero di informazioni e produzione di testi. In pratica, potenzierebbe le abilità personali grazie a suggerimenti, alternative e soluzioni proposti in modo collaborativo.

In ambito HR, tra le opportunità spicca il supporto che l’AI generativa può dare nell’onboarding. Permette infatti alle figure junior di entrare nella storia dell’azienda, rintracciare contenuti e trovare risposta ai propri dubbi in modo autonomo. 

Di contro, le aziende sottolineano anche i possibili limiti, legati a errori e allucinazioni. Questa conferma da un lato l’importanza della revisione umana, dall’altro il senso di frustrazione e disorientamento per chi si trova di fronte a contenuti apparentemente corretti che, in realtà, non hanno senso nel contesto o non fanno fede alle fonti di riferimento.

Competenze trasversali per governare l’AI

Per gestire correttamente la relazione uomo-macchina serve quindi formazione adeguata su meta-competenze trasversali come critica, interpretazione e gestione degli output generati, oltre a percorsi personalizzati in base al ruolo e al contesto, sottolinea la ricerca di Gi Group con Microsoft. Da un punto di vista specialistico, poi, c’è una evoluzione delle skill tecniche: tra le più richieste Python, Machine learning, Programming, Natural Language Processing, Engineering, Deep Learning e Structured Query Language.

Conferma questo trend di interesse e curiosità per le potenzialità della GenAI anche l’ultimo Randstad Workmonitor. Oltre 4 lavoratori su 10 in Italia (43%) vogliono comprendere meglio l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale, con un incremento di interesse dell’8% rispetto all’ultimo anno.

L’Italia si posiziona 5 punti sopra la media europea e 3 punti sopra quella globale con quello che è il principale bisogno formativo del momento. Chiedono di saperne di più i lavoratori over 55 (50%) e quelli della dalla Generazione Z (43%), seguiti da GenX (42%) e Millennials (36%). Non solo, ma il 38% dei lavoratori lascerebbe l’azienda se non avesse l’opportunità di apprendimento su temi dell’AI.

«L’utilizzo di sistemi di Intelligenza Artificiale, in particolare quelli di GenAI basati su Large Language Model, richiede sia competenze tecnico-analitiche, sia competenze umanistiche (comunicative, creative ed etiche). Queste ultime sono sempre più necessarie per integrare, in modo responsabile e strategico ai flussi lavorativi, strumenti basati sulla comprensione e l’analisi del testo. Sono poi fondamentali, certamente, anche soft skill come la learning agility, ovvero la propensione all’apprendimento continuo», afferma Fabio Costantini, amministratore delegato Randstad HR Solutions e Consigliere di Fondazione Randstad AI & Humanities.

Più efficienza con il collega virtuale

A sua volta, un nuovo report di Access Partnership, in collaborazione con AWS (Amazon Web service), evidenzia che quasi 4 lavoratori su 10 (39%) stimano già un miglioramento dell’efficienza grazie all’utilizzo della GenAI. E a loro volta le aziende sono disposte a riconoscere salari più alti fino al 30% ai professionisti con competenze AI.

ùEntro il 2028 infatti l’86% delle aziende adotterà strumenti AI, con impatti significativi su IT (82%), ricerca e sviluppo (78%) e finanza (77%). Tuttavia, il 71% delle imprese non ha ancora strategie di formazione chiare e l’80% segnala difficoltà nel reperire professionisti qualificati. Questa ricerca ha coinvolto oltre 6.500 dipendenti e 2.000 datori di lavoro in Francia, Germania, Spagna e Regno Unito.

Skill First: tutti pazzi per l’intelligenza artificiale generativa - Ultima modifica: 2025-03-17T12:58:11+01:00 da Gaia Fiertler