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Pagare riscatti ai cybercriminali non è una strategia per la data protection

Il Ransomware Trends Report 2022 di Veeam rivela che il 76% delle aziende ammette di aver pagato un riscatto ai criminali informatici, mentre un terzo non riesce a recuperare i dati.

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Nicoletta Buora

Il Ransomware Trends Report 2022 di Veeam  rivela che il 76% delle aziende ammette di aver pagato un riscatto ai criminali informatici, mentre un terzo non riesce a recuperare i dati.

Dalla ricerca risulta anche che i cybercriminali riescono a criptare in media il 47% dei dati di produzione e le vittime sono in grado di recuperare soltanto il 69% dei dati coinvolti.

“Pagare i criminali informatici per ripristinare i dati non è una strategia per la data protection: non c'è alcuna garanzia di recupero dei dati, i rischi di danni alla reputazione e di perdita di fiducia dei clienti sono elevati e, soprattutto, si alimenta e si premia l'attività criminale”, è questo il commento di Danny Allan, CTO di Veeam Software, specializzata nelle soluzioni di backup, ripristino e data management per la Modern Data Protection

Un report unico, focalizzato sul Ransomware

Il Veeam 2022 Ransomware Trends Report rivela i risultati di un sondaggio condotto da una società di ricerca indipendente che ha coinvolto 1.000 leader IT le cui aziende sono state attaccate con successo da ransomware almeno una volta negli ultimi 12 mesi.

Il report, primo nel suo genere, esamina i principali insegnamenti tratti da questa tipologia di attacchi, il loro impatto sugli ambienti IT e le misure adottate per implementare strategie per la Modern Data Protection che siano in grado di garantire la continuità aziendale.

La ricerca ha intervistato specificamente quattro figure IT (Ciso, professionisti della sicurezza, amministratori di backup e operazioni IT).

Le aziende stanno perdendo la battaglia contro il ransomware

Dall report emerge che il 72% delle aziende ha subito attacchi parziali o completi ai propri archivi di backup, con un impatto drammatico sulla capacità di recuperare i dati senza pagare il riscatto.

L'80% degli attacchi andati a buon fine ha preso di mira vulnerabilità note, sottolineando l'importanza di applicare patch e aggiornare il software e quasi tutti gli aggressori hanno tentato di distruggere i repository di backup per disabilitare la capacità di recupero dei dati senza pagare il riscatto.

Tra le aziende intervistate, la maggior parte (76%) ha pagato il riscatto per porre fine a un attacco e recuperare i dati. Sfortunatamente, mentre il 52% ha pagato ed è riuscito a recuperare i dati, il 24% non è stato in grado di recuperare alcun dato nonostante il pagamento.

È possibile recuperare i dati senza pagare il riscatto?

Il report rivela anche che il 19% delle aziende non ha pagato alcun riscatto perché è riuscito a recuperare i propri dati. È a questo che deve aspirare il restante 81% delle vittime informatiche: recuperare i dati senza pagare il riscatto.

“Uno dei tratti distintivi di una solida strategia per la Modern Data Protection è l'impegno ad adottare una politica chiara secondo la quale l'azienda non pagherà mai un riscatto, ma farà tutto ciò che è in suo potere per prevenire, rimediare e recuperare,” ha aggiunto Allan.

“Nonostante la minaccia pervasiva e inevitabile del ransomware, l'idea che le aziende siano impotenti di fronte ad esso non è sempre vera. Educate i dipendenti e assicuratevi che pratichino un'igiene digitale impeccabile; eseguite regolarmente test rigorosi delle soluzioni e dei protocolli di protezione dei dati; create piani dettagliati per la continuità aziendale che preparino i principali stakeholder agli scenari peggiori”.

La prevenzione richiede la collaborazione dell'IT e degli utenti

La superficie di attacco per i criminali è molto ampia. Il più delle volte i cybercriminali hanno avuto accesso agli ambienti di produzione attraverso utenti che hanno cliccato su link dannosi, visitato siti web non sicuri o risposto a messaggi di phishing, sottolineando quindi come sia possibile evitare molti incidenti.

Una volta ottenuto l'accesso all'ambiente IT, non si rilevano grandi differenze nei tassi di infezione tra i server dei data center, le piattaforme degli uffici remoti e i server ospitati nel cloud.

Nella maggior parte dei casi, gli intrusi hanno sfruttato vulnerabilità note, tra cui quelle dei sistemi operativi e degli hypervisor più comuni, delle piattaforme Nas e dei database server, senza lasciare nulla di intentato e sfruttando qualsiasi software senza patch o, più semplicemente, obsoleto.

Infine, i tassi di infezione significativamente più alti sono stati riportati dai professionisti della sicurezza e dagli amministratori di backup, rispetto alle operazioni IT o ai Ciso, evidenziando come coloro che sono più vicini ad un problema, riescono a vederlo con più chiarezza.

Pagare riscatti ai cybercriminali non è una strategia per la data protection - Ultima modifica: 2022-05-23T10:28:31+02:00 da Nicoletta Buora