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Nanotecnologie, il futuro è in Veneto

A otto anni dalla sua fondazione, Veneto Nanotech potenzia le proprie infrastrutture, inaugurando a fine 2010 un nuovo laboratorio e acquisendo apparati molto avanzati. Quali sono i vantaggi per le imprese del Nord Est? Ne abbiamo parlato con Nicola Trevisan, amministratore delegato della società

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Valeria De Domenico

Ancora una volta e con piacere ci troviamo a parlare di eccellenze. Perché si dibatte tanto di Ricerca e Sviluppo, ma come fattivamente si possano promuovere queste attività, vitali per la sopravvivenza della nostra industria e per il prosperare della nostra economia, non è chiaro neppure a chi fa i proclami.
Un modo è sicuramente quello di rendere accessibili per le aziende tecnologie, apparecchiature e know how di altissimo livello, creando strutture aperte, integrate nel territorio, interfacciate con il mondo accademico e ben attrezzate: strutture che, inserite all'interno di un tessuto industriale fertile, possono fare la differenza e promuovere processi di crescita costante.
Un esempio di come questa via possa essere battuta con successo è Veneto Nanotech, società nata nel 2003 con l'intento di sovrintendere all'intera organizzazione e al coordinamento del distretto delle nanotecnologie. Forte di un ampio partneriato che comprende vari istituti universitari come la Ca' Foscari di Venezia, le Università degli studi di Padova e Verona, parecchie organizzazioni commerciali e industriali e diversi enti pubblici, fra tutti la Regione Veneto, promotrice dell'iniziativa, Veneto Nanotech è stata in questi anni testimone e protagonista di un'imponente crescita del settore delle nanotecnologie.
Non a caso lo scorso dicembre è stato inaugurato, a Rovigo, Ecsin (acronimo che sta per European Center for the Sustainable Impact of Nanotechnologies), il primo laboratorio in Italia che si occupa di studiare l'impatto delle nanotecnologie su salute, ambiente ed etica sociale. Il Laboratorio è complementare alle altre due strutture del Distretto, ossia Nanofab, operativa dal 2005, e LaNN, Laboratorio di Nanofabbricazione, che sta completando gli allestimenti proprio in questi giorni sotto la supervisione di Filippo Romanato (vedi box all'interno dell'articolo, ndr).
Incuriositi da questo esempio d'imprenditoria intelligente, abbiamo incontrato Nicola Trevisan, amministratore delegato di Nanotech e a lui abbiamo chiesto come funziona il loro lavoro.
“I rapporti che legano Veneto Nanotech alle aziende si svolgono secondo vari modelli: a volte siamo noi a proporre determinate idee, ma nella maggior parte dei casi è l'azienda che a fronte di un problema ci chiede di approfondire dei temi”, dice Trevisan. “Succede che tecnici dei clienti entrino nei nostri laboratori e lavorino a stretto contatto con i nostri ricercatori, o invece che siano i nostri ingegneri che si trasferiscono presso l'azienda e lì sviluppano la soluzione idonea al problema sottoposto. Fondamentale per noi è la ricerca orientata, ossia mirata a sviluppare una certa tecnologia propedeutica al trasferimento tecnologico. Quindi all'interno di ciascun laboratorio abbiamo sviluppato delle aree di conoscenza che sono la fucina dove la ricerca si rinnova e anticipa il mercato”. I Laboratori sono tre. LaNN è focalizzato sulle nano-fabbricazioni, l'attività più tecnologicamente avanzata del distretto: nano-fabbricazione di dispositivi per l'industria dell'energia, per le telecomunicazioni, per la sensoristica agroalimentare, biomedicale e ambientale e per i processi produttivi innovativi. Nanofab è specializzato nell'ingegneria delle superfici e, quindi, al suo interno si  modificano le proprietà dei materiali attraverso varie tecniche, per applicazioni che vanno dalla meccatronica, all'industria delle materie plastiche, al packaging, allo sport system.
Infine, Ecsin accompagna lo sviluppo delle nanotecnologie attraverso un'analisi dell'impatto che i materiali contenuti nei prodotti industriali possono avere sulla salute e sull'ambiente. “Ad esempio, stiamo conducendo uno studio sulle nanoparticelle di argento che sono presenti in più di 300 prodotti in commercio e lo scopo non è tanto quello di rilevarne i profili di tossicità, quanto quello di aumentare la capacità antibatterica e antimicrobica, quindi migliorarne le caratteristiche e le performance”.

I vostri referenti principali sono le imprese del territorio, ma avete rapporti forti e continui anche con l'estero...
La rete di rapporti, che si dipanava inizialmente all'interno del Veneto, si è col tempo allargata e stiamo avviando progetti con aziende di tutta Italia e con soggetti in Giappone, negli Stati Uniti e in Europa.

Che peso può avere la presenza di un polo tecnologico altamente specializzato, nello sviluppo di un'area già fortemente industrializzata come il Veneto? Che peso ha avuto in questo frangente di recessione economica?
Il peso di una realtà come Veneto Nanotech può essere importante, per almeno tre ordini di motivi: innanzitutto come supporto alla crescita del contesto produttivo esistente, poi come stimolo alla nascita di start+up e spin-off che sfruttano la possibilità di avere facile accesso a competenze di alto livello nel campo delle nanotecnologie, infine, quale catalizzatore di investimenti, sia dall'Italia che dall'estero. Nel periodo di crisi, infatti, noi abbiamo registrato un continuo incremento di contatti. Dalle aziende più avvedute i cali di produzione sono stati colti come occasione per dedicare tempo alla ricerca di nuove soluzioni per i prodotti e di nuove vie di sviluppo per il business.

Il trend per le nanotecnologie è quindi di crescita...
In generale sì, anche se va detto che oggi il nostro settore subisce, come tutti i settori della Ricerca, le conseguenze di una politica ministeriale poco mirata. Mentre a livello regionale si sono fatti parecchi sforzi per convogliare quante più energie possibile sulla ricerca, non possiamo rilevare da parte del Governo nazionale uguale determinazione neppure nel tutelare gli investimenti indispensabili. In Francia sono state appositamente cedute quote di società a partecipazioni pubblica per destinare alla Ricerca i ricavi: questo potrebbe essere un modello da prendere in considerazione.

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Al cuore della ricerca
Filippo Romanato, docente di Fisica presso L'Università di Padova e direttore del LaNN ci ha descritto l'attività svolta all'interno del suo laboratorio.

“Il LaNN è nato con l'intento di sviluppare metodi per far comunicare il mondo degli oggetti nanometrici, atomi e molecole, con quello ordinario delle nostre percezioni, allo scopo di liberare il potenziale innovativo delle nanotecnologie.
Ha in dotazione un'ampia gamma di strumenti per la progettazione e produzione di nanotecnologia, macchine all'avanguardia che permettono letteralmente di scolpire la materia a livello nanometrico, cioè dimensioni molecolari.
Punta di diamante del LaNN è l'Ebl, un sistema di litografia a fascio elettronico che utilizza un fascio di elettroni per impressionare una superficie ricoperta con un particolare materiale, detto resist, il cui vantaggio, rispetto alla litografia ottica, consiste nel poter aggirare il limite imposto dalla diffrazione.
Questo strumento, unico nel panorama italiano in grado di azzerare lo svantaggio del nostro Paese in questo settore rispetto alle altre nazioni europee, permette di disegnare le strutture e i dispositivi con dimensioni confrontabili con quelle delle molecole. È uno strumento fondamentale perché si pone alla base di tutto il processo produttivo dei dispositivi permettendo di realizzare quei nano-stampi da utilizzare poi per i sistemi di produzione industriale dei dispositivi stessi.
In questi anni il mercato ha mostrato particolare interesse nei confronti dei lab-on-chip,  sensori le cui applicazioni più significative saranno nel campo biomedicale, della genomica alla rivelazione subcutanea, nel campo agroalimentare per il controllo degli Ogm o delle tossine, nel campo ambientale per la rivelazione di gas e agenti patogeni. Il loro sviluppo avrà importanti ricadute anche sui processi produttivi.
Altro focus è la plasmonica, ovvero quel settore dell'ottica che studia l'interazione della luce con strutture metalliche di dimensioni inferiori alla lunghezza d'onda. Questi studi consentono di far propagare la luce in circuiti ottici di dimensioni confrontabili o addirittura inferiori a quelle dei circuiti elettronici integrati, aprendo possibilità sconfinate nella nuova branca dell'optoelettronica.
L'impiego della plasmonica nella nanoscienza consente la realizzazione inoltre di rivoluzionarie strutture, comunemente definite come meta-materiali, non esistenti in natura che presentano proprietà sbalorditive come l'indice di rifrazione negativo. Questi metamateriali possono anche dar luogo alla trasmissione straordinaria della luce, un fenomeno in cui la luce viene incanalata per effetti plasmonici in fori di dimensione nanometrica. Questa variegata e inedita fenomenologia apre la strada a molteplici applicazioni alcune delle quali potranno diventare rivoluzionarie come lenti a super-risoluzione di oggetti vicini e 'mantelli elettromagnetici' per l'invisibilità. Per ora molti degli studi di base e delle prime applicazioni sono stati sfruttati con successo nel campo sensoristico e l'esperienza accumulata in questo campo potrà essere sfruttata per affrontare la problematica dell'assorbimento nelle celle solari e quindi la riduzione dello spessore di materiale attivo necessario per il completo assorbimento della luce incidente sulla cella”.

Nanotecnologie, il futuro è in Veneto - Ultima modifica: 2011-04-06T16:52:49+02:00 da Lucia Favara