Oggi anche le pmi possono sfruttare i vantaggi dell’intelligenza artificiale sui temi caldi dei consumi energetici, dell’approvvigionamento e del magazzino, pur non avendo le risorse di una grande azienda, né una Roadmap digitale a medio-lungo termine. Questo è possibile grazie alla “Composable AI”, di cui parliamo con Davide Montanari, Analytics Translator di Ammagamma.
Che cos’è la Composable AI (Artificial Intelligence)?
È una tendenza emergente che calza molto bene sulle pmi. In pratica, si tratta di soluzioni di intelligenza artificiale componibili, associabili e assemblabili man mano che il quadro delle opportunità e delle esigenze aziendali si fa più chiaro. In questo modo si entra nella realtà delle piccole e, a volte, medie imprese italiane che non hanno mentalità, tempo e risorse per fare piani progettuali più ampi di trasformazione digitale. Intanto, però, gli si fa scoprire che un po’ di matematica applicata può portare benefici in azienda, partendo da problemi puntuali.
La pressione dei costi energetici è una occasione golosa per dimostrare che si possono fare risparmi intelligenti con l’AI?Assolutamente sì, i costi energetici sono stati spesso considerati un male necessario, ma ora che si sono decuplicati ed è a rischio la sopravvivenza stessa dell’impresa, anche perché ci sarà un assestamento nei prossimi anni, ma con una stabilizzazione dei prezzi intorno al raddoppio rispetto al 2020. Un investimento in software che prevedano componenti di Intelligenza artificiale applicati ai consumi allora può davvero fare la differenza, con risparmi misurabili e un ritorno sull’investimento (Roi) già in 6-10 mesi.
Non sono più lunghi i tempi del Roi negli investimenti in digitale?
Con l’AI componibile no, perché si agisce sul miglioramento di criticità concrete e immediate. A condizione, però, perché non si riduca a un intervento spot, di dotarsi di un software dinamico, personalizzabile e via via integrabile con successive applicazioni. L’obiettivo è disporre di un software “su misura”, che non sia blindato, monolitico, non interfacciabile con altri sistemi né estendibile a successive esigenze. Per ottenere questo risultato bisogna scegliere un provider che abbia un approccio consulenziale e non solo di vendita del prodotto. Il concetto di personalizzazione deve far parte dell’approccio stesso del fornitore: prendere per mano la piccola azienda che ha un altro core business rispetto alla tecnologia e, man mano che emergono esigenze su cui l’AI può portare valore aggiunto, “comporne” le funzionalità, sfruttando tecnologie già ingegnerizzate.
Esempi concreti?
Rispetto ai consumi energetici si può partire, per esempio, dall’analisi delle bollette e monitorare che non ci siano anomalie nel calcolo delle spese e, in tal caso, verificare che non si tratti di errori, perché le bollette di luce e gas sono sempre complesse da leggere. Altre anomalie si possono riscontrare nei consumi energetici dei macchinari e, sulla base di previsioni statistiche, individuare dove i consumi siano stranamente aumentati e apportare le “correzioni” che servono. Gli algoritmi e le reti neurali, infatti, non si limitano a restituire una fotografia dell’esistente e a dare degli allarmi a soglia fissa, ma suggeriscono scenari differenti per risparmiare sui consumi. Per esempio, sono molto utili nella manutenzione predittiva, prevedendo per tempo gli interventi da fare. Nel settore ceramico abbiamo constatato che prevedere il degrado di potenza di sistemi cogenerativi può portare all’efficientamento delle soste manutentive, perché vengono programmate sulla base dell’effettiva resa del sistema, aumentando la rendita dell’investimento fino al 2% per una data potenza installata. Oppure la previsione dello sporcamento dei pannelli fotovoltaici può minimizzare la rottura di stringhe e inverter e ottimizzare il costo/beneficio della pulizia superficiale, aumentando la resa degli impianti fino al 5%. In ambito logistico, in una società della multiutility Hera si è intervenuti sulla pianificazione dei percorsi e una ottimizzazione delle squadre di manutenzione, con una riduzione dal 10% al 15% dei chilometri percorsi a parità del servizio erogato, con un notevole risparmio di carburante. Nell’ambito dei Bems (Building Energy Management System), poi, si possono adottare dei controllori predittivi (algoritmi di AI adattivi) che, in maniera automatica e supervisionata, gestiscono la climatizzazione degli edifici, sfruttando la previsione delle condizioni climatiche esterne e l’inerzia termica degli edifici. Nel settore bancario, per esempio, hanno portato impatti significativi di ottimizzazione energetica (13%) e nella Gdo dal 10% al 20%, rispetto a una gestione “per fasce orarie” preimpostate. Il risparmio economico può arrivare fino al 30%, con l’acquisto spot di energia elettrica.
Oltre a queste applicazioni specifiche, si può intervenire sui consumi dell’intero processo produttivo?
Certo, man mano che si estende l’AI alla fabbrica, si può avere un impatto diretto con risparmi energetici fino al 30%, ottimizzando la pianificazione complessiva di tutte le fasi produttive e considerando i consumi energetici di ogni apparato per una specifica lavorazione. In questo modo si usano, per ogni fase, quelli che consumano di meno, a parità di risultato finale. Ciò è possibile anche nelle Pmi, dove il consumo di energia diventa una delle cosiddette “funzioni obiettivo” del programma di ottimizzazione. Oggi, prevedere i consumi grazie a un supporto digitale aiuta a definire meglio i budget e ad acquistare l’energia a prezzi migliori da fonti diverse, perché solo le grandi aziende hanno l’Energy manager che si occupa di questi aspetti.
L’AI è a supporto delle decisioni, quindi, e come si fa se mancano le competenze per interpretare i suggerimenti dei software?
L’AI migliora le cose, ma bisogna creare un know-how interno, direttamente sulle figure che gestiscono i processi di business, per avere capacità di discernimento sia rispetto agli strumenti più adatti, sia per capitalizzarli. Bisogna quindi agire su formazione interna e assunzioni mirate. Il sistema economico oggi è sempre più complesso, non basta avere l’idea giusta, bisogna anticipare i cambiamenti partendo dai dettagli tecnici che regolano ogni singolo processo. Per la pmi non sto parlando di figure super specialistiche, come un data scientist che è una figura difficile da assumere e trattenere, ma figure di raccordo, come un Innovation manager, che sappia coinvolgere e sensibilizzare il business e che disponga di un proprio budget e libertà di manovra sugli applicativi dell’azienda. Oggi il credito d’imposta su investimenti in digitale incoraggia sia l’acquisto di strumenti e macchinari, sia la formazione per aiutare l’adoption delle nuove tecnologie.
Qualche esempio di impatto dell’AI sul business?
Per esempio, una figura competente che riporti alla produzione può dare suggerimenti che impatteranno sul risparmio negli approvvigionamenti, sui tempi e sulla velocità di risposta al mercato. Nel caso di CirFood di Reggio Emilia, grazie a una soluzione di demand forecasting (pianificazione delle domanda) e di inventory optimization (ottimizzazione degli ordini), si è avuta una riduzione del 15% dei rifiuti alimentari, 111 tonnellate di stoccaggio medio, +94% di referenze monitorabili e un aumento del 56% delle performance di previsione della domanda, con impatti positivi sulla gestione complessiva dei processi e un incremento di efficacia e tempestività di reazione alle esigenze di mercato. In conclusione, l’AI garantisce più velocità e qualità nella presa di decisioni, a patto che ci siano le competenze digitali che servono per adottarla, perché se no lo strumento resta un costo e non un investimento.