HomeProcess AutomationEfficienza energetica e SostenibilitàGreen Ex-Machina: progettare la sostenibilità con l’aiuto digitale

Green Ex-Machina: progettare la sostenibilità con l’aiuto digitale

Essere sostenibili fin dalla progettazione e dalla produzione di macchine e prodotti è possibile, come dimostrano i casi di manifattura industriale presentati al primo incontro del think tank italiano “Green Ex-Machina”, voluto da Miraitek4.0 e MyChicJungle.

Leggi la rivista ⇢

  • n.305 - Settembre 2022
  • n.304 - Luglio 2022
  • n.303 - Giugno 2022

Ti potrebbero interessare ⇢

Gaia Fiertler

Integrare la sostenibilità nella strategia aziendale con il supporto delle tecnologie digitali: questa la sfida e l’opportunità per la manifattura italiana. Questo il filo conduttore del primo incontro del think tank italiano “Green Ex-Machina”, ideato e organizzato a Milano, nella sede di BPM, da Miraitek4.0 e MyChicJungle.

«Dopo un anno e mezzo di collaborazione al fianco delle imprese, abbiamo deciso di offrire insieme un ulteriore strumento per supportare il fondamentale passaggio a una produzione digitale e sostenibile: un laboratorio di idee, ricerca e strategia a livello nazionale, con l’obiettivo di mettersi in relazione e confronto con il tessuto industriale italiano e fare sistema», afferma Jacopo Moschini, cofondatore di MyChicJungle.

Jacopo moschini green ex machina 2023
Jacopo Moschini

Imprese costruttrici di macchine utensili e loro utilizzatrici hanno testimoniato gli effetti positivi e misurabili dei processi di digitalizzazione sulla sostenibilità. Una sostenibilità intesa a tutto tondo, secondo i criteri ESG (Environmental, Social and Governance), ossia ambientale, sociale e di governance. È dunque possibile far combaciare ottimizzazione dei processi con raccolta e analisi dei dati, bilanci aziendali e sostenibilità?

«Sì, bisogna ribaltare la prospettiva e non avere più un atteggiamento difensivo nei confronti della sostenibilità, spesso intesa come vincolo e adempimento. Ormai consumatori, nuove generazioni e aziende/clienti richiedono comportamenti responsabili e certificabili, con prodotti e imprese di classe A. Di conseguenza, finalizzare l’innovazione tecnologica al supporto di scelte sostenibili diventa un vantaggio competitivo anche per le imprese manifatturiere», spiega Marco Taisch, cofondatore di Miraitek4.0.

Già quasi un'azienda su due ha impatti sostenibili

Marco-Taisch-Presidente-di-MADE-Competence-Center-Industria-4.0
Marco Taisch

Consumi energetici, scarti e rifiuti, emissioni e salute e sicurezza dei lavoratori sono i Kpi più misurati finora, secondo l’Osservatorio Transizione Industria 4.0 del Politecnico di Milano. Quasi una su due delle aziende manifatturiere del campione (175) ha introdotto progetti dedicati. Il 15% li ha già conclusi, rendendo più sostenibili Operations e Logistica. Il 30% li ha ancora in corso, registrando già una riduzione dell’impatto. Un ulteriore 19%, invece, non coglie ancora i benefici delle iniziative avviate e il restante terzo del campione non ha ancora iniziato un percorso di sostenibilità.

Le tecnologie digitali svolgono un ruolo abilitante in tutti questi progetti, con la presenza di almeno una a supporto di ciascuno di quelli avviati. In particolare Intelligenza artificiale (AI), Big Data Analytics e Cloud guidano la sostenibilità ambientale. «Tutta la catena del dato supporta l’analisi dell’impatto ambientale, dalla raccolta dei numeri agli algoritmi per ottenere informazioni utili per prendere decisioni», spiega Elisa Negri, Senior Assistant Professor del Dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano.

Per la governance, ossia per la parte di sostenibilità economica, oltre all’analisi dei dati sono di utilità tecnologie di simulazione e blockchain. La prima dà la possibilità di simulare in anticipo scenari diversi. La seconda dà garanzia del dato trattato e comunicato, creando fiducia tra gli stakeholder. Questo è un modo per superare le cosiddette operazioni di “Green washing”, ossia solo di facciata. L’impegno delle aziende responsabili è infatti quello di dimostrare e attestare la propria riduzione di emissioni e consumi. Una leva fondamentale per essere efficaci in questo è disporre di dati ben raccolti e certificabili. Infine, per l’impatto sociale oltre a Big Data e Cloud vengono segnalati i cobot, robot che collaborano con gli operatori, migliorandone le condizioni di lavoro.

Spinta e freni alla sostenibilità

Le principali motivazioni che spingono a intraprendere percorsi di sostenibilità sono le richieste dei consumatori e il poter giocare d’anticipo sulle tendenze di mercato (24%). Poi c’è chi vuole anticipare leggi e regolamenti (13%) e chi lo fa per costruirsi una reputazione come brand sostenibile (19%). Uno su 4 investe per allineare le Operations alle strategie di sostenibilità aziendale. Solo il 14% lo fa per motivi ambientali di mitigazione del cambiamento climatico. Infine, secondo questo campione, al momento solo l’8% troverebbe la spinta nelle pressioni della filiera (B2B), soprattutto da parte dei clienti: “Quanta CO2 mi dai?”.

Le resistenze maggiori sono ancora di carattere culturale (22%), ma incidono anche leggi complicate sulla gestione dei rifiuti (18%). A seguire, pesa la mancanza di chiarezza sui benefici attesi (17%) e Kpi che colleghino la performance sostenibile all’impatto economico (16%). «Questi fattori meritano riflessioni urgenti su come facilitare il percorso degli imprenditori», raccomanda Elisa Negri.

Macchine con sistemi intelligenti per consumare meno

La produzione delle macchine utensili, per cui siamo quarti al mondo, non è nuova all’utilizzo dei dati, introdotti negli anni Settanta con l’automazione industriale. Così, oggi, le soluzioni digitali sono già spesso integrate nell’offerta di macchinari dei nostri produttori.

«Ora come allora è un momento favorevole per i costi bassi delle tecnologie. Accanto alla catena tradizionale di processo, prodotto e sistema, abbiamo una catena digitale dei dati: valore aggiunto per la filiera anche a fini di sostenibilità. Penso, ad esempio, alle centraline idrauliche digitali o ai motori di ultima generazione, che consumano meno. Penso all’ottimizzazione dei materiali impiegati e alla massima efficienza produttiva grazie all’uso integrato dei dati (OEE, Overall Equipment Effectiveness). Un nodo ancora critico, invece, è la manutenzione predittiva, che allungherà la vita ai macchinari, ma per ora è molto complessa da raggiungere. Così come il concetto di servitizzazione delle macchine», commenta Barbara Colombo, presidente di Ucimu e amministratore delegato di Ficep.

La servitizzazione è una nuova frontiera per l’industria e molti investimenti tecnologici stanno andando in quella direzione, con l’obiettivo di vendere servizi più che macchine. «Si tratta di una rivoluzione copernicana, non vendere più la macchina, il bene strumentale, ma la sua produttività. Il cliente paga per l’effettivo consumo e la manutenzione resta in capo al proprietario-produttore della macchina stessa. Questo nuovo modello di business presuppone la completa digitalizzazione di ogni punto di contatto tra fornitore e cliente, con effetti anche sui modelli organizzativi. Come passaggi si parte dalla raccolta strutturata dei dati che poi si analizzano con i clienti. Da quello che emerge si iniziano a fornire i primi servizi a valore aggiunto, tra cui la manutenzione preventiva con il digital twin dei macchinari, che vengono ripensati anche in base alle esigenze di flessibilità dei clienti», spiega Francesco Ferri, Ceo di Gellify.

Meno emissioni con sensori e algoritmi

Scm Group, azienda italiana che produce 22mila macchine all’anno per la lavorazione del legno, ha introdotto soluzioni digitali con un risparmio energetico fino al 20%. Si riducono i consumi durante lo stand-by della macchina e, con sensori e algoritmi, si rendono più mirate le operazioni, tra cui aspirare gli sfridi, che è energivoro e rumoroso.

«In questo modo si riducono i tempi, i consumi, gli sfridi e l’energia dissipata viene recuperata per l’impianto. Ma in un approccio complessivo alla sostenibilità, abbiamo lavorato sui sensori stessi e li abbiamo ridotti allo stretto necessario. Grazie al digitale registriamo in tempo reale i consumi della macchina presso il cliente e questo consente anche di misurare e certificare l’impronta fossile. Grazie alla connettività delle macchine possiamo inoltre dare un servizio migliore, fare diagnosi più tempestive e interventi più rapidi da remoto con gli smart glass. Questo si traduce anche in meno viaggi e meno emissioni. La criticità per noi è gestire in contemporanea migliaia di macchine con più variabili, l’AI ci sta aiutando ma le vanno ancora affiancati tecnici esperti», racconta Eloisa Carlini, responsabile qualità e sostenibilità di Scm Group.

Tecnologie a supporto dell’economia circolare

Il futuro prossimo sarà di “sustainability by design”, ossia di progettare macchine, componentistica e prodotti già in ottica di recupero della materie prime critiche e con il minor impatto possibile lungo il ciclo di vita, sfruttando al massimo anche le tecnologie digitali.

Per esempio, in un sistema di automazione industriale se il gruppo di trattamento aria è “intelligente” evidenzia anomalie e perdite durante il processo, con interventi tempestivi da remoto grazie alla realtà aumentata sia per individuare il guasto, sia per sostituire il pezzo, che sarà stampato in loco con l’additive manufacturing.

«In pratica, con le tecnologie digitali lungo le varie fasi dei processi industriali diamo una risposta più veloce al cliente e impattiamo meno», commenta Fabio Benetti, Ceo di Osai Automation Systems. Gli stessi sistemi di automazione possono essere di supporto all’economia circolare, Osai Green Tech, per esempio, è la società benefit del Gruppo, che ha sviluppato una tecnologia brevettata (Re4M- Recyclyng for manufacturing) per l’estrazione e la selezione automatizzata, dalle schede elettroniche, dei metalli critici preziosi per rimetterli in circolo come materie prime seconde.

Fare sistema per innovare

Propone una visione di sostenibilità a più ampio raggio Riccardo Cavanna, presidente di Ucima, l’associazione dei produttori di macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio. «Nel packaging non c’è solo un tema stretto di impatto ambientale, ma di funzione propria dell’involucro, che è la conservazione integra e il più a lungo possibile dell’alimento o del farmaco. In questo modo si evitano sprechi alimentari e si garantiscono i parametri di sicurezza, anch’essi aspetti primari di sostenibilità. Poi certo dovremmo fare sistema per innovare sempre di più macchine e materiali. Ridurre il più possibile l’utilizzo di materiale e di imballaggi e permetterne più volte possibile il riutilizzo circolare, a parità di prestazione e sicurezza».

Una proposta di “sistema” è data dal Lighthouse Plant sull’Acciaio 4.0 Ori Martin Tenova che, selezionato dal Cluster Fabbrica Intelligente, riunisce gli sforzi di Ori Martin, azienda bresciana che produce acciai speciali per l'automotive e per la meccanica, e Tenova, società del Gruppo Techint, specializzata in soluzioni di ingegneria per l’industria metallurgica e mineraria.

Attraverso Tenova IIoT Platform, tutti i macchinari sono collegati e si sfruttano i dati grazie a sistemi di machine learning. Il progetto è in continua evoluzione per rendere Ori Martin una Smart Factory a tutti gli effetti.

«La siderurgia ha sempre raccolto dati, l’acciaio è fortemente riciclabile e senza perdere le sue proprietà originali nei ripetuti successivi utilizzi. Le nuove tecnologie però ottimizzano ulteriormente i processi e l’analisi del ciclo di vita. Ora possiamo calcolare le emissioni anche del singolo lotto produttivo in modo dinamico», spiega Enrico Malfa, Director of Research and Development di Tenova. Al momento il progetto con Tenova prevede un sistema di tracciamento del singolo camion di rottame e la restituzione di tutte le informazioni su tablet.

«Noi siamo già particolarmente soggetti a norme e controlli. Con le nuove tecnologie digitali, in particolare la gestione delle informazioni su tablet e la robotica collaborativa, che riduce rischi e condizioni ambientali pesanti e ripetitive per gli operatori, stiamo tuttavia riscontrando delle resistenze culturali da parte degli stessi, soprattutto se in età più avanzata», commenta Maurizio Zanforlin, Research and Development Manager di Ori Martin

Anche il tessile ha bisogno della filiera e di un ecosistema più ampio per innovare nei tessuti, materiali e servizi, portando l’attenzione anche sulla riduzione dei consumi e dell’impatto. «Da soli non andiamo da nessuna parte, questo l’abbiamo capito. Per innovare e crescere serve la contaminazione con altre industrie, nel nostro caso con la chimica e le software house. Se ci fossimo fermati al tessile non avremmo raggiunto i medesimi risultati. Grazie a un’app, per esempio, durante la pandemia siamo riusciti a continuare la produzione dei capi su misura per i nostri clienti, prendendo le misure “da remoto”. Innovazione e sostenibilità vanno di pari passo e si influenzano a vicenda», racconta Daniela Ferroni, responsabile ricerca e sviluppo di Grassi, azienda di abbigliamento tecnico salvavita e dispositivi di protezione.

La richiesta di sostenibilità arriva dal mercato

Bidue Eusider produce tubi in acciaio al carbonio con una quota di esportazione dell’80%. Nel loro caso, sono i clienti stessi a richiedere certificazioni sull’origine green del rottame e sulle emissioni di CO2 nel ciclo di trasformazione. «Stiamo realizzando la transizione ecologica sui nostri impianti, con il doppio risultato di aumentare l’efficienza e di ridurre le emissioni. La raccolta dati, infatti, accelera gli interventi dove siamo poco efficienti con effetti anche sui consumi e le emissioni. Al contempo, stiamo portando in azienda una cultura della sostenibilità con progetti di formazione», commenta Gabrio Gaddi, Member of the Board di Bidue Eusider

Richieste ecosostenibili arrivano anche dall’industria calzaturiera. «La nostra sfida è realizzare prodotti che garantiscano almeno le medesime prestazioni di resistenza e comodità, ma con materiali alternativi, come acciaio riciclato, polimeri da riciclo e bioplastiche. Facciamo innovazione continua, procediamo per tentativi ed errori alla ricerca del miglior compromesso possibile tra sostenibilità e performance tecnica. Misuriamo il nostro impatto e usiamo la blockchain per certificare la tracciabilità dei nostri tacchi. Anche con le copie digitali del prodotto aiutiamo la sostenibilità: meno tempi, incontri con il cliente e costi e più efficienza», commenta Davide Carminati, responsabile Ricerca e Sviluppo di Tacchificio Villa Cortese.

Anche il pubblico dei campeggiatori alza l’asticella dell’attenzione contro sprechi e consumi e chiede scelte sostenibili alle strutture ricettive. In particolare, in una struttura di 75 ettari con un parco acquatico con otto piscine e moltitudini di turisti nei mesi estivi, come il Marina di Venezia Camping. «Facciamo un utilizzo consapevole delle risorse: il 5% dell’acqua del parco acquatico viene riutilizzato dal parco. Il resto lo usiamo per i servizi igienici. Inoltre, grazie a sensori e sistemi automatici razioniamo l’acqua della rete idrica, per esempio per innaffiare i prati. Abbiamo subito affrontato l’aumento di rifiuti con l’avvento della consegna a domicilio di alimenti», conclude il direttore generale Luca Gazzo.

Nell’inserto Digital Factory di maggio su Automazione industriale e Automazione integrata, troverete un ampio approfondimento su strumenti pratici e casi di sostenibilità nelle Pmi. 

Green Ex-Machina: progettare la sostenibilità con l’aiuto digitale - Ultima modifica: 2023-04-17T16:24:41+02:00 da Gaia Fiertler