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E-commerce, leva per la crescita delle pmi

L’e-commerce si conferma una priorità per le pmi che vendono on-line, su cui puntare nei prossimi due anni come principale area di crescita. Una fotografia del Politecnico di Milano e Netcomm

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Gaia Fiertler

La pandemia ha accelerato il ricorso all’e-commerce da parte delle pmi italiane che operano nel B2C (business to consumer), con un +10% tra il 2021 e il 2022, raggiungendo quest’anno una percentuale del 57%. La maggioranza delle piccole aziende che si sono aperte alla vendita online è a conduzione femminile (63%). Sempre le donne sono più orientate ai mercati internazionali (68%), rispetto al 39% di quelle a conduzione maschile.

In ogni caso, oltre una su due di quelle che vendono anche online esportano (52%), superando la media del 30% delle pmi che esportano in modo tradizionale. La metà ha dichiarato che esportare sia diventato più facile dall’inizio della pandemia, mentre per il 40% vale il contrario.

«La pandemia ha impresso un’accelerazione all’utilizzo degli strumenti digitali da parte delle micro e piccole imprese per valorizzare le loro capacità creative e adattive nei loro settori. Gli artigiani e i piccoli imprenditori sono capaci di coniugare con le tecnologie digitali la tradizione, il saper fare, la creatività, il gusto, il fatto su misura, vale a dire le caratteristiche che da sempre fanno grandi nel mondo i prodotti delle imprese italiane a valore artigiano. In particolare, il commercio elettronico è un potente strumento per incrementare le vendite sia all’estero che nei mercati di vicinato».

«La missione del Pnrr dedicata alla digitalizzazione rappresenta quindi una grande opportunità per spingere i piccoli imprenditori in un percorso di sviluppo già avviato, favorendo non soltanto l’upgrade tecnologico, ma anche la formazione e il trasferimento delle nuove competenze, a partire da quelle del titolare», commenta Marco Granelli, presidente di Confartigianato Imprese.

Le priorità: accesso alle info sui mercati esteri, tasse e dazi

Che cosa chiedono ora le pmi per continuare il percorso di innovazione dei canali di vendita? Quali sono gli ostacoli principali che incontrano? Ups, il gruppo internazionale di spedizione pacchi in tutto il mondo, ha condotto un’indagine in collaborazione con Nathan Associates, Confartigianato Imprese, Federvini, Unioncamere e PIN (Polo Universitario Città di Prato dell’Università di Firenze). Sono state intervistate 115 pmi italiane (40% a conduzione femminile, per lo più con una decina di addetti e un negozio fisico e più della metà in affari da oltre 10 anni), tracciando sfide, tendenze e raccomandazioni.

L’e-commerce si conferma una priorità per le pmi che vendono on-line, su cui puntare nei prossimi due anni come principale area di crescita. I problemi che hanno incontrato e incontrano ancora sono le interruzioni della catena di approvvigionamento (46%), una diminuzione del flusso di cassa causa pandemia (55%) e le difficoltà con la conformità ai requisiti imposti dal Covid-19 (53%).

Ma, a livello strutturale, quello che richiedono alle istituzioni è un più facile accesso alle informazioni sui mercati esteri e sul commercio internazionale (40%) e la gestione delle tasse e dei dazi sulle esportazioni (50%). Per una su due infatti le politiche governative a sostegno delle esportazioni di e-commerce sono utili, ma molte potrebbero non essere a conoscenza delle policy e dei programmi disponibili.

Servono quindi strumenti per l’utilizzo dell’e-commerce, per migliorare le competenze e le infrastrutture digitali e per rendere più semplice l’accesso a programmi e risorse. Un maggior impulso potrebbe far cambiare idea anche alle pmi italiane che ancora non sfruttano la vendita online, con un generale disinteresse per i canali digitali: il 42% di queste non ne percepisce i vantaggi e il 28% non li conosce proprio.

Potenziare infrastrutture e cultura digitale

Le richieste emerse dalla ricerca Ups sono confermate anche dall’indagine dall’Osservatorio e-commerce B2C Netcomm-Politecnico di Milano). «Se da una parte, negli ultimi due anni, il processo di digitalizzazione della catena del valore dell’e-commerce ha subito un’accelerazione senza precedenti, al tempo stesso la pandemia ha fatto emergere le carenze infrastrutturali, organizzative e l’assenza di cultura digitale in molte imprese e cittadini», commenta Roberto Liscia, presidente di Netcomm.

«Occorre intervenire con politiche di supporto per creare le necessarie condizioni per la crescita e la competitività del settore, superando la dicotomia della contrapposizione online-offline, per accogliere una visione di tipo sistemico. I consumatori hanno già compreso tale cambio di paradigma, ma anche i servizi commerciali tradizionali colgono nell’e-commerce un prezioso alleato per vendere e proporsi su più canali e piattaforme».

Evolve la catena del valore dell’e-commerce B2C, trainata da nuove esigenze dei consumatori e dall’attenzione alla crescita sostenibile, con forte attenzione per le imprese più avanzate al marketing, alle tecnologie, ai pagamenti, alla logistica e al customer care per migliorare i ricavi, ma soprattutto per contenere i costi con obiettivi di breve, medio e lungo termine.

Inoltre, il cambiamento si traduce nell’implementazione di nuove soluzioni tecnologiche in grado di abilitare un modello di commercio omnicanale, che «tenga conto a 360 gradi delle attività di gestione di un’iniziativa e-commerce: dalla raccolta e utilizzo del dato (CDP), fino alla gestione delle informazioni (PIM, DAM) e degli ordini (OMS)», precisa Valentina Pontiggia, direttrice dell’Osservatorio e-commerce B2C.

E i numeri del B2B?

Solo il 12% delle imprese italiane possiede un sito proprio su cui i clienti possono visionare o acquistare prodotti. Questo strumento, molto più diffuso in ambito B2C, ha però iniziato a interessare anche le imprese B2B a seguito della pandemia. L’e-commerce B2B, inteso come il valore delle transazioni in cui l’ordine viene scambiato in formato digitale, ha raggiunto nel 2021 453 miliardi di euro, +12% rispetto al 2020, pari al 21% delle transazioni B2b totali italiane.

Dopo l’anno della pandemia, l’indicatore riprende a crescere in valore assoluto e aumenta dell’1% la sua incidenza sul fatturato italiano complessivo. Sono 21mila le imprese che nel 2021 hanno utilizzato l’EDI (Electronic Data Interchange), l’interscambio di dati tra sistemi informativi attraverso un canale dedicato e in un formato definito, per scambiarsi i principali documenti del ciclo dell’ordine (+5% rispetto al 2020), per 262 milioni di documenti scambiati (+4%).

Tra i documenti che hanno registrato una maggiore crescita l’ordine, la conferma d’ordine e l’avviso di spedizione. Crescono del 50% rispetto al 2020 le transazioni tramite Marketplace B2B, percentuale in costante crescita negli ultimi 3 anni. Queste piattaforme sono in grado di allargare le relazioni all’intero ecosistema a cui l’azienda appartiene, includendo in un unico spazio virtuale diverse tipologie di attori, provenienti da differenti settori merceologici e geografie.

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Digital B2B della School of Management del Politecnico di Milano. La digitalizzazione in ambito B2B sta attraversando forti cambiamenti. La pandemia ha aumentato la consapevolezza delle imprese rispetto alla necessità di investire in digitale per garantire continuità operativa e aumentare la propria competitività, ma resta ancora bassa la percentuale di imprese che sta puntando in modo deciso sulla digitalizzazione delle relazioni B2B. Sette imprese italiane su dieci (tra grandi realtà e pmi) hanno intenzione di investire in questo ambito, ma appena il 17% investe una quota significativa del proprio fatturato, tra il 2% e il 5%.

Le tecnologie digitali spingono l’ecosistema

Tra le tendenze a livello B2b si evidenzia una forte attenzione al miglioramento della relazione con il cliente business, soprattutto a seguito dell’emergenza pandemica e un sempre più alto interesse verso la valorizzazione dei dati aziendali. Questa esigenza non si sta però ancora tramutando in effettiva azione. Solo un’azienda su cinque ha attivato una collaborazione con i propri clienti, con lo scambio di informazioni strategiche, mentre gran parte delle aziende si limita a uno scambio di informazioni di natura tecnica e/o commerciale, ma ci si sta aprendo all’ecosistema.

«Diverse tendenze stanno guidando il B2B verso logiche di ecosistema. Innanzitutto, si evidenzia la migrazione delle tecnologie abilitanti l’e-commerce B2B da sistemi chiusi generatori di efficienza a strumenti aperti in grado di migliorare l’efficacia e di coinvolgere l’intero ecosistema in cui le imprese sono inserite. Poi lo sviluppo di sistemi capaci di garantire una maggiore automazione di processo, una migliore collaborazione tra attori e un aumento della sicurezza delle transazioni e ancora il commitment a livello europeo nella realizzazione di un sistema unico e armonizzato di fatturazione elettronica che garantisca interoperabilità nello scambio documentale tra Paesi membri.

Queste dinamiche si stanno sviluppando in un contesto cross-settoriale e internazionale che rende necessaria una profonda revisione delle logiche di funzionamento dell’impresa», spiega Paola Olivares, direttore dell’Osservatorio Digital B2B del Politecnico di Milano.

E-commerce, leva per la crescita delle pmi - Ultima modifica: 2022-07-20T15:32:00+02:00 da Gaia Fiertler