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Digital servitization: a che punto è la trasformazione digitale dell’industria manifatturiera del machinery?

Entro tre anni, i servizi di digital servitization saranno determinanti per le decisioni di acquisto di un bene strumentale. Lo pensano il 70% delle imprese italiane del machinery, ma, a oggi, pesano solo l'1%. Il rischio in agguato è la disintermediazione, con l'avvento di nuovi soggetti che realizzeranno margini a svantaggio dei produttori di macchinari. I Dati della ricerca "Digital Servitization nel settore machinery".

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Nicoletta Buora

Oltre il 70% del fatturato delle aziende manifatturiere produttrici di beni strumentali deriva dalla vendita dei macchinari e solo poco più del 25% dai servizi in generale. Ma se consideriamo la nuova frontiera dei servizi connessi in ottica di Digital Servitization, i ricavi scendono drasticamente all’1%, a fronte, però dell’80% delle aziende che offrono questo tipo di servizio. Inoltre, due aziende su tre ritengono i servizi digitali saranno decisivi per il futuro.

Sono questi i risultati di sintesi dell'Osservatorio "Digital Servitization nel settore machinery", progetto di ricerca di Digital Industries World, realizzato in collaborazione con Asap Service Management Forum e le associazioni, Acimac, Acimall, Acimit, Aita, Amafond, Amaplast, Siri, Ucima e Fondazione Ucimu, presentati in occasione del convegno "La Voce del mercato: il futuro dei servizi digitali per le macchine industriali".

Risultati che richiedono commenti e riflessioni sul futuro del comparto e non solo. “Il settore del machinery in Italia sta cambiando pelle grazie alla diffusione del digitale che modifica i contorni delle fabbriche e arricchisce di contenuti e funzionalità le nostre macchine”, ha affermato Bruno Bettelli, presidente Federmacchine, la federazione dell'industria italiana del bene strumentale, che aggrega 15 associazioni di categoria e che ha patrocinato l’evento.

“Un cambio di passo che sta aprendo le nostre imprese anche all'offerta di servizi fino ad arrivare a modelli as-a-service, pay per use e noleggio, declinati ovviamente rispetto alle specificità di settore".

L’industria italiana costruttrice di beni strumentali conta oggi 5100 imprese, 211mila lavoratori e un fatturato che nel 2023 ha sfiorato i 57 mld di euro, con un export che pesa per il 70%. Imprese caratterizzate dalla proprietà familiare, ma con una governance sempre più di stampo manageriale.

Il futuro dei servizi digitali per le macchine industriali

Servitizzazione corso MADE ottobre 2023

Lo studio, condotto su un panel di circa 200 di imprese del machinery restituisce una fotografia del grado di maturità digitale dell'industria italiana del bene strumentale, tra le realtà di riferimento anche a livello mondiale.

“L’Osservatorio Digital Servitization nel settore machinery si è proposto di mappare il panorama attuale, valutando il grado di maturità digitale delle imprese e la traiettoria di sviluppo che stanno seguendo”, ha dichiarato Giuliano Busetto, presidente de Digital Industries World - associazione che riunisce istituzioni multidisciplinari con l’obiettivo di accelerare la trasformazione digitale dell’industria manifatturiera - precisando che alla base di tutte le attività di Digital Industries World c’è l’ascolto attento della voce del mercato.

Un mercato che, in prospettiva, ritiene l'offerta di servizi digitali sempre più determinante nelle scelte di acquisto dell'utilizzatore di macchinari: quasi il 70% delle imprese che hanno risposto alla ricerca considera che, entro tre anni, questi servizi saranno determinanti per le decisioni di acquisto di un bene strumentale. Questa considerazione è ancora più forte tra le grandi imprese (92%).

I punti salienti della ricerca Digital Servitization nel settore machinery

Il fatturato delle imprese del comparto derivante dall'attività relativa ai servizi vale attualmente circa il 25% del totale, mentre oltre il 70% del fatturato delle aziende manifatturiere produttrici di beni strumentali deriva dalla vendita dei macchinari.

Più della metà dei produttori di macchinari (57%) ha implementato una strategia mirata per lo sviluppo del business dei servizi, l’83% delle grandi imprese e il 48% delle Pmi.

Oltre la metà delle imprese (53%) si attende che il fatturato del business dei servizi aumenterà significativamente nel futuro.

Il portafoglio di servizi offerti dalle imprese del settore è piuttosto ampio ma resta ancorato ai servizi più tradizionali venduti in modalità transazionali e il ruolo che i servizi possono avere in termini di riduzione dell’impatto ambientale è ancora limitato.

I servizi digitali e connessi, quali ad esempio la vendita di software, dati e connessione macchinari, rappresentano solamente l'1% del totale dei ricavi.

I modelli di vendita "as a service" del prodotto sono ancora in una fase embrionale di sviluppo. Tuttavia, come già indicato, l'offerta di servizi digitali risulterà sempre più determinante nelle scelte di acquisto dell'utilizzatore di macchinari).

La servitizzazione dei servizi digitali per la creazione del valore

“La prima osservazione è che solo l’1% dei ricavi deriva dai servizi connessi ed è ancora meno quello che proviene dal noleggio dall’as-a-service e del pay-per-use”, ha commentato Federico Adrodegari ricercatore Università degli Studi di Brescia e vicedirettore di Asap illustrando i risultati dell'indagine.

“Tuttavia, le aziende sono interessate e il 18% li offre (in particolare nel settore del packaging e della macchina utensile), ma non c’è corrispondenza tra l’offerta dei servizi - spesso ancora frutto di sperimentazione - e il ricavato”.

Da un lato c’è un evidente problema di monetizzazione, ma dall’altro gli utilizzatori dei macchinari chiedono soluzioni personalizzate e non più solo prodotti, cercando partner che spostino la logica dal transazionale al relazionale lungo tutto il ciclo di vita del prodotto, dimostrandosi quindi più interessati al valore d’uso rispetto al valore di scambio.

“Le tecnologie digitali, oltre a raccogliere i dati, stanno cambiando i meccanismi di relazione della creazione del valore tra produttore ed end user sfumando il confine tra fornitore e cliente e dando vita a una nuova formula di supply chain, che porta proprio allo sviluppo dei nuovi modelli di business”, ha osservato Adrodegari. “E la servitizzazione, che non è in sé un concetto nuovo, può rappresentare una risposta”.

La servitizzazione è quel processo di creazione di valore attraverso la quale il valore aggiunto viene via vai incrementato, aggiungendo servizi non solo orientati al prodotto, ma anche al cliente, fino all’erogazione dei modelli as-a-service e pay-per-use nei quali non si trasferisce più l’owernship dei prodotti.

Il servizio sarà il vero prodotto del futuro

“Se da una parte è finalmente aumentata la consapevolezza presso le aziende del comparto della meccanica che la servitizzazione, attraverso i servizi digitali, porterà crescita, è però importante guardare anche al mercato con una visione prospettica”, ha osservato Marco Taisch, professore di Digital Manufacturing and Operations Management Politecnico di Milano.

“Incominciamo a considerare l’end user non tanto come l’azienda cliente del costruttore di macchine industriali quanto come il consumatore finale di beni e servizi, che sta radicalmente cambiando. Per i consumatori di domani il mondo sarà l’intangibilità e quindi il servizio sarà il vero prodotto. La macchina in quanto piattaforma fisica diventerà una commodity, un abilitatore dei servizi digitali”.

Questa riflessione deve essere considerata dai costruttori di macchine quando andranno a progettare i nuovi servizi, che dovranno essere “pensati” già in un’ottica sostenibile, considerando la sensibilità verso questa tematica da parte delle nuove generazioni, la Z e presto la Alfa.

Il rischio della disintermediazione anche nel settore machinery

Una seconda riflessione riguarda la necessità di creare ecosistemi, così come è già avvenuto, per fare un esempio, nel settore del turismo con vere e proprie piattaforme che forniscono servizi diversi.

Un grande rischio sarà, però, quello della disintermediazione”, ha spiegato Taisch. “Le grandi piattaforme con la loro potenza, pervasività e dimensione globale rischiano di inserirsi in questo mercato andando a disintermediare i produttori di beni strumentali dagli utilizzatori”.

Un esempio esemplificativo ci viene dal mondo del car sharing. All’inizio, i produttori di autovetture hanno creato un brand per noleggiare le auto da loro prodotte secondo la logica del car sharing.

Ma oggi chi fa car sharing sono soggetti completamente diversi dai produttori di auto che si sono focalizzati su questo modello di business: comprano le vetture per erogare il servizio e hanno così disintermediato l’utente finale dal produttore del bene, schiacciando a monte i margini delle Case automobilistiche e a valle il consumatore aumentando il prezzo a minuto/kilometro.

Ebbene, il rischio nel settore dei beni strumentali è che grandi investitori decidano di comprare macchine, capacità produttiva e servizi realizzando margini a svantaggio dei produttori di macchine industriali.

Digital servitization: a che punto è la trasformazione digitale dell’industria manifatturiera del machinery? - Ultima modifica: 2024-04-16T09:25:06+02:00 da Nicoletta Buora