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Dazi USA, tra proroghe, accordi e compromessi, in attesa del 9 luglio

A una settimana dalla scadenza del 9 luglio, la comunità imprenditoriale attende l’ufficializzazione delle tariffe impositive, mentre l’UE continua sulla via della diplomazia commerciale ma si muove anche per validare possibili alternative.

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Marianna Capasso

Esattamente tra una settimana, il 9 luglio 2025, scadrà la sospensione delle reciproche tariffe impositive. Non ci sarà nessuna proroga. E, quindi, partirà l’applicazione dei dazi alle merci in entrata negli USA.

La deadline, ufficialmente fissata all’incirca un mese e mezzo fa, sembrava inizialmente così lontana. Ma, poi, è arrivata. E, nel mentre, si è mossa la diplomazia economica globale, per addivenire a un accordo. Che, di fatto, non c’è stato.

O, per lo meno, non è stato come lo voleva esattamente l’Unione europea. Allo stesso tempo, però, sembra si siano ammorbidite anche le posizioni di Trump. Forse, allora, lo scenario futuro sarà migliore di quanto inizialmente paventato? Sicuramente si stava meglio un anno fa ma, tra i due mali, questo appare quello minore. Ma partiamo dall’inizio, per arrivare ad oggi.

Aprile 2025: dai dazi erga omnes a quelli suppletivi (con una tregua)

Aprile è stato un mese impegnativo per i mercati e per la diplomazia economica. Il 2 aprile 2025 Trump ha annunciato il calendario dei dazi.

Il 5 aprile sono partite le imposizioni tariffarie erga omnes e il 9 sono state ufficializzate quelle suppletive, con un peso differente e una aliquota variabile. Dazi aggiuntivi ad valorem (quindi solo sul prezzo del bene, senza considerare i costi di trasporto).

Le percentuali mutavano a seconda del Paese. Con l’obiettivo di riequilibrare i flussi commerciali. I beni venivano tassati quindi al 20%, con le eccezioni (peggiorative) per acciaio, alluminio e automotive (50% per i metalli e 25% per le automobili). Tuttavia, la macchina della controreazione UE ha previsto una controrisposta il 9 aprile 2025.

Sono state infatti introdotte contromisure commerciali nei confronti degli Stati Uniti. Ma, lo stesso giorno, l’amministrazione Trump ha annunciato una dilazione temporale di 90 giorni.

Per concedere spazio e tempo alle trattative. Senza però fare marcia indietro su quel fisso 10% erga omnes, in vigore dal 5 aprile 2025. Dunque, la prossima deadline è fissata al 9 luglio 2025. Tra una settimana. Cosa accadrà?

A che punto siamo con i dazi USA?

Al momento, secondo gli ultimi accordi (al netto di sorprese dell’ultima ora) la percentuale impositiva ai beni europei in entrata negli USA potrebbe ammontare al 10. Simile a quella destinata alla Gran Bretagna. Da più parti, imprese e mercati chiedono garanzie sull’accordo. Per evitare eventuali altri ripensamenti e, soprattutto, per offrire certezze, dopo settimane di instabilità che non hanno giovato a nessuno.

La chimera “zero dazi”, ambita da Bruxelles, si è rivelata irraggiungibile. Le relazioni tra USA e UE non saranno privilegiate e si baseranno su misure protezionistiche che, sicuramente, colpiranno le imprese. Ma che avrebbero potuto essere più dannose (a voler vedere il bicchiere mezzo pieno). L’UE, dal suo canto, è rimasta (giustamente) ferma sulle proprie posizioni, con riferimento alla legislazione comunitaria.

In particolare, non ha accettato alcuna modifica all’AI Act e alle normative DMA e DSA. I due regolamenti dell’Unione normano il mercato digitale e le piattaforme online, con l’obiettivo di limitare il potere dei big tech e proteggere gli utenti. Dunque, seppur non visti di buon occhio dai colossi statunitensi, rimarranno comunque in vigore e saranno applicati indiscriminatamente. O, almeno, questa è l’idea.

Le imposizioni: dazi dal 10 al 50%, con poche eccezioni

Nessuna novità per acciaio, alluminio e automobili. Resterebbe invariato il dazio del 50%, sui primi due metalli, e del 25% per il comparto automotive europeo (e mondiale). Un dazio del 10%, invece, verrà applicato ai restanti prodotti in entrata negli USA, con alcune specifiche eccezioni che confermano quanto già stabilito nel mese di aprile. Si tratta di beni particolarmente strategici per il mercato a stelle e strisce, spesso materie prime in assenza delle quali la produzione locale resterebbe bloccata.

Pensiamo, ad esempio, ai polimeri, vitali per l’industria plastica americana, fortemente export oriented. O anche a tutti gli altri beni i quali, qualora applicato un dazio in entrata, si troverebbero gravati della stessa gabella nel Paese di destinazione (i famosi contro-dazi). Questa condizione penalizzerebbe la produzione USA. Dunque, eccezioni ad hoc, secondo la propria convenienza.

È ancora tutto sul filo della lama, un equilibrio delicato che comunque può cambiare nuovamente. Più volte il Presidente americano ha parlato di dazi al 50% per alcuni prodotti europei, ma l’UE tenterà fino alla fine la carta del dialogo – mentre ha già pronte le possibili contromisure nel caso del fallimento dei negoziati. Questi ultimi giorni potrebbero servire per ottenere qualche ulteriore concessione, anche alla luce del recente G7.

I dazi e il compromesso della Global Minimum Tax

Durante incontro tra i leader mondiali, tenutosi in Canada, è stata accordata l’esenzione dalla tassazione globale, per le imprese americane (in attesa della conferma da parte degli altri OCSE). Dunque, va rivista la materia della “global minimum tax”, un accordo in vigore dal 2021, finalizzato a interrompere le pratiche di elusione fiscale delle multinazionali.

La normativa prevede l’applicazione di un’aliquota minima del 15% sui profitti delle aziende con fatturato globale superiore a 750 milioni di euro, ovunque operino. L’obiettivo è quindi evitare che i profitti siano spostati nei paradisi fiscali. Un accordo che, secondo l’amministrazione Trump, penalizzava troppo le Big Tech statunitensi.

Ora, invece, le imprese americane potrebbero risparmiare 100 miliardi di dollari in tasse all’estero. Dunque, è stato trovato quello che, secondo il Ministro Giorgetti, è un “onorevole compromesso”. E, soprattutto, si potrebbero così evitare “ritorsioni automatiche originariamente previste dalla clausola 899 dell’Obbba (One Big Beautiful Bill Act)”. Dunque, dialogo, mediazione e pazienza (tanta).

Gli scenari alternativi dell’UE

Intanto, l’UE procede lungo la via della diversificazione delle partnership. Il tanto atteso trattato in fieri con il Mercosur, a lungo lasciato nel cassetto per impedimenti e vicissitudini varie, sembra aver subìto una forte accelerazione, negli ultimi tempi. Soprattutto da fine 2024. Un caso? Può essere. Sicuramente un’esigenza, al momento, mentre si torna a guardare anche verso Est.

Proprio oggi, 2 luglio 2025, a Bruxelles si tiene il 13° Dialogo Strategico con la Cina. Per rafforzare la comunicazione, salvaguardare la pace e la stabilità mondiale, tutelare il multilateralismo. Ma, più di tutto, per parlare del libero scambio. D’altra parte, l’UE non ha scelta. Non è il momento delle parole (e dei princìpi), bensì dei fatti. Per difendere la competitività delle proprie imprese e riequilibrare i rapporti commerciali internazionali, Bruxelles è pronta a tutto. Ma la conferma arriverà nei prossimi giorni. Vedremo.

Dazi USA, tra proroghe, accordi e compromessi, in attesa del 9 luglio - Ultima modifica: 2025-07-02T09:48:40+02:00 da Marianna Capasso