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Come l’intelligenza artificiale può migliorare i processi di recruiting

Le tecnologie digitali, intelligenza artificiale compresa, aiutano nei processi di recruiting per scovare talenti e competenze, ma a patto di mettere al centro il candidato e favorire una candidate experience positiva. Trend e suggerimenti proposti da Cleverconnect e Glickon.

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Gaia Fiertler

Come si può utilizzare l'intelligenza artificiale per potenziare i processi di recruiting? Come creare una esperienza positiva per il candidato, che crei relazione nel tempo? Come usare sistemi di filtro automatici senza perdere la dimensione “umana” del contatto e dello scambio? Come evitare una prima impressione negativa per l’azienda a caccia di personale?

In un contesto di forte carenza di competenze e profili professionali, i trend HR per il nuovo anno convergono sull’esplosione di sistemi automatici per guidare i processi di selezione. Ne raccomandano però un uso che sia a supporto di un processo con la persona al centro, con le sue caratteristiche personali e professionali.

Cleverconnect, HR software company francese specializzata in strumenti di Talent Acquisition, propone 7 trend da seguire per guidare i processi di ricerca e selezione di nuove figure.

  1. Ricerca non di numeri, ma di persone
  2. Utilizzo “umanizzato” di AI e data analytics
  3. Recruiting diffuso, coinvolgendo l’intera azienda
  4. Più attenzione a competenze e attitudini, che non a “job title”
  5. Più mobilità interna per scovare competenze e talenti
  6. Processi di selezione “marketing-oriented”
  7. Focus sulla “candidate experience” con richiesta di feedback.

Come creare relazione con i candidati

Dario D’Odorico

La sfida per recruiter, direzioni HR e fornitori di soluzioni è di usare le tecnologie digitali, ma senza perdere la dimensione di contatto e relazione. Gli strumenti automatici velocizzano le fasi di selezione e le rendono più oggettive, poiché teoricamente meno soggette a pregiudizi (i cosiddetti “bias”).

Al tempo stesso, grazie alle recenti soluzioni di AI, possono trattare il contatto in modo personalizzato e gestirlo nel tempo. Secondo il Report RecruTrends 2024 di CleverConnect, l’82% degli intervistati in Francia, Italia e Germania desidera ricevere informazioni dal recruiter dopo un primo contatto. Il 67% vuole mantenere il rapporto con l’azienda, anche se il colloquio non è andato a buon fine.

«Garantire un’esperienza piacevole e soddisfacente sin dalla fase iniziale è la chiave da cui partire per avere più possibilità con un candidato. Come quando non si è soddisfatti di un prodotto o servizio, non lo si compra più, lo stesso può avvenire nel processo di selezione. Il candidato insoddisfatto della relazione creata dall’azienda tenderà a non candidarsi più per quell’azienda fino a non comprare più i suoi prodotti», commenta Dario D’Odorico, Country Manager Italia e Spagna di CleverConnect.

Come “umanizzare” i sistemi automatici nei processi di recruiting

Il 33% dei candidati italiani ritiene che l’Intelligenza artificiale possa contribuire a ridurre le discriminazioni nei processi di selezione. Tuttavia, ottimizzare un processo non significa dare meno importanza ai rapporti umani.

AI e Big data possono infatti aiutare il recruiter a mantenere l’obiettività e ad evitare errori dovuti a stanchezza o a pregiudizi. Si possono inoltre trasformare grandi quantità di dati in flussi di informazione utile. Quindi, accelerando l’analisi dei dati, si possono automatizzare alcune attività per dare più valore allo scambio con le persone. E questo è ciò che realmente fa la differenza nel processo di selezione.

Le soluzioni più avanzate consentono inoltre di creare pool di candidati da seguire in modo personalizzato, anche se automatico, in base a preferenze e caratteristiche individuali che il sistema riconosce, come il sistema di Crm (Candidate Relationship Management) di CleverConnect. A sua volta l’incontro on-line o di persona con il candidato può avvenire dopo diverse fasi gestite dal sistema in forma “umanizzata”. Un esempio sono le videointerviste asincrone, dove l’AI può già raccogliere e “misurare” le risposte date, in aggiunta al curriculum.  

Come fare un recruiting diffuso

I lavoratori sono i primi ambassador della qualità dell’ambiente di lavoro, delle policy interne e del clima aziendale. Quasi un terzo dei candidati abbandonerebbe un processo di selezione senza sufficienti interazioni con l’azienda. Creare il passaparola con i propri collaboratori per attirare candidati forma una sorta di “comitato d’accoglienza”, che fa superare a vicenda le prime barriere.

Sono efficaci sia videostorytelling di collaboratori, proposti sui siti aziendali e condivisi sui social, sia strategie di reclutamento come il “digital referral”, il vecchio passaparola. In pratica, i dipendenti possono diventare una fonte veloce e attendibile per l’ingaggio di nuove risorse, rendendo più agile il percorso di assunzione e riducendo i costi di selezione. Il 33% degli intervistati in Italia afferma di aver già vissuto questa esperienza.

«Confrontando i database della nostra consociata Talent Tree Consulting con le stime ufficiali, ci risulta che un profilo su 10 proposto da un dipendente arrivi all’inserimento in azienda. Mentre che vada a buon fine solo una candidatura su 100 tra quelle che provengono in modo più anonimo da piattaforme di ricerca lavoro. Un altro dato interessante è che, con il sistema delle referenze tra pari, cioè con il passaparola, uno su due sia ancora in azienda dopo tre anni, contro il 14% di chi arriva dai job board», racconta Dario D’Odorico.

Scovare le competenze, allargando il bacino

In Italia, l’81% degli intervistati accetterebbe di candidarsi per una posizione che non corrisponde alla propria professione, ma alle proprie competenze. Profili senior e professionisti qualificati talvolta sfuggono alle reti di ricerca classiche.

Un approccio più aperto e spontaneo, attento anche ai profili “insoliti” può rendere il processo più efficace. Basta cambiare i criteri di selezione iniziali, o “ripescare” curricula scartati dal sistema. Può trattarsi di genitori che cercano un lavoro part-time o di persone che per età non rientrano più nelle griglie HR classiche. Possono essere manager e tecnici in pensione, o rimasti senza lavoro, che potrebbero fare da tutor ai giovani in ingresso. Oppure donne che decidono di rientrare nel mondo del lavoro.

«Innovare significa guardare a ciò che conta di più. Alle competenze e alle attitudini, all’energia che la voglia di mettersi in gioco può generare. Per continuare ad apprendere e trasmettere sapere “fresco” i più giovani e per restituire know-how tecnico ed esperienziale i più senior», precisa D’Odorico.

Come scovare le competenze interne

In Europa, oltre il 70% degli intervistati accetterebbe un’offerta di lavoro non direttamente collegata alle proprie mansioni, ma conforme alle proprie capacità e competenze. In azienda, spesso, ci sono talenti che non vengono valorizzati abbastanza. Si può dare priorità alla mobilità interna, prima di pensare alla ricerca esterna.

Processi di selezione “marketing-oriented”

Se il lavoro del marketing è conoscere il “customer journey” del cliente e disegnare una strategia per creare un contatto tra azienda e cliente in ogni fase del percorso, così il recruiter deve studiare il processo di candidatura per generare e sviluppare una relazione con le persone durante tutte le fasi del percorso di Talent Acquisition.

In quest’ottica, il recruiter/HR deve sviluppare doti di leadership per gestire un team che si dedichi alle diverse attività necessarie, come il monitoraggio delle diverse azioni dei processi di assunzione dell’azienda.

Focus sulla “candidate experience” con richiesta di feedback

L’assenza di feedback personalizzati influenza negativamente il contatto con l’azienda nel 23% dei casi. Come i candidati si aspettano un riscontro motivato rispetto ai colloqui, così la loro esperienza nel processo di selezione è per il recruiter fonte di dati per un costante miglioramento del proprio approccio.

Creare questionari da inviare ai candidati, che abbiano superato o meno le selezioni, può essere un primo importante strumento per capire cosa funzioni e cosa meno nell’intero processo. L’esperienza del candidato, ciò che lo ha stimolato o frustrato durante il percorso, è la base da cui muovere per rimettere i rapporti umani al centro dei processi di reclutamento.

People experience anche per Glickon

La “People experience”, intesa già dai primi contatti con l’azienda, è uno dei tre mega-trend HR per il 2024 indicati da Glickon, la società italiana di soluzioni di data intelligence e analytics applicati alle risorse umane.  

Agli HR è sempre più richiesto di trasformare i processi in esperienze personalizzate già a partire dall’onboarding, la primissima fase di inserimento in azienda. Trovare il giusto candidato e attuare processi di performance manageriali ingaggianti sono i temi centrali per il settore HR anche nel 2024. L’upskilling e il reskilling restano due delle più forti leve di attrazione e gestione dei talenti, ma anche AI e tecnologia a supporto del management giocano un ruolo centrale nella risoluzione di problemi di talent attraction, talent retention e talent management.

Secondo Gartner, il 90% dei responsabili HR prevede di aumentare o mantenere i budget destinati all’innovazione in questo settore anche per colmare un gap. Neanche una su 5 le aziende dispongono di dati significativi sui propri lavoratori. Per questo motivo gli investimenti in “People analytics technology” sono in crescita con un valore complessivo che supera i 3 miliardi di dollari.

«Saper cogliere e leggere i segnali vitali di un’organizzazione; migliorare e innovare i processi HR con l’obiettivo di trasformarli in esperienze e costruire ambienti di lavoro attrattivi, sostenibili e dove le persone siano in relazione sono le principali sfide che emergono dal nostro settore», spiega Carlo Rinaldi, Chief Marketing Officer di Glickon.

Gli altri due mega-trend indicati sono infatti la “Talent intelligence”, ossia l’applicazione di processi di business intelligence al talento, attraverso una nuova cultura del dato mediata da un’alleanza armonica tra fattore umano e AI e la mappatura delle relazioni informali attraverso le Organizational Network Analysis e le Operating Model Network Analysis (ONA e OmNA).

Come l’intelligenza artificiale può migliorare i processi di recruiting - Ultima modifica: 2024-01-18T08:00:45+01:00 da Gaia Fiertler