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Cloud, Robotics e IoT trainano la ripresa della domanda di figure ICT

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Gaia Fiertler

In leggera ripresa la domanda di figure ICT nel terzo trimestre del 2020, dopo il calo complessivo del 26% dei primi 9 mesi a causa del Lockdown. Sono i risultati dell’Osservatorio Competenze Digitali che riunisce le diverse associazioni di categoria. Resta tuttavia la carenza di figure specializzate con competenze digitali e sotto accusa è ancora una volta il sistema scolastico, come emerge dall’Osservatorio Fondazione Deloitte RigenerationStem.

Nel terzo trimestre del 2020 c’è stata una ripresa della domanda di figure ICT, che lascia intravedere il recupero del suo consueto dinamismo. Dietro al calo complessivo dei primi 9 mesi del 2020 (-26% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, causato principalmente dal Lockdown di marzo, aprile e maggio) si vedono segnali di ripresa a partire dal terzo trimestre 2020 (+13% sul trimestre precedente), pur includendo agosto, mese tradizionalmente fermo.

Le ricerche via web di figure professionali ICT sono state oltre 19 mila, 2mila in più del trimestre precedente. Pur prevalendo, l’ICT come settore specifico nel terzo trimestre 2020 non supera però il 38,6% delle nuove ricerche, a conferma della trasversalità delle sue funzioni nei diversi mercati e comparti. Seguono i servizi professionali e consulenziali (20,6%), i servizi di amministrazione e supporto (13,5%) e l’industria (12,8%).

È quando emerge dall’Osservatorio Competenze Digitali del Crisp-Università Milano-Bicocca, promosso da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter, sulle ricerche di personale ICT.

Le figure più richieste dal terzo trimestre 2020

La ripresa è avvenuta in tutte le professioni ICT, anche se a due velocità: più marcata nelle aree di Design, Business, Emerging (nuove tecnologie) e Support, con tassi di crescita trimestrali dal 22 al 31%; meno marcata, ma pur sempre significativa, nelle aree di Process Improvement e Development (+11% e +9%).

Le funzioni più richieste sono quelle che progettano e realizzano soluzioni per l’interazione in rete dei più diversi soggetti (aziende, amministrazioni, clienti e cittadini) e quelle legate alle nuove tecnologie, focalizzate sull’incremento di conoscenza dei fenomeni e sull’innovazione di prodotti e servizi.

Nel dettaglio, confrontando il terzo trimestre 2020 con il secondo, le figure più richieste sono, per l’area Design, Solution Designer (+90%), System Analyst (+41%) e Data Specialist (+37%); per l’area Business, CIO (+53%); per l’area Emerging Cloud Specialist (+106%), Robotics Specialist (+27%) e IoT Specialist (+19%) e infine, per l’area Support Quality Assurance Manager (+117%), Information Security Manager (+29%), Project Manager (+44%), Technical (+55%) e Account Manager (+77%).

Nelle aree di Process Improvement e Development la crescita è stata più moderata, ma non sono mancate forti accelerazioni nella richiesta di Digital Transformation Manager (+114%) e Scrum Master (+68%).

«La pandemia ha sicuramente impresso una forte accelerazione al bisogno di trasformazione digitale, ma ha rallentato la capacità del settore ICT e degli altri settori di occupare professionalità e competenze digitali essenziali per lo sviluppo. È importante, in chiave di rilancio, rafforzare non solo gli strumenti di sostegno alla domanda di servizi e prodotti ICT e alle stesse imprese ICT, ma anche aumentare i percorsi educativi e formativi, guardando alle competenze digitali come leva strategica di cambiamento. La ripresa della domanda di profili digitali deve rappresentare la spinta ad agire concretamente in questa direzione», commenta Marco Gay, presidente Anitec-Assinform.

Digital Skill Rate al 43% nelle professioni ICT

In media, nelle professioni legate all’ICT la componente di competenze digitali richieste è pari al 43% (Digital Skill Rate). Seguono le soft skill, che pesano per il 37,8% e infine altre competenze non digital (19,2%).

A livello generale c’è una crescita progressiva della rilevanza delle soft skill anche nei profili più tecnici, e non solo in quelli manageriali, proprio perché il lavoro sta cambiando e diventa più a tutto tondo per tutti, con capacità di problem solving, di lavorare di gruppo, di guardare i processi nel loro insieme e, soprattutto, con flessibilità e adattamento da parte di tutti.

Manca la pratica nella scuola italiana

Un’altra buona notizia è che crescono le immatricolazioni all’università, con un +7,6% rispetto all’anno scorso e una impennata di iscrizioni nelle università del Centro e Sud Italia, guidate dall’Umbria al +22% e la Sicilia +18,8%. Tuttavia, restiamo sotto la media europea per numero di nuovi iscritti (51,8% dei giovani italiani rispetto al 58,7% in Europa della medesima età) e nella scelta della materie Stem (fonte Censis 2020).

Inoltre, dall’Osservatorio Fondazione Deloitte emergono differenze sul modello formativo che, in Italia, non integra ancora compiutamente formazione teorica ed esercitazione pratica per avvicinare la scuola al mondo del lavoro, ad esclusione del modello degli ITS (qui link al pezzo) che funziona, ma è ancora per piccoli numeri di tecnici specializzati.

L’Osservatorio Deloitte segnala infatti che gli stessi studenti delle scuole superiori e gli universitari accusano un mancato bilanciamento tra formazione teorica e pratica. Per più di uno studente su cinque (oltre il 20%) non sono previste ore di esercitazione operativa nel proprio percorso di studi e per uno su tre (32%) di chi invece ne ha ufficialmente in programma, il numero di ore è considerato insufficiente. Questo gap è percepito in maniera significativa soprattutto dai docenti di materie Stem: il 34% afferma di non avere abbastanza ore da dedicare allo sviluppo di competenze pratiche.

Necessità di formazione continua tecnico-digitale

Paolo Gibello

A fronte dei ritardi del modello formativo italiano, c’è una domanda crescente di competenze tecniche e digitali nelle imprese. «Emerge sempre più l’esigenza di formazione continua e aggiornamento come fattore determinante; serve un investimento in apprendimento pratico oltre che teorico come proposta e percorso mirato ad appassionare di più i giovani, avvicinarli al mondo Stem e, nel complesso, rispondere meglio alle richieste del mondo del lavoro. Inoltre, sia gli occupati, sia le imprese che abbiamo ascoltato hanno espresso la mancanza di aggiornamento su competenze digitali innovative. In particolare, al crescere del titolo di studio si registra un incrementale bisogno di ricorrere a nuova formazione per affinarsi e rimanere aggiornati con le evoluzioni scientifico-tecnologiche», commenta Paolo Gibello, presidente Fondazione Deloitte.

Anche Aica evidenzia la necessità di creare occasioni di qualità e fornire strumenti per lo sviluppo e l’aggiornamento continuo delle competenze digitali dei professionisti ICT in ambito scolastico/educativo, nelle aziende, per i professionisti e per tutti i cittadini.

«La pandemia dovuta al Covid19 se da un lato sta accelerando l’adozione del digitale in tutti i contesti lavorativi e di formazione, dall’altro ha messo in evidenza la mancanza di sufficienti professionalità ICT per far fronte alle richieste di innovazione di tutto il Paese, nonché una diffusa mancanza di competenze per utilizzare al meglio il digitale da parte dei cittadini. Attraverso percorsi formativi, ma anche attraverso meccanismi di assessment e certificazione come strumento strategico, si può assicurare un efficace e corretto sviluppo delle competenze digitali utili al Paese », commenta Giovanni Adorni, presidente Aica, in occasione della presentazione dei risultati trimestrali dell’Osservatorio Competenze Digitali.

 

 

Cloud, Robotics e IoT trainano la ripresa della domanda di figure ICT - Ultima modifica: 2020-12-22T14:40:34+01:00 da Gaia Fiertler