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Blockchain per certificare filiere e modelli “pay per use”

Blockchain a supporto delle filiere produttive e dei nuovi modelli "pay per use" di Industria 4.0. Se ne parla nel corso on-line organizzato da Bi-Rex dal 3 al 31 marzo, in collaborazione con le Università degli Studi di Bologna, Ferrara e Modena e Reggio Emilia. Intervista alla referente del corso prof.ssa Rebecca Montanari

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Gaia Fiertler

Il corso “Blockchain a supporto della filiera produttiva”, organizzato dal Competence Center Bi-Rex in collaborazione con l’Università degli Studi di Bologna, l’Università di Ferrara e l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, si svolgerà da giovedì 3 marzo fino a giovedì 31 marzo. Prevede sei sessioni di mezza giornata on-line e una giornata conclusiva in presenza, presso la linea pilota di Bi-Rex a Bologna.

Il percorso fa parte dell’Executive Program “Alta Formazione sulla Sicurezza informatica e Blockchain”, che comprende due corsi frequentabili separatamente. Quello su blockchain e quello sulla sicurezza informatica nei sistemi industriali e nei servizi, che a sua volta si terrà dal 4 al 27 maggio.

Obiettivi del corso "Blockchain a supporto della filiera produttiva"

Il corso su blockchain si rivolge a tecnici e sviluppatori, ma anche a imprenditori e manager per acquisire gli strumenti tecnologici, organizzativi e normativi necessari per scegliere se e come adottare soluzioni di blockchain in azienda. L’obiettivo è quello di valutare la possibilità di trasformare una potenzialità tecnologica in opportunità di business.

«Oltre a fornire elementi per comprendere la blockchain che è una tecnologia complessa, che va integrata con altri sistemi e richiede la costruzione di un ecosistema di tecnologie per funzionare, daremo anche criteri per valutare e bilanciare costi-benefici di una possibile applicazione in azienda. Porteremo anche casi d’uso, raccontati dagli imprenditori stessi, che hanno già tratto beneficio da questi progetti innovativi», racconta Rebecca Montanari, professoressa di Sicurezza delle Informazioni al Dipartimento di Informatica-Scienza e Ingegneria dell’Università degli Studi di Bologna.

La prof. è referente del corso e responsabile scientifico per il CIRI ICT del progetto triennale di ricerca industriale “Smart Chain”, finanziato dal programma POR-FESR Emilia Romagna. 2014-2020.

In questo progetto che si è appena concluso, sono state sviluppate soluzioni ad hoc di blockchain per due settori. La filiera tessile con Bianco Accessori aveva bisogno di sviluppare un meccanismo di “notarizzazione” per garantire i rapporti tra committente e cliente e il possesso delle certificazioni necessarie nel settore manifatturiero.

Carpigiani, invece, produttore di macchine per il gelato, voleva certificare il modello di servitizzazione “pay per use” delle macchine che noleggia, anziché vendere, in una logica di Industria 4.0, facendo pagare solo l’effettivo consumo. In questo caso, la tecnologia blockchain, integrata con sistemi di IoT (Internet of Things), è stata applicata alla filiera a valle, cioè verso i clienti, per certificare la produzione di gelato e il relativo consumo degli ingredienti.

Intervista alla professoressa Rebecca Montanari

< Quali sono i vantaggi delle applicazioni della blockchain all’industria?
Con le prime esperienze sul campo, stiamo vedendo che questa tecnologia è utile a livello di filiera per il tracciamento e certificazione di azioni, transazioni e sequenze di operazioni. La tracciabilità è garantita perché i documenti sono inalterabili dal momento in cui vengono inseriti e validati nell’archivio blockchain. Il sistema è infatti un contenitore di documenti immodificabili, sia rispetto al contenuto registrato sia rispetto al momento dell’esecuzione. A questo scopo, si sta rivelando utile anche per filiere formate da piccole aziende, come nel settore della moda che comprende sciami di terzisti artigianali, che spesso non dispongono di sistemi di gestione di flussi di documentazione digitale. In questi casi, la tecnologia blockchain può aiutare come archivio di documenti legati alle certificazioni richieste all’interno della filiera, sia per esigenze di compliance, sia per combattere la contraffazione dei prodotti. Di conseguenza, avere un sistema di blockchain che validi i propri processi migliora la reputation, rende più attrattivi e può dare un vantaggio competitivo in progetti e in filiere che richiedano determinati adempimenti normativi.

Rebecca Montanari

< Applicare la blockchain ai modelli di servitizzazione (“pay per use”) che valore aggiunto dà al business?
Dà una garanzia in più nei modelli di consumo, anziché di acquisto, dei macchinari grazie alla connettività delle macchine nell’Industria 4.0. Nel progetto di Carpigiani, per esempio, che sta sviluppando proprio questo modello, l’esercente prende in leasing una macchina (nessun costo di acquisto upfront) e il costo di tale leasing è parametrato sull’effettiva produzione di gelato. Nel canone di leasing è compresa anche la fornitura degli ingredienti da parte di un produttore selezionato da Carpigiani stessa. La blockchain permette di tracciare correttezza dei consumi rendicontati perché, una volta registrati, non si possono modificare. Il caso sarà presentato al corso di Bi-Rex. Tra l’altro, se si integra il sistema di blockchain con la sensoristica e l’IoT della macchina pagata a consumo, si può garantire la qualità del dato all’origine.

< La tecnologia blockchain può garantire la qualità e la correttezza del dato che viene inserito in archivio?
No, la blockchain rende trasparente e inalterabile una sequenza di transazioni, di passaggi che vanno svolti in un certo modo e con una determinata successione di tempi e contenuti, ma non è in grado di garantire la correttezza dei dati inseriti. Per esempio, nella catena del freddo di prodotti agro-alimentari può essere segnalata e validata la temperatura a una determinata ora del furgone e del prodotto trasportato ma, senza un sistema di sensoristica e magari anche con un riconoscimento visivo delle temperature rilevate, sistema collegato al furgone, al prodotto e a un software dedicato, non c’è la certezza che il trasportatore registri la temperatura corretta. Blockchain è un archivio inalterabile, non un sistema antifrode.

< Qual è il modello di blockchain più utilizzato nel mondo industriale?
I modelli sono due. Entrambi sono caratterizzati dalla decentralizzazione dei nodi, ma c’è una differenza nella gestione dell’accesso. In particolare, quello pubblico, detto “permissionless”, non ha bisogno di approvazione per entrare. È quello di Bitcoin ed Ethereum e prevede un sistema di Rewarding, cioè una ricompensa monetaria per incoraggiare la validazione corretta delle transazioni (i cosiddetti “token” per i “mining” dei nodi, cioè per la validazione delle operazioni dei singoli nodi rappresentati dagli utenti). Il secondo modello è invece privato (“permissioned”), nel senso che richiede un’autorizzazione all’ingresso e permette di creare più agilmente dei sottoinsiemi “controllati”, nel senso che si può regolare la visibilità dei contenuti depositati solo a chi è autorizzato, per esempio a una filiera e non a un’altra. Questo modello non prevede meccanismi di ricompensa e sta piacendo di più alle aziende manifatturiere: c’è una sorta di “riservatezza” delle transazioni, seppur validate e certificate blockchain, ma visibili solo agli stakeholder autorizzati e non prevede monetizzazioni di alcun tipo.

< I due casi d’uso Carpigiani e Bianco Accessori che scelte hanno fatto?
Nel caso d’uso Carpigiani ci si è orientati per una blockchain di tipo “permissioned”, utilizzando come implementazione il progetto open-source Hyperledger Fabric. La scelta di una blockchain privata è giustificata dal fatto che i dati relativi alle quantità di ingredienti utilizzati da ciascun esercente sono da considerarsi delle informazioni commercialmente rilevanti, di cui garantire la privacy. Questa preferenza non esclude però che si possa scegliere anche il modello pubblico e assicurare comunque la riservatezza dei dati, è solo più complesso da realizzare. Nel caso Bianco Accessori, invece, si è optato per un modello permissionless utilizzando la blockchain Ethereum. Il modello di blockchain pubblico consente di mantenere il deployment e la manutenzione del ledger (gestione server e aggiornamenti) indipendente dalle aziende coinvolte nel progetto che, essendo aziende piccole, non devono accollarsi l’onere di gestire la piattaforma e questa offre una legittimazione forte grazie alla partecipazione di un alto numero di nodi. Lo svantaggio di questo modello è però il pagamento per ciascuna transazione di una fee per l’utilizzo della piattaforma. Anche il caso di Eco-recuperi che presenteremo al corso Bi-Rex, società che si occupa di raccolta differenziata, recupero e rigenerazione di toner e altri materiali da ufficio, si appoggia a un modello pubblico di blockchain per certificare i propri processi e servizi agli stakeholder in un’ottica di economia circolare.

< Concorda con i dati dell’Osservatorio del PoliMI, secondo cui il mercato italiano sarebbe ancora in attesa?
Concordo, siamo agli inizi, ai primi casi, che tra l’altro vanno seguiti molto da vicino. Nel tempo potremo puntare a una standardizzazione, ma ora, proprio perché è una tecnologia complessa che va integrata ai gestionali aziendali e ai sistemi in rete, va sviluppata con progetti ad hoc per ogni azienda/filiera coinvolta e vanno attivate azioni di cultura e informazione, come intendiamo fare con il corso in partenza con Bi-Rex.  

Qualche numero sul mercato italiano della blockchain

Il mercato italiano è in fase di attesa, come riporta l’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano. Ancora non si vede una crescita decisa nell’adozione di blockchain e gli investimenti delle aziende sono pari a 28 milioni di euro nel 2021, più o meno stabili rispetto ai 23 milioni del 2020 e ai 30 milioni del 2019.

In Italia, il settore più attivo è quello finanziario e assicurativo (50% degli investimenti); seguono la pubblica amministrazione (15%), in forte crescita anche grazie allo sviluppo dell’Italian Blockchain Service Infrastructure, e l’Agroalimentare (11%) che è stabile e le Utility (10%), in crescita dopo numerose sperimentazioni.

L’Italia è focalizzata soprattutto sullo sviluppo di progetti pilota e sull’evoluzione di quelli già in essere: solo il 13% degli investimenti riguarda Proof of Concept o attività di formazione. Quanto ai consumatori italiani, cresce l’interesse soprattutto per le Criptovalute: il 12% ha già acquistato Bitcoin o altre Cryptocurrency, il 17% è interessato. La maggioranza non è interessata a possederle (58%), mentre solo il 13% non le conosce ancora.

Blockchain per certificare filiere e modelli “pay per use” - Ultima modifica: 2022-02-23T14:39:00+01:00 da Gaia Fiertler