Il 19° Rapporto Responsible Care, programma volontario per la tutela di sicurezza salute e ambiente di Federchimica, evidenzia che l’industria chimica ha migliorato la propria efficienza energetica del 45% e ridotto i consumi di energia del 36,7% dal 1990 a oggi. Nonostante le attuali enormi difficoltà le imprese di Responsible Care hanno continuato a investire consistenti risorse umane e finanziare per lo sviluppo sostenibile, con una spesa di 712 milioni di euro, pari al 2,3% del fatturato, e dedicando oltre il 20% dei propri investimenti a sicurezza, salute e ambiente. Questi investimenti valgono anche in termini di ottimizzazione dei processi produttivi e miglioramento delle tecnologie, grazie alle quali le industrie chimiche hanno potuto ridurre le emissioni in aria del 95% e in acqua del 65% negli ultimi 20 anni. Inoltre, secondo i dati Inail, la chimica è il settore manifatturiero più sicuro, insieme all'industria petrolifera: 10,6 infortuni per un milione di ore lavorate nell’industria chimica in generale e 8,3 nelle imprese aderenti a Responsible Care. A questo si aggiunga il primato assoluto nel conteggio delle malattie professionali: solo 0,22 su un milione di ore, ovvero, una malattia professionale ogni quattro milioni e mezzo di ore di lavoro. Ma restano alcuni problemi: la chimica, viene sottolineato, ha disperato bisogno di un quadro normativo teso ad abbattere le barriere amministrative, dando velocità e certezze alle procedure autorizzative, che per un'azienda italiana sono di 5-10 volte superiori a quelle medie europee. Anche gli sforzi in termini di efficienza energetica devono trovare riscontro in una politica adeguata, specie per un settore energivoro come la chimica.