Dopo l’incontro del 20 novembre a Palazzo Piacentini, e l’offerta di nuove garanzie alle imprese, è arrivato l’annunciato Decreto. Nella stessa serata. Con pubblicazione in GU il 21 novembre, e validità dal successivo 22. Rubricato “Misure urgenti in materia di Piano Transizione 5.0 e di produzione di energia da fonti rinnovabili”, il DL è composto da tre soli articoli.
Per il Piano Transizione 5.0, però, tutto si concentra nell’articolo 1. Che individua le disposizioni in materia di crediti d’imposta. Attraverso la disposizione normativa, il Consiglio dei ministri prova a tutelare le imprese. Affinché le domande presentate possano essere valutate e accolte, con la concessione degli incentivi.
Con un processo valutativo più lineare e con l’introduzione di nuove procedure che favoriscano una distribuzione giusta delle risorse, il DL potrebbe migliorare la fruizione dell’agevolazione. Consentendo al Governo di ottenere un quadro chiaro della situazione già a metà dicembre. Organizzando così una valida programmazione finanziaria. Intanto sono stati stanziati 250 milioni di euro per il 2025, e 10 milioni all’anno per il 2026 e il 2027.
L’allungamento dei termini: 27 novembre e 6 dicembre
Si tratta di una ufficiale e meno traumatica conclusione del Piano Transizione 5.0. Con un giusto allungamento dei termini, seppure forse troppo ristretto – secondo la platea imprenditoriale e le associazioni. L’articolo 1, infatti, concede alle imprese la possibilità di presentare le domande fino al 27 novembre 2025. C’è invece tempo fino al 6 dicembre 2025 per completare le istanze proposte nell’arco temporale 7 novembre - 27 novembre (ore 18).
Saranno allora ammesse le integrazioni mancanti, nel caso quindi di “dati non correttamente caricati o di presentazione di documentazione o di informazioni incomplete o non leggibili”. Anche su richiesta del GSE. Diversamente, il “mancato adempimento” da parte delle imprese verrà letto come mancato perfezionamento della procedura. In ogni caso, il DL non ammette la possibilità di sanare la “carenza di elementi afferenti alla certificazione della riduzione dei consumi energetici”.
L’opzione unica: Transizione 4.0 o Transizione 5.0?
Molte imprese, temendo l’esaurimento del credito – come poi è accaduto – hanno presentato domanda sia per le agevolazioni del Piano Transizione 4.0 che per quelle di Transizione 5.0. Tuttavia, rileggendo il DL 19/2024 e, precisamente, l’articolo 38 (comma 18, primo periodo), si fa menzione al divieto di cumulo. Non è quindi possibile proporre più domande agevolative per accedere ai crediti, per i medesimi beni.
Nello specifico, se la domanda rientra nell’articolo 38, non è possibile accedere al credito d’imposta normato dal maxi-articolo 1 della Legge di Bilancio 2021 (Legge 30 dicembre 2020, n. 178). Dunque, quello per Transizione 4.0. Cosa accade ora, alle imprese che hanno presentato due domande (4.0 e 5.0)? Ebbene, saranno tenute a scegliere (e a liberare risorse). Sempre entro il 27 novembre 2025, in via telematica.
L’obiettivo del DL: liberare le risorse e renderle fruibili
Si tratta di una scelta difficile (e a tratti azzardata). Perché optare per Transizione 5.0 non offre la certezza di ricevere le risorse. Nel caso, cioè, il Governo sia impossibilitato a soddisfare tutte le domande. Chi rinuncia quindi a Transizione 4.0, per Transizione 5.0, potrebbe restare a bocca asciutta? Sì e no. Dipende dalle domande e dalla disponibilità. Perché laddove sussistano i requisiti necessari, sarà possibile accedere al credito 4.0, ma “nei limiti delle risorse”.
Ci sono poi le imprese che hanno completato l’investimento. E che hanno prenotato entrambi i crediti d’imposta. Il GSE invierà a queste una richiesta ufficiale di rinuncia al credito non utilizzato. Entro il termine perentorio di cinque giorni dalla ricezione. Nel caso la rinuncia non arrivi nei tempi, l’impresa rischia di perdere anche l’agevolazione principale. Tutto ciò sempre nell’ottica di liberare risorse e distribuirle equamente.
