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Transizione 4.0, tra aliquote, novità e polemiche

Mancano poche settimane all’approvazione della manovra finanziaria di fine anno, e il credito d’imposta per beni materiali e immateriali 4.0 è al centro del dibattito imprenditoriale, in uno scenario ancora poco delineato e una bozza che non cita Industria 4.0. Ma è davvero così?

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Marianna Capasso

Mentre la Legge di Bilancio 2023 è all’esame in Parlamento, per essere varata entro il 31 dicembre 2022, la comunità imprenditoriale prende atto delle novità (non ancora ufficiali) con una certa perplessità. O, forse, sarebbe più preciso parlare di “non-novità”?

Sono stati stanziati 35 milioni di euro, destinati principalmente a interventi di sostegno per famiglie e per imprese, con l’obiettivo di contrastare il caro energia e l’aumento dell’inflazione. Quello che manca – secondo diversi esponenti del mondo industriale – è un pacchetto di misure specifiche per le imprese e un potenziamento delle strategie 4.0.

L’argomento è all’ordine del giorno e da più parti si “urla” al sabotaggio di Industria 4.0, con il taglio alle agevolazioni fiscali previste per gli investimenti 4.0. Ma è davvero così? È davvero corretto parlare di taglio o, forse, dovremmo effettivamente fare una distinzione tra necessità, aspettative e illusioni?

Allora, dopo aver analizzato la bozza della Manovra di fine anno, ripercorriamo l’iter “storico”, negli ultimi 12 mesi, delle aliquote relative al credito d’imposta 4.0, per i beni materiali e immateriali. In questo modo sarà più semplice comprendere quello che sta accadendo, cosa è stato (quasi) ufficialmente deciso per il 2023 ma anche cos’altro potrebbe succedere.

La bozza della Manovra finanziaria

Con un esecutivo operativo da metà ottobre, la Legge di Bilancio 2022 è sembrata quasi un’impresa eroica: eppure è arrivata, seppure in ritardo rispetto agli altri anni. Oltre alle solite materie, l’attenzione va al Titolo V (Crescita e Investimenti), dove sono riportate le previsioni normative destinate alle imprese, dall’articolo 68 al 78.

Tra le varie, sono previste misure per fronteggiare l’aumento del costo dei materiali per le opere pubbliche, il rifinanziamento dei contratti di sviluppo, nuovi fondi per il registro nazionale degli aiuti di stato e per la piattaforma “incentivi.gov.it”, la proroga del Fondo di Garanzia PMI, ulteriori benefici per i progetti del Green New Deal e un fondo per il sostegno alle filiere produttive del Made In Italy.

Per quanto la nuova Legge di Bilancio abbia interessanti aspetti agevolativi destinati alle imprese – come vedremo successivamente, con uno speciale dedicato totalmente alla Manovra – non ci sono riferimenti al Piano Nazionale Transizione 4.0 e, soprattutto, non ci sono novità in materia.

In attesa di maggiori informazioni certe (delle quali sarà nostra cura informare celermente i lettori), non vale sicuramente il detto “no news good news”. Di contro, però, il non aver contemplato previsioni per il Piano Nazionale Transizione 4.0. non coincide con un nuovo taglio delle aliquote, bensì rappresenta una conferma di quanto già stabilito in passato. Attenzione, perché la differenza è importante.

Transizione 4.0, dalla Legge di Bilancio 2022 ad oggi

Ricordiamo come, nella precedente Legge di Bilancio 2022, era stato già delineato lo scenario per gli anni a venire (dal 2023 al 2025) e, in effetti, era stata già resa nota la diminuzione delle aliquote relative al credito d’imposta, non senza polemiche.

Tra l’altro, nel mese di maggio, l’Agenzia delle Entrate aveva offerto ulteriori chiarimenti, come abbiamo avuto modo di analizzare, dirimendo alcuni dubbi interpretativi sul credito d’imposta per beni materiali 4.0 e su quello per ricerca e sviluppo.

Alla luce di quanto già stabilito, quindi, da gennaio 2023 le aliquote per i beni materiali 4.0 si dimezzeranno, arrivando al 20% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, al 10% per investimenti da 2,5 a 10 milioni e al 5% per investimenti da 10 a 20 milioni. Per i beni immateriali la riduzione sarà più drastica, sebbene le percentuali restino ancora buone: si passa dal 50%la super aliquota introdotta dal Decreto Aiuti del maggio 2022 – al 20%.

Le imprese, quindi, avranno tempo fino al prossimo 31 dicembre 2022 per poter utilizzare le “vecchiealiquote, confermando al più presto l’ordine con il fornitore e versando l’acconto pari al 20% del costo d’acquisto.

Lo stato attuale: a che punto siamo?

Pertanto, a ragion di logica, non è una sorpresa che nell’attuale Legge di Bilancio non ci siano riferimenti al Piano Nazionale Transizione 4.0; ci può essere invece la delusione che deriva dalla disattesa speranza di una novità.

È vero che lo strumento del credito d’imposta ha supportato le imprese, incoraggiando gli investimenti e contribuendo alla ripartenza del mercato ma, purtroppo, nell’ultimo anno si sono accumulate una serie di criticità – partendo dal rincaro dei prezzi energetici per arrivare alla lentezza delle forniture – incastonate in uno scenario economico e politico non sempre lineare, nella costante ricorsa agli obiettivi da realizzare, in ambito PNRR.

Non si tratta, quindi, di una dimenticanza da parte del Governo quanto piuttosto di una sorta di “indifferenza”. O, se vogliamo provare a edulcorare la situazione, è stato seguito un ordine di priorità – con la questione energetica in pole position – che ha fatto scivolare verso il basso le esigenze delle imprese in relazione a Industria 4.0.

Scelta opinabile, sicuramente: più che un taglio è, oggettivamente, un non progresso. Le agevolazioni 4.0 non sono quindi scomparse, ci sono ancora e sono quelle che già conoscevamo, ex ante. Ma, logicamente, si attendeva un miglioramento delle aliquote o, per lo meno, il rinnovo delle percentuali applicate nel 2022, senza la diminuzione già prestabilita.

Il futuro del Piano Nazionale Transizione 4.0

E, allora, cosa ne sarà di Industria 4.0? Continuerà a fare il suo percorso, anche in considerazione del fatto che tutte le agevolazioni 4.0 hanno rappresentato uno strumento vincente per il sistema produttivo, offrendo alle imprese la possibilità di puntare su strategie innovative, soprattutto attraverso il rinnovo del parco macchine.

A tal proposito, però, i dati hanno fatto emergere una preferenza per gli investimenti in beni materiali 4.0 rispetto a quelli immateriali. Questo dettaglio, già evidente a inizio 2022, aveva indotto il Governo ad innalzare l’aliquota specifica, attraverso le disposizioni del Decreto Aiuti, passando dal 20 al 50%, per gli investimenti in beni strumentali immateriali 4.0, nell’arco temporale 1/1/2022 – 31/12/2022.

Per quanto gli investimenti in beni materiali 4.0 siano fondamentali, l’attuale rivoluzione industriale dovrebbe prevedere anche una crescita dei beni immateriali: pertanto sarebbe necessaria una revisione del Piano Nazionale Transizione 4.0 alla luce delle mutate esigenze e del nuovo contesto economico. E, probabilmente, sarà una delle priorità governative del 2023.

Inoltre, con molta certezza, e indipendentemente dalle previsioni della Legge di Bilancio, “l’anno che verrà” riserverà specifici provvedimenti per incentivare la transizione digitale. Sarebbe infine necessario un sistema di incentivi indipendente dalla manovra finanziaria, rendendo cioè “strutturale” il sostegno – e non transitorio, con la rivedibilità di anno in anno, così tristemente instabile.

Una riflessione finale: idee e proposte, mettendo da parte gli isterismi

Mancano ancora più di 20 giorni alla deadline di fine anno e, per quanto la bozza della Legge di Bilancio stia facendo il suo corso, sappiamo per esperienza che le novità dell’ultim’ora rappresentano quasi la norma, in questo contesto. Pertanto, pur monitorando la situazione, evitiamo di fasciarci la testa. D’altro canto, poi, qualora la Legge di Bilancio dovesse essere approvata senza prevedere la modifica della materia – lasciando quindi in essere le precedenti disposizioni, già note – non dimentichiamo che ci sono diversi strumenti per poter cambiare le cose.

Abbiamo visto come, nel corso del 2022, attraverso vari Decreti, le imprese italiane sono state destinatarie di incentivi e la stessa precedente Manovra ha subìto (indirette) modifiche, all’occorrenza e alla luce delle necessità in corso d’opera. Questo non significa che bisogni accettare, con un sorriso, quanto stabilito a palazzo. È chiaro che ognuno proverà a chiedere il massimo, per ricevere almeno la metà. Bisogna avere fiducia, soprattutto nei confronti delle proprie Associazioni di categoria.

Al momento, ad esempio, sono in corso colloqui con Bruxelles per destinare al Piano Transizione 4.0 risorse inutilizzate nel biennio 2021/2022 e cioè potrebbe modificare, quindi, le aliquote per il 2023, o prevedere il rifinanziamento di crediti d’imposta non più operativi (si pensi a Formazione 4.0).

Dunque, nelle sedi opportune, e attraverso le voci autorevoli, il messaggio sta arrivando chiaro e forte: i decisori politici conoscono perfettamente il malcontento in atto. È quindi solo una questione di equilibri e di scelte. O forse di tempo. Attendiamo.

Transizione 4.0, tra aliquote, novità e polemiche - Ultima modifica: 2022-12-06T15:53:15+01:00 da Marianna Capasso