Mentre si avvicina la deadline del 31 dicembre 2025, e tutti si chiedono quale sarà il futuro del Piano Transizione 5.0, non si perde occasione per parlarne durante gli eventi pubblici ed istituzionali.
Prima il 2 ottobre 2025, durante la presentazione del Rapporto di Previsione Autunno 2025 di Confindustria. E poi ieri, 7 ottobre, all’Assemblea Generale di Unindustria.
Numeri, progetti, aspettative e pronostici. Ma, al momento, solo idee (interessanti), in attesa di certezze. Con la consapevolezza, però, che qualcosa non ha funzionato.
E che, partendo dagli errori, si può puntare a un modello più efficiente di sostegno per le imprese italiane, motore dell’innovazione e della crescita economica. Transizione 5.0 diventa così un “esempio”, un monito. Con le sue risorse utilizzate (forse) solo al 50%.
Industria 5.0, tra numeri e risultati
Si parte dal Lazio ma il discorso si espande all’intero Paese, sebbene Unindustria sia l’Associazione territoriale del sistema Confindustria regionale. Dalle sfide internazionali nel contesto globale al ruolo delle imprese italiane, passando per formazione e capitale umano. Con una tappa fondamentale: il Piano Transizione 5.0, nelle parole di Adolfo Urso, rappresentante del MIMIT.
Il Ministro ripete le cifre già illustrate in contesti precedenti: da giugno del 2025 è stata registrata un’impennata delle richieste. Un veloce aumento della domanda di risorse previste dal Piano Transizione 5.0. A settembre si parlava di 2,2 miliardi, per fine anno si potrà arrivare a 3,3. La metà, però, della quota disponibile, ovvero 6,3 miliardi.
Nell’ottica del bicchiere mezzo pieno, considerando tutti i vincoli europei, Industria 5.0 in 15 mesi “ha tirato e tirerà” una bella cifra, secondo Urso. Un valore superiore al risultato di Industria 4.0: 2,2 miliardi. Con un dettaglio importante che sottolinea le differenze: il Piano 4.0 è sempre risultato di più facile fruizione. E, in questo parterre di numeri si inserisce il PNRR.
Dal PNRR alla nuova Fenice: il futuro del Piano Transizione 5.0
È al momento in fieri una fase di revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Che, per forza di cose, coinvolgerà anche Transizione 5.0. Una nuova fase di bilancio delle risorse da destinare alle imprese. C’è la necessità di rifinanziare i contratti di sviluppo, uno “strumento appetibile per le medie imprese”. Così come gli accordi di innovazione.
Ma c’è l’esigenza primaria di realizzare un nuovo strumento. Con un ammodernamento di Transizione 5.0 attraverso fondi nazionali. In modo da essere “liberi” dai vincoli europei. E poter destinare le risorse anche alle imprese escluse dalle autorizzazioni di Bruxelles. Le destinatarie del “semaforo rosso da parte dell’Europa”, per usare le parole del Ministro.
Forse sono proprie queste ultime le maggiormente attenzionate, oggi, dal Dicastero di via Molise. Quelle che hanno più di tutte bisogno del nuovo strumento che nascerà dalle ceneri (e dalla semplificazione) del Piano Transizione 5.0. La nuova Fenice (libera dai vincoli europei) verrà allora finanziata “in maniera congrua” con le risorse del bilancio nazionale. Come già richiesto al MEF.
Piano Transizione 5.0: nuovi soggetti e strumenti sostitutivi
Dunque, settimane di attesa che, a questo punto, riaccendono le speranze di tutti. Dal totonome (Piano Transizione 6.0 o Piano Transizione 5.1?) alle possibili risorse aggiuntive, tutto fa parlare di un cambiamento. Migliorativo, ovviamente, anche in considerazione dei nuovi settori ammessi al beneficio. Si parla infatti di un’apertura verso gli energivori, precedentemente esclusi.
Ma, soprattutto, si ipotizza anche un maggior coinvolgimento delle imprese nella riscrittura della misura. Con una consultazione integrata delle associazioni sindacali e delle organizzazioni rappresentative dei vari settori. Un lavoro di squadra tout court, per evitare di commettere errori (non perdonabili, stavolta). Il tutto, non oltre la fine di ottobre 2025.
Sulla tipologia di strumento agevolativo c’è però ancora indeterminatezza. Il credito d’imposta rimane un grande classico. Facilmente applicabile anche alle aziende che non dichiarano utili e diluibile velocemente in un triennio. In alternativa ci sarebbe il vecchio iper-ammortamento. Che, però, se è stato sostituito, non funzionava propriamente alla perfezione. Insomma, per avere più certezze non resta che attendere. Cosa? Le discussioni in partenza per la Legge di Bilancio 2026.
