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Il PNRR nei futuri scenari politici nazionali e internazionali

Mentre a Bruxelles la Commissione Europea dà il via libera al pagamento del finanziamento per il I semestre, e a Roma viene istituito il tavolo tecnico “Materie Prime Critiche”, preoccupano le sorti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

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Marianna Capasso

Con la crisi politica di luglio 2022 e le dimissioni del Governo Draghi, l’entusiasmo generalizzato per il raggiungimento dei traguardi e obiettivi PNRR, nel primo semestre 2022 è stato prontamente frenato. L’orgoglio nazionale, per il buon risultato raggiunto al 30 giugno, ha ceduto il posto a una serie di dubbi e incertezze sul futuro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

In realtà, poi, dopo le prime reazioni a caldo, e razionalizzando la notizia, la pubblica opinione si è suddivisa tra chi ha visto nella crisi politica un fattore ininfluente per l’attuazione del PNRR e chi, invece, ha continuato a sostenere (e a profetizzare) una serie di conseguenze negative, sia per le sorti economiche del Paese che per l’attuazione dei programmi. A quale delle due parti dare ragione?

Il Governo Draghi e gli ultimi atti per il PNRR

Al Governo uscente è stata offerta la possibilità di utilizzare gli strumenti che ritenesse più adatti, per concludere i progetti in fieri: ha quindi potuto, grazie a un perimetro d’azione più ampio rispetto agli altri passati e uscenti Esecutivi, disbrigare una serie di affari “nell’attuazione legislativa, regolamentare e amministrativa” del PNRR.

Negli ultimi due mesi, quindi, il Governo ha avuto la facoltà di varare decreti legge e decreti legislativi – tra i quali quelli previsti dal PNRR e dal PNC – e adottare regolamenti (governativi o ministeriali) per attuare i due suddetti Piani. Ha quindi avuto uno spazio di manovra extra, necessario alla luce degli impegni presi con Bruxelles.

Va fatta però una distinzione: per l’attuazione del PNRR sono stati adottati spesso i decreti legge, che andranno convertiti entro il 15 ottobre 2022. Il decreto legislativo – che, a differenza del primo, non si fonda sulla cosiddetta questione d’urgenza – ha iter normativi più lunghi, ed è necessario il parere delle commissioni parlamentari. Pertanto, i traguardi e gli obiettivi ancorati ai decreti legislativi non potranno essere realizzati dal vecchio Governo.

PNRR: a che punto siamo?

Il 27 settembre 2022, la Commissione Europea ha certificato il raggiungimento dei 45 obiettivi previsti per il primo semestre del 2022, dando il via libera alla seconda tranche di finanziamenti, per 21 miliardi. Per fine 2022, per la terza rata dei finanziamenti (19 miliardi) dovranno essere raggiunti ulteriori 55 traguardi e obiettivi.

Il Governo uscente, nel suo “interregno” estivo, ha provato ad anticipare 29 obiettivi, avviando anche i restanti 26 e lasciando quindi una preziosa eredità al nuovo entrante. A metà settembre risultavano già conseguiti e confermati 9 obiettivi, tra cui l’Istituzione dell’Agenzia per la cybersicurezza (M1C1-5), la Riforma delle commissioni tributarie (M2C4-24) e, nell’ambito della Missione 5 Componente 2, i progetti di rigenerazione urbana delle città metropolitane e la Strategia Fondo dei fondi BEI per i Piani urbani integrati.

Entro ottobre dovrebbero essere conseguiti ulteriori 20 risultati, tra cui l’ecosistema cybersecurity (M1C1-6), l’aggiudicazione degli appalti Green communities (M2, C1-20) e i cinque interventi per migliorare le strutture di sicurezza cibernetica (M1, C1-9).

Non essendo stati avviati i provvedimenti d’esame relativi ai restanti 26 obiettivi e traguardi, il compito ora passa al neo Parlamento e al (futuro) Governo. Questi avranno la facoltà di modificare i testi. Ciò, però, implicherebbe un allungamento dei tempi, rischiando di non arrivare puntuali alla scadenza di fine 2022.

Lo scenario per i prossimi tre mesi

Un ulteriore e rilevante elemento da considerare, nei prossimi mesi, riguarda il quadro inflazionistico, con l’aumento dei costi delle materie prime che, di fatto, disequilibra le iniziali previsioni di spesa in ambito PNRR, facendo emergere elementi di incertezza. Pur essendo un fattore indipendente dalla politica, rappresenta l’ennesimo tassello di un mosaico ancora poco delineato.

L’aumento dell’inflazione, tuttavia, è una problematica un po’ comune a tutti i Paesi europei, che affonda le sue radici nell’emergenza geopolitica ed energetica. Quindi, qualora questa situazione dovesse protrarsi, sarà una questione da affrontare a livello europeo, tutti assieme.

Secondo diverse voci (anche autorevoli) sarebbe poi possibile invocare una modifica del Piano, facendo riferimento all’articolo 21 del Regolamento UE istitutivo del Fondo comune europeo (da cui derivano le risorse PNRR), per il sopraggiungere di “circostanze oggettive ed eccezionali” – quali potrebbero essere l’impennata dei prezzi delle materie prime, assieme a tutti gli strascichi derivanti dalla crisi geopolitica.

La recentissima (27 settembre 2022) formalizzazione del tavolo tecnico “Materie Prime Critiche” ad opera del MiSE e del MiTE, potrebbe infine apportare un aiuto concreto, attraverso utili proposte per creare condizioni normative, economiche e di mercato che riescano ad assicurare un approvvigionamento sicuro e sostenibile.

Il futuro del PNRR, evidenze e certezze

Poiché l’ottimista guarda il bicchiere, e lo vede sempre mezzo pieno, proviamo allora a trovare qualcosa di buono in questa incertezza che sembra preoccupare un po’ tutti. In primis, il raggiungimento degli obiettivi previsti nel I semestre è sicuramente un elemento da non sottovalutare, dove l’Italia appare puntuale e capiente, agli occhi di Bruxelles e dell’intera Unione Europea.

C’è poi un ulteriore fattore determinante. La grande macchina del PNRR italiano è formata da una serie di ingranaggi, già oleati e rodati, composta da task force ministeriali, cabina di regia, esperti – operativi fino al 2026, indipendentemente dall’esito delle elezioni. È logico che tutto può essere stravolto, ma si tratta di tecnici che (fino a prova contraria) sono apolitici e apartitici.

Sarà poi possibile che Bruxelles conceda una dilazione dei tempi per l’attuazione di progetti che richiedono costi extra: tra tutti, si pensi al Repower EU – il recente piano della Commissione europea per l’indipendenza energetica europea dai combustibili fossili russi.

Il gran banchetto di fine anno

Considerando che, ad oggi, si può solo ipotizzare la composizione del nuovo Governo, sebbene ne sia chiaro l’orientamento, è forse prematuro fasciarsi la testa. Da quanto emerso, non sembra ci sia l’intenzione di rompere il filo che lega il Paese a Bruxelles (e ai 191,6 miliardi di risorse); le possibili modifiche, a cui si è fatto riferimento durante la campagna elettorale, riguardano soprattutto integrazioni nel settore energetico.

D’altra parte, quello che il Governo uscente lascia, in ambito PNRR, somiglia tanto a un bel tavolo imbandito, seppur a metà – considerando che non c’è stato il tempo per concludere la mise en place. Mancano ancora tre mesi e, volendolo, ci sono le possibilità per predisporre tutto il resto.

Da (nuovo e) buon padrone di casa, l’Esecutivo entrante non vorrà arrivare impreparato al banchetto di fine anno: non sarebbe saggio, né tantomeno produttivo, buttare tutto all’aria e affrontare una situazione disastrosa, derivante da una possibile scelta avventata.

Nella recentissima storia, l’Italia ha dimostrato di possedere doti e resilienza inimmaginate. Quello che manca, però, è la fiducia, nei confronti del singolo e delle istituzioni. Considerando che, indipendentemente dai gusti politici, non si può far altro che accettare il verdetto del popolo sovrano, affrontare il futuro con un po’ di positività resta, sicuramente, l’unica scelta vincente.

Il PNRR nei futuri scenari politici nazionali e internazionali - Ultima modifica: 2022-09-30T11:59:37+02:00 da Marianna Capasso