La peculiarità dell’idrogeno come fonte energetica è che l’energia rilasciata non inquina: l’idrogeno non produce gas serra, ma libera vapore acqueo. Non è una cosa da poco, dal momento che il nostro pianeta sta soffocando a causa delle emissioni climalteranti.
Per questo l’idrogeno è un ottimo candidato al mix energetico del futuro, contribuendo alla decarbonizzazione di diversi settori altamente inquinanti, a partire da quello industriale, dei trasporti pesanti per arrivare alla mobilità generale e all’ambito civile.
Tuttavia, a oggi, l’idrogeno rappresenta ancora una frazione modesta del mix energetico globale ed europeo ed è in gran parte prodotto da combustibili fossili, quali gas naturale o carbone.
Per contribuire alla neutralità climatica, dovrà essere utilizzato in misura maggiore e la sua produzione dovrà essere completamente priva di emissioni carboniche; ecco perché si parla di idrogeno sostenibile.
L’Europa, con il suo l’ambizioso obiettivo di arrivare al 2050 con l’abbattimento totale delle emissioni di CO2 in atmosfera, sta puntando proprio sull’idrogeno sostenibile. E l’Italia? a che punto è e come si posiziona trai i Paesi del Vecchio Continente?
Con l’Hydrogen Innovation Report 2024, Energy&Strategy - School of Management Politecnico di Milano ha fatto il punto, analizzando utilizzi attuali, sviluppi e strategie future.
I colori dell’idrogeno e i principali utilizzi
“In alcune filiere industriali, l’idrogeno è già in uso comunemente in diversi processi, mentre una frontiera di sviluppo è rappresentata dall’impiego dell’idrogeno come vettore termico, con particolare attenzione ai settori cosiddetti hard to abate, dove il processo di elettrificazione è più critico” ha spiegato Vittorio Chiesa, direttore di E&S e tra gli estensori dell’Hydrogen Innovation Report 2024, in occasione della presentazione del Report insieme alla aziende partner.
Un’altra grande frontiera di sviluppo è la mobilità, in particolare quella su gomma pesante, il navale e l’aviazione, mentre per l’impiego di idrogeno nel settore civile si dovrà ancora attendere.
I colori, che connotano come l’idrogeno è oggi prodotto, rappresentano una classica lettura di questo promettente componente del mix energetico futuro. Prevalentemente, l’idrogeno si produce ancora con l’uso di fossili, metano o carbone e in questo caso si parla di idrogeno grigio, e attraverso altre forme di produzione tramite processi particolari, e qui si parla di idrogeno blu.
Nella categoria dell’idrogeno sostenibile, troviamo invece l’idrogeno verde prodotto attraverso elettrolisi alimentata da fonti energetiche rinnovabili; all’orizzonte ci sono il bio-idrogeno, prodotto da biomasse e biogas e l’idrogeno naturale estratto dal sottosuolo. Quest’ultimo è ancora in una fase di sviluppo embrionale, anche se l’attenzione ai giacimenti africani dimostrano che potrebbe esserci un futuro.
Il fabbisogno annuale di idrogeno sostenibile per l’Italia
Secondo una stima di Energy&Strategy, il fabbisogno di idrogeno sostenibile annuale in Italia, considerando i settori principali di possibile adozione e convertendo l’attuale utilizzo di altre fonti, per esempio il metano, ammonterebbe a 15,3 milioni di tonnellate (Mt).
Tale quantitativo servirebbe a soddisfare le richieste dei settori industriale e dei trasporti pesanti, difficilmente elettrificabili, e in prospettiva anche il fabbisogno civile di riscaldamento.
All’industria sarebbero destinati 5,4 Mt di cui 4,1 a quella hard-to-abate, che permetterebbero da soli di risparmiare fino a 27,37 Mt di emissione di CO2 l’anno a fronte dei 287,1 Mt totali previsti dal nostro Paese al 2030, mentre ai trasporti pesanti servirebbero 2,1 Mt. L’impiego di idrogeno sostenibile nel settore civile è considerato un asse di sviluppo più di frontiera, sarà lento data la complessità dovuta alla conversione dei sistemi.
Quantità che appaiono, però, irraggiungibili se si considerano gli obiettivi decisamente poco ambiziosi del Pniec (Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima) al 2030, che prevedono appena 0,115 Mt per utilizzi industriali e 0,136 Mt per i trasporti, cioè rispettivamente circa il 2% (2,8% se si considerano i soli settori hard-to-abate, come acciaio e fonderie, chimica, ceramica, carta e vetro) e poco più del 6% del potenziale massimo di adozione.
Fonti energetiche rinnovabili: lo sviluppo diventa strategico
L’idrogeno (H) è l’elemento chimico più diffuso sulla Terra e nell’Universo, ma in natura non esiste solo, si trova sempre in uno stato legato: va, infatti, estratto dall’acqua o dal metano, quindi per produrlo serve energia.
Per produrre idrogeno sostenibile è, dunque, necessario utilizzare energia “pulita”, prodotta cioè da FER, le fonti energetiche rinnovabili, la cui disponibilità diventa strategica per lo sviluppo del mercato dell’idrogeno sostenibile.
“Per consentire la sola produzione annua di 7,5 milioni di tonnellate di idrogeno richiesti per industria e trasporto pesante servirebbero 250 GW aggiuntivi di rinnovabili, cioè circa tre volte gli attuali obiettivi di fotovoltaico al 2030, 500 GW se si includono i consumi termici del settore civile”, ha commentato Chiesa.
“Negli ultimi anni sono state messe a punto diverse ed eterogenee misure di sostegno, come gli investimenti del Pnrr, e altre sono in corso di implementazione (Decreto idrogeno attualmente in consultazione), ma resta non chiara la direzione di medio-lungo periodo che si intende percorrere, imprescindibile per permettere agli operatori di elaborare strategie di azione e per dare il via allo sviluppo di una filiera nazionale”.
L’Europa guarda all’idrogeno sostenibile
Il 2023 è stato un anno di svolta per il supporto alle tecnologie e allo sviluppo dell'intera filiera dell'idrogeno in Europa. La Germania è il paese più ambizioso in termini di consumo: gli obiettivi sono stati rivisti al rialzo nel corso del 2023 e gran parte del fabbisogno sarà coperto da idrogeno importato dall’estero.
Una strategia diametralmente opposta è quella francese che, grazie alla disponibilità di energia nucleare, punta invece a produrre localmente più dell’80% del suo fabbisogno.
La Spagna punta invece all’export. Sfruttando il proprio potenziale di disponibilità eolica e fotovoltaica ambisce a diventare leader europeo per quanto riguarda la produzione, con l’obiettivo di installare almeno 11 GW entro fine decennio. E' l’unico fra questi Paesi che intende produrre un quantitativo di idrogeno superiore al fabbisogno interno.
Relativamente ai progetti, l’Europa avrà al 2030 una capacità produttiva di circa 8,9 milioni di tonnellate annue di idrogeno, una cifra vicina al target fissato dall’Unione di 10 Mt. Tuttavia, non è scontato che venga raggiunta, a causa delle difficoltà che molti impianti incontreranno nell’entrare in esercizio entro le tempistiche annunciate, anche a causa dell’inadeguatezza della rete infrastrutturale.
In particolare, l’Europa punta sulla tecnologia elettrolitica, che al 2029-30 dovrebbe produrre un volume pari al triplo delle tecnologie tradizionali.
L’Italia non ha ancora una strategia per l’Idrogeno
“Dal punto di vista regolatorio, il 2023 è stato un anno ricco di documenti attraverso i quali la Commissione Europea ha indirizzato l’uso dell’idrogeno nei vari settori”, ha spiegato Chiesa.
“Buona parte dei Paesi europei ha già definito la propria strategia, mentre il nostro Paese non ha ancora pubblicato la sua strategia per l’idrogeno; il confronto con gli altri Paesi europei ci porta a considerare che l’Italia non stia puntando sull’idrogeno, nonostante importanti finanziamenti previsti nel Pnnr”.
Le nuove frontiere dell’idrogeno sostenibile
Idrogeno sostenibile però non significa solo elettrolisi e idrogeno verde: ad oggi sono numerosi gli sforzi di ricerca verso tecnologie innovative di produzione come il Bio-Hydrogen e l’idrogeno naturale, entrambi promettenti.
“Il bio-idrogeno si ottiene da biomasse e biogas attraverso diverse tecnologie oggi già disponibili e in Italia c’è un’alta disponibilità di biomasse per l’elevata attività zootecnica", ha spiegato Leonardo Mondonico del Dipartimento di Ingegneria Gestionale, Politecnico di Milano. “il potenziale di produzione di bio-idrogeno potrebbe coprire tutto il fabbisogno di idrogeno per il settore industriale italiano”.
Il bio-idrogeno è inoltre l'unico con un'impronta carbonica potenzialmente negativa, grazie all'uso delle biomasse come origine, in più ha costi di produzione attesi che potrebbero essere più competitivi di quelli dell’idrogeno verde, anche se ancora distanti dall'idrogeno grigio.
Tuttavia, la diffusione su larga scala è limitata dalla scarsa maturità delle tecnologie e dalla competizione con la produzione di biometano.
Un accenno all'idrogeno naturale
All’orizzonte c’è l'idrogeno naturale, presente nel sottosuolo e capace di rigenerarsi continuamente grazie a diversi processi geologici (il ciclo dura circa 10 anni), cosa che lo porta ad essere assimilato alle fonti rinnovabili.
“L’idrogeno naturale è presente in regioni rocciose particolarmente saline ed è estratto dal sottosuolo con diverse tecniche simili a quelle utilizzate per l’estrazione del gas naturale”, ha spiegato Mondonico.
“L’attività di estrazione è, tuttavia, ancora in una fase embrionale; si contano circa una quarantina di realtà in cinque Paesi al mondo, tra cui Usa, Australia e Cile”.
Anche il costo di produzione sembra essere promettente, ma a oggi non c’è alcun pozzo di tipo commerciale attivo, solo per ricerca. In più vi è una forte incertezza normativa accompagnata da importanti preoccupazioni sull’effettiva disponibilità e utilizzabilità dei giacimenti.