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Cosa aspettarsi dalla Riforma Valditara 4+2 per gli istituti tecnici e professionali

A settembre parte la sperimentazione degli istituti tecnici, ripensati con piani di studio di 4 anziché 5 anni. Si potrà scegliere di accedere direttamente al mondo del lavoro, alle ITS Academy o all’università. Abbiamo sentito il parere del presidente della Rete ITS Italia, Guido Torrielli, sull’impatto di questa riforma sulla formazione professionalizzante.

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Gaia Fiertler

Partirà a settembre la sperimentazione della Riforma Valditara “4+2” che vale per istituti tecnici e professionali. Sono 171 le scuole ammesse con 193 corsi, con un progetto che dovrebbe coinvolgere tutta la filiera tecnologico-professionale (ITS, imprese, università).

In pratica, la Riforma prevede di ridurre da cinque a quattro anni il percorso scolastico degli istituti tecnici, come già in altri Paesi europei, senza comprimere il piano di studi, ma con una completa riprogrammazione.

Questo ripensamento dovrebbe avvenire secondo una logica di rete con la formazione superiore terziaria degli ITS, che esprimono una didattica molto vicina alle esigenze delle imprese, e con il tessuto imprenditoriale e con le università.

Nessun passaggio alla formazione superiore sarà obbligatorio. Gli studenti potranno anche scegliere di andare a lavorare e, di sicuro per gli ITS, dovranno sottoporsi alle selezioni d’ingresso.

Gli obiettivi della Riforma Valditara 4+2

Il Ministro dell’Istruzione Valditara ha dichiarato che si vuole offrire una solida preparazione nelle materie di base, recuperando i gap registrati in italiano, matematica e inglese. Al contempo però si vuole dare più preparazione specialistica, sfruttando la flessibilità didattica.

In pratica, si darà più spazio, in quattro anni, all’alternanza scuola-lavoro, alle attività laboratoriali e al confronto con le imprese della filiera tecnologica. L’obiettivo è essere pronti a essere inseriti in settori altamente qualificati.

Il Ministero ha anche assicurato che l’organico dei docenti sarà impegnato sull’offerta formativa dei quattro anni senza nessuna riduzione, a garanzia della qualità della formazione.

Il coinvolgimento diretto della Rete ITS: intervista al presidente

ITS Academy
Guido Torrielli

La nuova formazione tecnico-professionale, grazie all’alleanza tra scuola, territorio e impresa, dovrebbe aiutare a ridurre il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, con più opportunità di impiego e rendendo più competitivo il sistema produttivo. Abbiamo chiesto al presidente della Rete ITS Italia Guido Torrielli la posizione della Rete rispetto alla trasformazione in atto nel sistema scolastico.

Presidente, come e quanto sarete coinvolti nei nuovi percorsi scolastici?

Ci aspettiamo di poter contribuire ai nuovi piani di studio, senza pretendere di interferire nella programmazione, ma portando la voce delle imprese che, di anno in anno, ci esprimono i loro bisogni di profili e competenze. Gli ITS Academy sono un sistema di specializzazione professionalizzante post diploma, nato proprio per essere flessibile e adeguare i programmi alle esigenze delle imprese. Queste co-progettano con noi i percorsi e portano in aula i loro tecnici, mentre i nostri ragazzi vanno in produzione con i tirocini. Potremmo dire che le nostre Academy sostituiscono, nelle Pmi, quelle che sono le Academy interne delle grandi aziende, che accompagnano i nuovi assunti a conoscere gli specifici processi aziendali, le tecnologie utilizzate e i macchinari presenti.

Che vantaggi ci saranno per il sistema ITS con una rete più estesa?

Contiamo su una maggiore omogeneità di preparazione dei nuovi iscritti, grazie alle nuova filiera tecnologico-professionale fin dalla scuola secondaria. Oggi invece c’è ancora molta disomogeneità tra chi è forte nelle conoscenze teoriche e debole in quelle tecnico-pratiche e chi, al contrario, forte in quelle pratiche e debole in quelle teoriche. In generale serve l’italiano, ma anche un buon inglese e quelle capacità relazionali e comportamentali, ancora troppo assenti nei neodiplomati. Bisogna sapersi presentare, relazionarsi in un gruppo, comunicare e affrontare i problemi con una buona tenuta emotiva. Per farlo, bisogna partire dalla scuola, a cui noi porteremo queste esigenze delle imprese.

Si potrà accedere direttamente all’ITS anche dopo le scuole professionali. Loro plaudono, voi come accogliete questa opportunità?

Voglio fugare i timori di alcuni miei colleghi sul rischio che non abbiano preparazione sufficiente. Si tratta infatti di scuole che preparano più al mestiere, che non a fornire basi teoriche di fisica e matematica, che servono nella specializzazione tecnica di un ITS. I candidati verranno sottoposti a test accurati di selezione e, se avranno le competenze di base che servono, accederanno, altrimenti si orienteranno al mondo del lavoro, o ad altri corsi di specializzazione.

Che flusso di studenti vi aspettate dalla Riforma 4+2?

Se la programmazione, come ci auguriamo, sarà effettivamente pensata in logica di rete e filiera, sarà naturale un buon passaggio alla specializzazione degli ITS, benché sottoposto a selezione. Una stima potrebbe essere che, sui 500mila diplomati all’anno (di cui 300mila vanno all’università, un terzo di questi abbandona e altri 100mila diplomati vanno a lavorare), resti un bacino di 200mila diplomati che, potenzialmente, potrebbero essere interessati a specializzarsi all’ITS dopo i quattro anni di corso di studio. Sarebbe interessante estendere la riforma anche ai licei, di cui abbiamo già un 30% dei nostri iscritti, più in parte dagli abbandoni dell’università e dalle lauree triennali.

Avete strutture adeguate per aumentare la capacità?

Ovviamente, con le attuali capacità non potremmo rispondere a un flusso maggiore di oggi. Il nostro obiettivo è raddoppiare gli studenti da 25mila iscritti  a 50mila all’anno entro il 2025, come primo obiettivo per poter utilizzare il miliardo e mezzo di euro di finanziamento previsto dal PNRR. Questo prevede potenziamento di lavoratori e sedi, borse di studio, orientamento e formazione/aggiornamento dei docenti sulle nuove tecnologie. A seguire, dovremo consolidare questi numeri con finanziamenti ordinamentali da parte dello Stato. Stiamo infatti lavorando a un disegno di legge che renda stabile il sostegno da parte dello Stato che ora è in misura insufficiente, essendo nell’ordine di 48 milioni all’anno. Il resto è affidato alla programmazione annuale delle Regioni. Noi, per essere a regime e avvicinarci a soddisfare il fabbisogno annuale di tecnici specializzati, che sono 47.000 secondo l’ultima indagine di Unioncamere, contro gli attuali 10mila da noi diplomati, dovremmo poter disporre di 300-400 milioni di euro all’anno, per un costo di 6 mila euro a studente. Ma questi costi rimarranno contenuti, solo se si manterrà la struttura snella e flessibile degli attuali ITS, che sono Fondazioni pubblico-private, non a gestione statale.

Le selezioni d’ingresso sono un must degli ITS?

Assolutamente, sia rispetto alle motivazioni reali che spingono i ragazzi a iscriversi, sia rispetto alle capacità e conoscenze già acquisite e al loro potenziale. Gli ITS sono infatti un sistema monitorato, misurato e soggetto a premialità, che non può diventare un serbatoio di studenti poco motivati o impreparati. Così, rispetto all’aumento di studenti dopo i quattro anni di scuola secondaria di II grado, nulla sarà scontato o automatico perché i candidati dovranno sottoporsi alle selezioni d’ingresso.

Crediamo molto anche nella formula dell’apprendistato in alta formazione, di secondo livello. Mentre sono da noi, gli studenti possono essere assunti in azienda e abituarsi alle regole e ai processi aziendali, ma svolgendo e concludendo correttamente il percorso ITS, che è un Kpi su cui siamo misurati. Capita invece che abbandonino il percorso biennale, ma solo perché vengono assunti prima ancora di averlo concluso.

A proposito di reti, avete appena firmato un protocollo d’intesa con Anitec-Assinform. Che cosa vi aspettate?

L’accordo rappresenta un importante passo avanti nell’ottica di una collaborazione sinergica tra il mondo dell’istruzione tecnica superiore e le imprese ICT, rappresentate dall’associazione di Confindustria Anitec-Assinform. È finalizzato a promuovere attività di collaborazione con un costante confronto sui fabbisogni occupazionali del settore, ma non solo. Attraverso le società di software che servono i settori industriali, dei servizi e del retail, avremo una visione più ampia e completa dei fabbisogni formativi. In questo modo sarà possibile creare partnership e progetti condivisi, anche laddove da soli potremmo non arrivare. Il potere delle reti è proprio questo, moltiplicare le opportunità reciproche. A nostra volta, avvieremo iniziative specifiche di orientamento per avvicinare e attrarre nuovi candidati ai percorsi formativi professionalizzanti nel campo dello sviluppo software. Nel contempo, promuoveremo la reciproca conoscenza e integrazione tra le Fondazioni ITS e le aziende associate ad Anitec-Assinform.

L’accordo prevede anche la realizzazione di progetti, con l’attivazione di tirocini e di attività di comunicazione comuni per favorire la crescita delle competenze digitali. Ciò contribuirà a consolidare le skill di giovani e giovanissimi, anche per ridimensionare il gender gap nelle materie Stem, favorendo l’innovazione e lo scambio di esperienze tra scuole, imprese e istituzioni.

Cosa aspettarsi dalla Riforma Valditara 4+2 per gli istituti tecnici e professionali - Ultima modifica: 2024-02-20T11:18:40+01:00 da Gaia Fiertler