Lo sviluppo di nuovi mercati e la rivoluzione digitale offrono importanti possibilità di crescita alle aziende vitivinicole e notevoli opportunità di lavoro per i giovani nel settore primario. Lo hanno affermato i relatori intervenuti alla seconda puntata dell’ottava edizione di Economia sotto l’Ombrellone al Beach Aurora di Lignano Pineta sul tema “Prospettive della produzione vitivinicola, possibilità occupazionali e attività sociali”.
"L’evoluzione tecnologica e la rivoluzione digitale" ha spiegato Carlo Feruglio, titolare dell’azienda agricola La Ferula e presidente della Bcc di Staranzano e Villesse "stanno già aiutando e potranno aiutare ancor di più in futuro le aziende vitivinicole italiane, che mediamente hanno un’ottima qualità, ma sono piccole, sia a smaltire in modo più semplice e veloce l’enorme carico burocratico, sia a svolgere tanti compiti che oggi nel settore primario sono ancora svolti con metodi tradizionali. L’impatto del 4.0 sulle aziende agricole non è e non sarà facile perché si tratta di un settore piuttosto non molto aperto all’innovazione. L’arrivo dei giovani, che tornano a essere attratti dai lavori agricoli e portano con sé una naturale confidenza con le nuove tecnologie, potrà aiutare le aziende a cogliere le fondamentali opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica".
"Nella pratica quotidiana" ha aggiunto Marco Tam, presidente del Gruppo Greenway attivo nella produzione di bioenergie e che, su 40 ettari, sta avviando una produzione vitivinicola mirata all’esportazione verso i mercati emergenti "l’introduzione delle tecnologie digitali e dell’Iot in agricoltura permette, attraverso l’uso di sensori, droni e piccole telecamere, un controllo continuato e a distanza di ogni singolo appezzamento di terreno, di ogni singola produzione, consentendo così di gestire molti dati e grazie a essi tutta una serie di processi da remoto riducendo di tempi, costi e trattamenti fitosanitari in vigna. Allo stesso modo, consentirà ai mezzi agricoli di rilevare, mentre lavorano, tutta una serie di dati fondamentali - umidità, produttività, qualità del prodotto, ecc -, nonché, grazie ad alcune sperimentazioni già in atto, di gestire i mezzi agricoli dal computer, senza bisogno del guidatore".
Per Giulio Gregoretti, direttore della fondazione Villa Russiz che unisce la produzione di vini alta qualità alla gestione di una casa famiglia per minorenni in difficoltà, "sono due gli aspetti fondamentali della rivoluzione digitale applicata all’agricoltura e al vitivinicolo: il primo è l’aspetto informativo a livello regionale e nazionale, perché il settore primario è visto spesso come un settore arretrato, mentre nella realtà quotidiana odierna svolge spesso attività molto avanzate e la raccolta molto più agevole di dati e informazioni consentirà a tutti di avere informazioni molto più attuali e dettagliate e, quindi, di individuare politiche più adeguate ed efficaci. Il secondo è l’aspetto legato all’introduzione delle tecnologie “in campo” che permetterà di utilizzare sistemi, assolutamente rispettosi dei cicli produttivi e dell’ambiente, e che consentono di coadiuvare le tradizionali attività agricole. Penso, ad esempio, alle macchine fotografiche digitali ad alta risoluzione: possiamo fotografare gli acini e, a seconda del timbro cromatico dell’acino, possiamo predire quale sarà l’aroma presumibile della raccolta dell’uva, ma anche ai collegamenti satellitari che ci consentono di mappare dettagliatamente l’andamento delle produzioni su ogni singolo appezzamento di terreno".
Servono nuove risorse umane preparate al cambiamento
Una rivoluzione digitale, dunque, che può davvero impattare in modo significativo sull’agricoltura e il vitivinicolo italiano, ma il nostro Paese, nonostante l’entusiastico ritorno all’agricoltura di molti giovani, nativi digitale, rischia di scontare la mancanza di personale adeguatamente preparato al cambiamento.
"In Friuli e nel Nordest – ha affermato Tam – abbiamo diverse scuole e università di eccellenza volte a formare i futuri operatori del mondo agricolo, ma l’applicazione della rivoluzione digitale in agricoltura è ancora una novità e al momento non si vedono tanti ragazzi che siano validi agronomi o periti agrari e al contempo conoscano bene l’elettronica, l’informatica, le tecnologie digitali e che abbiano quelle competenze trasversali, soft skill, che servono per applicare al meglio la rivoluzione 4.0. C’è, poi, una preoccupante resistenza di una parte degli imprenditori agricoli che non comprendono che nel prossimo futuro in agricoltura serviranno sempre meno braccia e sempre più teste".
"Oggi – ha sostenuto Gregoretti -, rispetto al passato, in agricoltura c’è una prospettiva più interessante per i giovani che si è creata grazie a tutto lo sviluppo dei social che sono diventati uno strumento commerciale fondamentale per le aziende vitivinicole. Ai giovani che vogliano impegnarsi in agricoltura non basta essere nativi digitali, ma servono voglia di fare, buone conoscenze del settore acquisite anche attraverso la pratica in campo e un’ottima conoscenza di almeno due lingue".
Nascono nuovi mercati di sbocco
Mentre la rivoluzione digitale è in atto anche in agricoltura, il mercato sta cambiando sensibilmente e nuovi Paesi di sbocco, nuovi consumatori, soprattutto in Asia, si affacciano sul mercato del vino. Ma l’approccio a quei mercati è tutt’altro che semplice e l’Italia è in ritardo rispetto a concorrenti come la Francia o il Cile.
"C’è bisogno – hanno spiegato i relatori – di creare un brand del Paese Italia nel vino, di forti investimenti in marketing e non si può pensare che gli operatori debbano continuare a muoversi da soli. Rispetto ai francesi, poi, scontiamo il fatto di non avere grandi operatori della Gdo capaci di portare il prodotto nazionale in tutto il mondo, nonostante si verifichi un aumento della vendita di vini di qualità nella stessa Gdo. In Friuli, inoltre, che sul mercato globale conta pochissimo e che è solo il 3% della produzione vitivinicola nazionale, serve avere una capacità promozionale di gruppo, lavorando insieme per mettere al centro il territorio e cercando di recuperare per la coda un mercato che rischia di sfuggirci. In tal senso non è certamente confortante che secondo un’indagine del progetto “Mervino” il 61% delle aziende intervistate non abbia un piano di marketing strutturato".