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Dazi USA: la lettera, le contromisure e la trattativa ancora aperta

L’imposizione dei dazi doganali al 30% coglie di sorpresa l’UE che, non intenzionata ad abbandonare la trattativa in fieri, si trova costretta a rimettere sul tavolo il già noto bazooka delle contromisure.

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Marianna Capasso

È datata venerdì 11 luglio 2025, ma è stata inviata sabato 12. E non è diversa da quella che è pervenuta, la settimana scorsa, a Corea del Sud e Giappone. E così anche l’UE riceve la posta. Una lettera che forse non si aspettava, in considerazione degli enormi sforzi della diplomazia commerciale. Ma, si sa, l’imprevedibilità è il filo conduttore di questa querelle che, oramai, dura da più di quattro mesi.

E chissà quanto altro ancora terrà con il fiato sospeso le imprese, stremate da una mancanza di progettualità che è dannosa, oltre che snervante. Ma forse, la strategia americana è più sottile di quel che sembra. Forse Washington punta ad altro, non semplicemente a colmare il gap di un opinabile squilibrio commerciale.

Per l’UE, dazi al 30% dal 1° agosto 2025

La “soluzione negoziata con gli USA”, prioritaria, secondo il Commissario Ue all’Economia, Valdis Dombrovskis, non è stata abbastanza forte. Il tanto atteso trattamento preferenziale ha ceduto il posto all’imposizione unilaterale senza contraddittorio. La stessa sorte toccata agli altri Paesi. E così è arrivata la missiva. Con un identico “template” e le stesse parole.

Ma, soprattutto, con le medesime “minacce” di eventuale dazio pari al contro-dazio ritorsivo. Dunque, fino a prova contraria e al netto di ulteriori sorprese – perché potrebbero essercene – dal prossimo 1° agosto 2025 i dazi ai beni europei in entrata negli USA saliranno al 30%. Indipendentemente dalle tariffe settoriali già esistenti. Si aggiungono quindi a quelli al 25% sulle auto, al 50% su acciaio e alluminio (e anche rame, probabilmente a breve).

Dazi USA, l’invito a delocalizzare

Nella famosa lettera, gli USA sostengono che i dazi serviranno a “superare gli storici e persistenti squilibri commerciali”, causati dalla barriere tariffarie e non, imposte dall’Unione. Addirittura, la percentuale del 30 è inferiore a quanto necessario per “eliminare la disparità commerciale” tra le due parti.  Ma c’è anche altro. E non è una novità.

Nessuna imposizione qualora le aziende europee decidano di produrre direttamente negli Stati Uniti. La storia dell’invito, negli USA, dura oramai da sempre. Alle imprese che delocalizzano, porte aperte. E, anzi, sarà fatto il “possibile”, per garantire “approvazioni rapide, professionali e puntuali, in poche settimane”.

La possibile reazione dell’UE: le contromisure

L’UE, dal suo canto, non ha intenzione di abbandonare l’idea della trattativa. Ma, come in passato, è pronta a rispondere (nella peggiore delle ipotesi) con i suoi contro dazi (). Un po’ come accaduto nel 2018, durante la prima presidenza Trump. Quando vennero colpiti i principali beni simbolici americani – tra cui le motociclette Harley-Davidson, il bourbon e i jeans Levi’s.

Inoltre, l’UE ferirebbe anche il cuore agricolo-industriale statunitense, con imposizioni a carne e pollame, legno, cereali, fast-food, moda e cosmetici. Senza dimenticare le famose mandorle californiane e la soia. Tutti beni cari all’opinione pubblica, per poter così sperare in una “mobilitazione nazionale” in grado di favorire l’avvio di una negoziazione. Si punta ai beni prodotti negli States dei grandi elettori. Che addurrebbero le colpe all’amministrazione Trump.

La frase ambigua nella lettera all’UE. È possibile una soluzione?

Nello testo preimpostato della lettera c’è però una frase, che potrebbe essere tutto o niente. La si può leggere velocemente senza eccessivo peso. O ci si può fermare a riflettere. Per gli USA lo squilibrio (commerciale ma non solo, evidentemente) rappresenta una seria minaccia per l’economia locale. Ma, viene chiesta l’apertura dei mercati “finora chiusi agli Stati Uniti”, con l’eliminazione a tariffe e barriere.

Un possibile riferimento all’AI Act e alle normative DMA e DSA? In effetti, i due regolamenti UE, che normano il mercato digitale e le piattaforme online, limitano il potere dei big tech e non sono visti di buon occhio dai colossi statunitensi.

Potrebbe essere questa la soluzione? Si potrebbe ipotizzare una trattativa mettendo sul piatto la normazione europea, sacrificando tale egemonia per salvare le imprese? Ma a che costo? Bruxelles è sempre rimasta ferma su questa posizione. Ma forse, come ultima spiaggia, potrebbe ripensare a una modifica dei suoi capisaldi legislativi sugli immateriali?

Il fallimento europeo per l’accordo sui dazi

Oltre tutte le parole, resta solo una domanda. Perché non si è (ancora) arrivati ad un accordo? L’UE non è l’ultimo degli interlocutori. Certo, non vanta le terre rare della Cina, l’asso nella manica del Dragone per una contrattazione ad armi pari. Ma un po’ di potere lo avrà: con i suoi circa 450 milioni di consumatori, è uno dei mercati più grandi e integrati a livello globale.

È anche vero che il tempo non ha giocato a favore di nessuno. I 90 giorni concessi ad aprile, con scadenza 9 luglio 2025, non sono evidentemente bastati. Perché gli USA non dovevano solo accordarsi con l’UE, ma con tutto il resto del mondo. E non è semplice ridefinire tanti trattati commerciali. Ci sono priorità e anche strategie: i più pazienti possono aspettare.

Il rilancio, la strategia e gli obiettivi dei dazi USA

E, a proposito di pazienza (e gentilezza) chiediamoci se, l’aver dato per buono l’imposizione del 10% – visto come un compromesso pacifico – è stato davvero un approccio vincente. Forse ha rivelato una falla nella tattica di un’UE impegnata a mostrarsi imperturbabile. Ma impaurita, di fatto. E allora, quella americana, potrebbe essere l’ennesima mossa strategica?

Un po’ come nelle trattative per l’acquisto di una casa. Rilancio, per spostare in avanti l’asticella della contrattazione. Concedo, successivamente, per arrivare al mio obiettivo. Chi lo sa. Perché la domanda principale, in tutto ciò, è: qual è questo obiettivo, realmente? Lo sapremo nelle prossime settimane. Forse.

Dazi USA: la lettera, le contromisure e la trattativa ancora aperta - Ultima modifica: 2025-07-14T17:41:42+02:00 da Marianna Capasso