Nasce a Bari la Fondazione Scuola Europea di Industrial Engineering and Management. L'iniziativa è finanziata per lo più dalla Legge di Bilancio 197/2022, con un importo di circa 1,5 milioni di euro.
Si tratta di un'entità legale di fondazione di partecipazione. Ha come socio fondatore il Politecnico di Bari e come membro sostenitore la European Academy for Industrial Management, associazione di professori universitari presente in 36 Università di 25 Paesi europei. A loro si unirà presto anche la European Students of Industrial Engineering and Management (ESTIEM). Quest'ultima è la corrispondente associazione di studenti universitari di 77 atenei presenti in 26 Paesi europei.
Nuove adesioni e obiettivi della Fondazione Scuola Europea di Bari
Potranno aderire alla Fondazione enti pubblici e privati, università, imprese e associazioni italiane ed europee.
L’obiettivo è quello di stimolare innovazione didattica, nel metodo e nei contenuti. Questo con l'idea di formare ingegneri industriali e gestionali (ad esempio, laurea magistrale di ingegneria industriale e ingegneria gestionale) che siano al passo con la rapida innovazione tecnologica che corre nelle imprese.
L’iniziativa si concretizza come spin-off del progetto europeo “Industrial Engineering and Management of European Higher Education”. Il progetto è promosso e guidato dal Politecnico di Bari, finanziato dal programma Erasmus Plus ‘Knowledge Alliance’, che promuove partnership università-industria nell'innovazione dell’alta formazione.
Le attività dell’Alliance e finalità del nuovo progetto
Di fatto, il progetto europeo sull’alta formazione aveva svolto una ricognizione sulle competenze richieste da Industria 4.0, intesa come integrazione di tecnologie che digitalizzano e integrano i processi produttivi. Si va da Industrial IoT, big data e data analytics ad autonomous robotics, additive manufacturing, cybersecurity, cloud computing, A/R e V/R.
Il progetto ha dunque confrontato l’offerta di alta formazione con i bisogni delle imprese (grandi, medie e piccole). Ha permesso di verificare il livello di autonomia formativa del tessuto manifatturiero, con un evidente scarto tra capacità delle grandi aziende e pmi.
Quindi, a seguire, si è evidenziato il gap professionale lamentato dalle imprese, rispetto alla rapida evoluzione delle tecnologie digitali nell’industria.
«Con questo nuovo progetto, in continuità con l’esperienza acquisita in Europa, proseguiamo con l’Osservatorio europeo sulle esigenze di professionalità in linea con la trasformazione industriale e tecnologica in corso, per cui contiamo sulla collaborazione e sul dialogo/confronto con il tessuto imprenditoriale. L’obiettivo è infatti quello di supportare l’innovazione dell’alta formazione. Riteniamo che essa sia deputata a formare su sistemi industriali complessi, con modelli formativi adeguati alle caratteristiche di apprendimento delle nuove generazioni e con contenuti aggiornati». A spiegarlo è Giovanni Mummolo, professore dell’Università degli Studi di Bari e Presidente della nuova Fondazione.
Le prime call della Fondazione in autunno
Con l’autunno la Fondazione inizierà a lanciare delle call rivolte a partnership tra università e industrie europee. L'obiettivo è innovare la metodologia didattica e i contenuti dell’alta formazione e, in particolare, dei "Master" in Industrial Engineering and Management.
La didattica dovrà essere sempre più in linea con la trasformazione tecnologica e digitale in corso, nell’ottica della sostenibilità. In questo modo, i futuri ingegneri avranno da subito competenze spendibili e siano attori nell’evoluzione della società civile.
«Questa è la direzione raccomandata e intrapresa dalla strategia europea della conoscenza nel 2020, che richiama al valore della collaborazione tra Paesi, università e imprese per dare risposte concrete ai problemi della società. Moduli e-learning e teaching factory (fabbriche didattiche) sono esempi di prodotti formativi da progettare e realizzare con il contributo delle imprese.
I prodotti potranno, in modo volontario, essere adottati dalle università in percorsi formativi istituzionali. Oppure potranno essere adottati dalle imprese per la riqualificazione del loro capitale umano», conclude il professore.
