Dal primo all'ultimo posto. È questo, in estrema sintesi, il risultato dello studio Cnel, il Consiglio nazionale dell'economia, dal quale emerge il crollo della produttività del settore manifatturiero italiano rispetto a quella dei principali Paesi industrializzati.
Negli anni Settanta, infatti, il nostro output per ora lavorata aveva una crescita annua superiore al 6%, mentre i concorrenti erano decisamente lontani: Giappone (5,4%), Olanda (5,2%), Francia e Germania (4%) e Stati Uniti (2,7%). Negli anni la produttività italiana è però calata progressivamente, sino ad arrivare allo 0,4%, mentre la Spagna è all'1,5%, la Germania all'1,8%, la Francia al 2,5% e il Regno Unito al 3%.
Le 350 pagine del rapporto evidenziano numerose cause di questa situazione: dalla globalizzazione dell'economia, all'aumento della competizione internazionale, passando attraverso l'introduzione dell'euro. Un insieme di condizioni che hanno provocato un “andamento ampiamente divergente fra le economie dell'area euro dei tassi di crescita del costo del lavoro per unità di prodotto”. Una situazione evidenziata dal Clup, l'indicatore che riassume quanto costa produrre un bene o servizio, salito in media del 2,7% all'anno in Italia, contro lo 0,2% della Germania.
La situazione, ovviamente, è aggravata dalla recessione: “la crisi degli ultimi anni ha determinato un crollo dei margini delle imprese industriali, che non sono riuscite a trasferire interamente sui prezzi dei prodotti gli incrementi dei costi unitari, derivanti sopratutto dai rincari dei prezzi delle materie prime”.
Produttività in picchiata
Il rapporto Cnel ribadisce la difficoltà dell'intero settore manifatturiero italiano
