L’automotive è storicamente uno dei pilastri del manifatturiero italiano. Certi nomi di auto e brand automobilistici fanno parte dell’identità culturale italiana. E il ‘900 è stato il “secolo dell’automobile” anche nel nostro Paese. Del resto la Fiat fu fondata nel 1899 a Torino, uno dei vertici del celebre “triangolo di ferro” del nordovest.
Nel 1971 su 33,4 milioni di veicoli prodotti in tutto il mondo, 1,8 milioni erano fabbricati negli stabilimenti italiani. L’Italia faceva parte del club dei maggiori produttori del mondo dopo gli Stati Uniti, il Giappone, la Germania Ovest, la Francia e il Regno Unito. Quindici anni dopo l’utile operativo della Fiat si aggirava intorno ai 3mila miliardi di lire, a fronte di un fatturato di circa dieci volte tanto.
Automotive: alti e bassi del mercato nazionale
Oggi piccoli Paesi europei (benché altamente industrializzati) come la Cechia e la Slovacchia superano la produzione italiana. Lo stesso può dirsi della Spagna, passata dal mezzo milione di veicoli degli anni ’70 agli oltre 2 milioni del 2024. In Italia, l’anno scorso, i veicoli prodotti sono stati poco meno di 600mila.
L’automotive italiano, è ormai cosa nota, non è nella sua forma più smagliante. L’evoluzione del colosso torinese, la crisi dei consumi e la trasformazione degli stili di vita e della mobilità collettiva, il declino demografico in Italia e nel resto d’Europa, l’elettrificazione, le difficoltà dell’industria automobilistica tedesca e l’ascesa dei produttori della Cina hanno messo a dura prova il settore. Che tuttavia continua a essere strategico per il manifatturiero italiano, e per l’intera economia.
Parola d'ordine "Innovare"
Secondo i dati ANFIA, l’automotive genera in Italia un fatturato superiore ai 110 miliardi di euro, coinvolgendo una filiera di oltre 5mila imprese dall’Alto Adige alla Sicilia.
Innovare è imperativo, ma le aziende del settore procedono in ordine sparso. Se non poche aziende Tier 1, specie del nordovest, faticano ad abbandonare processi, logiche e approcci di antica data, e ad adattarsi al paradigma SAEV (Shared Autonomous Electric Vehicles – ma sarà questo l’unico paradigma della mobilità privata del futuro?) ci sono PMI ad alta intensità tecnologica e “multinazionali tascabili” che si collocano alla frontiera del nuovo automotive.
Automotive protagonista del Future Manufacturing Summit di Rovereto il 21 novembre
E proprio per affrontare questi temi cruciali, la prima tavola rotonda del Future Manufacturing Summit, in programma il 21 novembre al Polo Meccatronica di Rovereto, sarà dedicata all’automotive italiano.
Intitolata "Sfide e opportunità per l’industria automobilistica italiana nell’epoca della policrisi", la tavola rotonda, moderata da Gabriele Catania, analista e curatore dei temi del convegno, vedrà la partecipazione di grandi esperti e illustri esponenti del settore.
- Bruno Perez Almansi, direttore delle relazioni istituzionali del Center for Automotive and Mobility Innovation (CAMI), ricercatore presso l’Osservatorio sulle Trasformazioni dell’Ecosistema Automobilistico
- Luciano De Oto, Technical Quality Director in McLaren Automotive
- Filippo Falaschi, Head of Business Development in Dumarey Group
- Francesco Leali, professore ordinario al Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
- Marino Quaresimin, professore ordinario al Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali dell’Università degli Studi di Padova.
A organizzare il Future Manufacturing Summit è l’acceleratore e investitore Industrio Ventures con il supporto degli sponsor Trentino Sviluppo, Fondazione Caritro, Sparkasse-Cassa di Risparmio di Bolzano, Adacta Tax & Legal, Gallo & Partners, Risto3, e con la media partnership di Tecniche Nuove SpA.

