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Uno standard per condizioni critiche

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La Redazione

Allo standard Bluetooth, specifica wireless consolidata a livello industriale oltre che in costante evoluzione, si stanno affiancando soluzioni specializzate per comunicazioni a corto raggio in ambienti caratterizzati da criticità estreme.

Una “tooth family” in effetti non esiste, ma a quanto pare c’è chi ha pensato di immaginarne un ampliamento affiancando al ben noto standard Bluetooth due nuove soluzioni tecnologiche, denominate rispettivamente Terratooth e Seatooth, per comunicazioni wireless critiche o quanto meno inusuali. Lo standard Bluetooth è una specifica industriale per WPAN (Wireless Personal Area Network) oramai alla versione 4, sviluppata da Ericsson e poi formalizzata dal Bluetooth Special Interest Group (SIG), costituitosi nel 1999, con l’obiettivo di sostituire le connessioni cablate tra dispositivi, garantendo bassi consumi e bassi costi di implementazione basso costo e bassi consumi. La denominazione “bluetooth” nasce da un atto di fantasia tutto scandinavo: il re Harald di Danimarca, detto anche “bluetooth” (denti blu) in quanto goloso di mirtilli e i cui denti presumibilmente assumevano spesso e volentieri una colorazione tendente al blu, era riuscito a un certo punto nell’impresa di unire i popoli scandinavi, ed è proprio da questa “unione” che gli ideatori del nuovo standard wireless hanno tratto spunto per enfatizzare l’obiettivo dello standard stesso, quello di unire o mettere in comunicazione dispositivi diversi. Che la cosa possa essere considerata più o meno bizzarra, questi sono i fatti. Nel tempo, poi, ci si è dimenticati dell’origine del nome ed è rimasto il concetto di Bluetooth come di soluzione ottimale per molti casi applicativi, e la desinenza “tooth” è rimasta nell’immaginario collettivo, tanto che oggi viene ripresa per esemplicare due soluzioni tecnologiche innovative, Terratooth e Seatooth, appunto. Ma di cosa si tratta?

Le barriere alla radiofrequenza

Un’onda radio, più propriamente un’onda elettromagnetica, si diffonde uniformemente a partire da una sorgente, e lungo il suo cammino può incontrare ostacoli di varia natura che possono in parte assorbirla se non addirittura bloccarla. La distanza di propagazione e anche la possibilità di superare determinati ostacoli dipende dalla frequenza dell’onda elettromagnetica, che può andare, secondo formalizzazioni accademiche, da Extremely Low Frequency (ELF), da 3 a 30Hz, fino a Extremely High Frequency (EHF) tra 30 e 300Ghz. Più in generale si parla di spettro elettromagnetico, insieme di tutte le radiazioni da intendersi come onde elettromagnetiche caratterizzate da due parametri: lunghezza d’onda (distanza tra punti ripetitivi di una forma d’onda) e frequenza (numero degli eventi che vengono ripetuti in una data unità di tempo), tra loro inversamente proporzionali nel senso che a una lunghezza d’onda minore corrisponde una frequenza maggiore. Per le comunicazioni wireless in ambito industriale, quindi reti wireless e identificazione in radiofrequenza(RFID), le frequenza di interesse, o comunque codificate da standard internazionali, sono raggruppate in quattro categorie: LF (Low Frequency 125-145Khz), HF (High Frequency 13,56Mhz), UHF (Ultra High Frequency 865-930Mhz), Microonde (2,4 e 5,8Ghz). Mentre le prime tre sono tipiche dell’ambientazione RFID, l’ultima categoria riguarda specificatamente le comunicazioni wireless; per esempio lo standard Bluetooh opera a 2,4Ghz, cosi come gli standard WiFi 802.11b e 802.11g. La propagazione delle onde radio alle diverse frequenze è soggetta a specifiche limitazioni determinate dai materiali che si frappongono tra sorgente e destinazione. Se nel caso LF non si hanno impatti significativi nell’attraversamento di liquidi e tessuti organici, e anche nel caso HF si ha sostanzialmente insensibilità alla presenza di liquidi non conduttori e tessuti organici, per l’UHF le prestazioni sono molto ridotte in presenza di metalli, liquidi, tessuti organici e umidità, e lo stesso vale per le microonde. Quindi i fenomeni sono collegati alla frequenza (alta) e alla lunghezza d’onda (bassa), il che lascerebbe intendere che più si scende in frequenza (e si sale in lunghezza d’onda), meglio si garantisce propagazione del segnale, anche se cala drasticamente il data rate. Per esempio,la ELF(Extremely Low Frequency) è utilizzata per comunicazione con sottomarini immersi potendo penetrare in profondità malgrado la presenza dell’acqua salata, tipico liquido conduttore, anche se la scarsa larghezza di banda (indicazione della velocità di trasmissione in bit al secondo) incide notevolmente sulle possibilità di comunicazione, limitate a semplici segnalazioni.

Le ambientazioni critiche

Si consideri un’ambientazione in cui wireless internet, GSM, GPRS o comunque comunicazioni RF tradizionali sono molto povere o inutilizzabili, come può essere in ambienti sotterranei, oppure casi in cui sia necessario effettuare trasmissioni dati attraverso terreno, terra e calcestruzzo. Quanto reso disponibile dalle tecnologie wireless attuali non permette comunicazioni attraverso materiali normalmente considerati impenetrabili, cosa invece possibile con la nuova tecnologia Terratooth, che permette trasmissioni bidirezionali a corto raggio, fino a 10 metri, e a velocità tutto sommato accettabili, pari a 100 Kbit/sec, come è stato dimostrato da recenti test eseguiti in un viadotto ferroviario, in cui si è riusciti a passare attraverso uno spessore di 6,5 metri. Da sottolineare che la tecnologia propone un’interfaccia Ethernet trasparente ed è compatibile con pacchetti TCP/IP e UDP. Le specifiche alla base di questa tecnologia non sono ancora completamente divulgate, anche se sono proposte esemplificazioni applicative di particolare rilevanza. Tra queste, la videosorveglianza di ambienti sotterranei: una telecamera collegata a un video server invia immagini a una unità Terratooth slave che, superando le barriere rappresentate da terreno o roccia, invia wireless i dati a un Terratooth master a sua volta in comunicazione con un Access Point Wireless da cui, via WLAN, i dati pervengono a un WLAN Bridge che li scarica su un PC utente per visualizzazione. Ovviamente un risultato analogo può essere ottenuto con collegamenti via cavo, ma, a parte i costi di posa, si perde completamente qualsiasi forma di flessibilità e riconfigurabilità dell’applicazione in funzione delle necessità del momento. A fianco di Terratooth si pone Seatooth, per collegamenti wireless attraverso acqua utilizzando una tecnologia elettromagnetica digitale nel corto raggio, con prestazioni del tutto analoghe al precedente Terratooth. Come esempi di applicazione, la comunicazione con sensori sottomarini (particolarmente utile per applicazioni nelle piattaforme offshore) e veicoli sottomarini teleguidati, i cosiddetti ROV (remotely operated vehicle, tipicamente sistemi robot subacquei) e AUV (autonomous underwater vehicle). Tra i plus maggiormente evidenziati di questa tecnologia, l’eliminazione di cavi tra il target della comunicazione e la costa, l’eliminazione di eventuali boe di ripetizione del segnale, eliminazione di connettori in profondità o di complessi sistemi di attracco, possibilità di lavorare sui litorali o in prossimità di piattaforme in mare e di navi che generano disturbi acustici, operatività in ambienti congestionati come porti, estuari e canali di navigazione senza l’impiccio di cavi, completa assenza di interferenza con altri dispositivi specifici delle applicazioni marine, quali sensori acustici e sonar.

Conclusione

Chiaramente il range operativo delle soluzioni tecnologiche Terratooth e Seatooth, indicato in 10 metri, è un limite oggettivo, e quindi le ambientazioni applicative vanno attentamente calibrate. Ma non si dimentichi un dettaglio: lo standard Bluetooth, di cui nessuno si lamenta e che ha di fatto, almeno in parte, fatto la storia delle comunicazioni wireless tra dispositivi eliminando la necessità di cavi di collegamento (è deffinito infatti come “cable replacement”), nasce con un range operativo di 10 metri, proprio quello di Terratooth e Seatooth, e anche per questo queste due ultime tecnologie a buon titolo possono essere inquadrate nell’ipotetica “tooth family”.

Uno standard per condizioni critiche - Ultima modifica: 2013-03-19T14:45:49+01:00 da La Redazione