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L’automazione come motore del nuovo manufacturing

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La Redazione

Si inizia a vedere un importante cambiamento nel modo in cui le aziende manifatturiere, soprattutto quelle attive a livello globale, stanno ridefinendo le propie supply chain e riorganizzando la loro presenza worldwide con l'obiettivo di una maggiore efficacia e sicurezza. Quali le motivazioni? La principale, probabilmente è il venir meno delle dinamiche finanziarie associate con la localizzione di siti produttivi all'estero, segnatamente nei Paesi emergenti del Far East, dove lo sviluppo economico ha inciso anche sul costo della manodopera, rendendo meno attraente produrre in remoto. Da aggiungere i maggiori costi di trasporto nel movimentare la merce verso i mercati di riferimento, le sottostimate difficoltà, con spese connesse, nel gestire i richiesti livelli qualitativi a distanza, i rischi di ritardo se non di interruzione dei flussi, spesso inevitabili con catene del valore geograficamente estese, le esigenze dei principali clienti di un più rapido time to market e le richieste in crescita di prodotti su misura. Senza trascurare le problematiche di sicurezza delle propie proprietà intellettuali, di difficile difesa in situazioni con basse regolamentazioni. Come conseguenza, ci si dovrebbe aspettare un femomeno di "reshoring", in contrapposizione all'offshoring, cioè il rimpatrio di attività industriali, o almeno la riallocazione di alcune produzioni vicino ai mercati target, con rinvigorimento delle attività industriali dei Paesi avanzati. Ma questa è solo una parte del più complesso cambio di paradigma in atto, che vede come riferimenti base efficienza delle operation, prossimità ai mercati e reattività per adeguare i prodotti alle sigenze locali, il tutto con una particolare attenzione al grande potere dell'innovazione. Importante il precedente riferimento alla "prossimità ai mercati", che non sono più solo quelli dei Paesi avanzati ma anche quelli dei Paesi emergenti, oramai fondamentali per molte aziende, e il minor differenziale tra costo della manodopera in un Paese emergente e in un Paese avanzato perde inevitabilmente gran parte della sua valenza negativa. Occorre quindi una rilettura più articolata del "reshoring": il luogo migliore dove produrre è quello da cui scaturiscono le migliori opportunità, e in cui le problematiche precedentemente esposte possono essere mitigate, se non eliminate, da un utilizzo efficace delle attuali tecnologie digitali. E qui si apre un altro ragionamento. Secondo le più avanzate scuole di pensiero, accanto a una prossimità alla domanda deve esserci anche una prossimità all'innovazione, perchè le tecnologie emergenti possono avere consistenti impatti modificanti, nel senso di migliorativi, su costi e processi, facendo la differenza. Gli esempi che si portano sono per certi versi scontati ma comunque abbastanza emblematici: robotica avanzata, printing 3D, Internet delle cose, digitalizzazione dei siti produttivi. Tutto ciò, e altro ancora come ben sa chi si occupa di automazione, non può che portare il remote management, inteso come controllo sulle produzioni in siti remoti,  ai livelli di sicurezza auspicati, con una visibilità globale tale da garantire qualità e tempistiche. Certo, resta la criticità del fattore umano, ma le nuove tecnologie di formazione possono garantire gli skill desiderati. In definitiva, l'approccio corretto non riguarda tanto la contrapposizione tra offshoring o reshoring, o il trasferimento di un sito produttivo da un posto a un altro, quanto comprendere che non si può evitare di adattarsi e di prepararsi a una diversa natura del manufacturing, dove il ruolo dell'automazione in tutte le sue possibili declinazioni, sia consolidate che particolarmente innovative, sarà fondamentale

 

 

L’automazione come motore del nuovo manufacturing - Ultima modifica: 2014-06-01T11:23:20+02:00 da La Redazione